sabato 2 ottobre 2021

XXVII domenica del tempo ordinario - anno B - 3 ottobre 2021

 


 

Dal libro della Genesi 2, 18-24

Il Signore Dio disse: «Non è bene che l’uomo sia solo: voglio fargli un aiuto che gli corrisponda». Allora il Signore Dio plasmò dal suolo ogni sorta di animali selvatici e tutti gli uccelli del cielo e li condusse all’uomo, per vedere come li avrebbe chiamati: in qualunque modo l’uomo avesse chiamato ognuno de­gli esseri viventi, quello doveva essere il suo nome. Così l’uomo impose nomi a tutto il bestiame, a tutti gli uccelli del cielo e a tutti gli animali selvatici, ma per l’uomo non trovò un aiuto che gli corrispondesse. Allora il Signore Dio fece scendere un torpore sull’uomo, che si addormentò; gli tolse una delle costole e richiuse la carne al suo posto. Il Signore Dio formò con la costola, che aveva tolta all’uomo, una donna e la condusse all’uomo. Allora l’uomo disse: «Questa volta è osso dalle mie ossa, carne dalla mia carne. La si chiamerà donna, perché dall’uomo è stata tolta». Per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie, e i due saranno un’unica carne.

 

Salmo 127 - Ci benedica il Signore tutti i giorni della nostra vita.
Beato chi teme il Signore
e cammina nelle sue vie.
Della fatica delle tue mani ti nutrirai,
sarai felice e avrai ogni bene.

La tua sposa come vite feconda
nell’intimità della tua casa;
i tuoi figli come virgulti d’ulivo
intorno alla tua mensa.

Ecco com’è benedetto
l’uomo che teme il Signore.
Ti benedica il Signore da Sion.

Possa tu vedere il bene di Gerusalemme
tutti i giorni della tua vita!
Possa tu vedere i figli dei tuoi figli!
Pace su Israele! 

Dalla lettera agli Ebrei 2, 9-11

Fratelli, quel Gesù, che fu fatto di poco inferiore agli angeli, lo vediamo coronato di gloria e di onore a causa della morte che ha sofferto, perché per la grazia di Dio egli provasse la morte a vantaggio di tutti. Conveniva infatti che Dio - per il quale e mediante il quale esistono tutte le cose, lui che conduce molti figli alla gloria - rendesse perfetto per mezzo delle sofferenze il capo che guida alla salvezza. Infatti, colui che santifica e coloro che sono santificati provengono tutti da una stessa origine; per questo non si vergogna di chiamarli fratelli.

 

Alleluia, alleluia alleluia.
Se ci amiamo gli uni gli altri,
Dio rimane in noi e l’amore è perfetto
Alleluia, alleluia alleluia.

 

Dal vangelo secondo Marco 10, 2-16

In quel tempo, alcuni farisei si avvicinarono e, per metterlo alla prova, domandavano a Gesù se è lecito a un marito ripudiare la propria moglie. Ma egli rispose loro: «Che cosa vi ha ordinato Mosè?». Dissero: «Mosè ha permesso di scrivere un atto di ripudio e di ripudiarla». Gesù disse loro: «Per la durezza del vostro cuore egli scrisse per voi questa norma. Ma dall’inizio della creazione (Dio) li fece maschio e femmina; per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due diventeranno una carne sola. Così non sono più due, ma una sola carne. Dunque l’uomo non divida quello che Dio ha congiunto». A casa, i discepoli lo interrogavano di nuovo su questo argomento. E disse loro: «Chi ripudia la propria moglie e ne sposa un’altra, commette adulterio verso di lei; e se lei, ripudiato il marito, ne sposa un altro, commette adulterio». Gli presentavano dei bambini perché li toccasse, ma i discepoli li rimproverarono. Gesù, al vedere questo, s’indignò e disse loro: «Lasciate che i bambini vengano a me, non glielo impedite: a chi è come loro infatti appartiene il regno di Dio. In verità io vi dico: chi non accoglie il regno di Dio come lo accoglie un bambino, non entrerà in esso». E, prendendoli tra le braccia, li benediceva, imponendo le mani su di loro.  

 

Commento

Cari fratelli e care sorelle, la liturgia di oggi ci fa incontrare Gesù mentre un gruppo di farisei gli fanno domande su come devono essere gestiti i rapporti umani. Lo fanno a partire dal caso del matrimonio e della possibilità che dava la legge di Mosè di ripudiare la propria moglie. Dietro quella domanda, fatta per mettere in difficoltà Gesù, e non per un interesse sincero, si legge un’idea dei rapporti umani, e quindi anche di quelli coniugali, che anche oggi è molto diffusa, tanto da non essere messa in discussione. È l’idea che un rapporto se non risponde più al nostro desiderio di soddisfazioni perde ogni significato. Non conta più la storia vissuta in comune, le realtà che ha determinato o fatto nascere, le altre persone coinvolte. È l’idea consumistica applicata alle relazioni: quello che non mi serve più lo getto via, così compro un’altra cosa che, per ora, mi dà più soddisfazione, poi si vedrà. Il rapporto, si pensa, vale per quello che serve a me, quindi, se non mi serve più che me ne faccio? Diventa un peso inutile, che non mi lascia la libertà di passare ad altri rapporti magari più soddisfacenti. Ed ecco allora che l’interesse di quei farisei si concentra su quali norme possono liberare l’uomo da questi obblighi e fornire una via di uscita, come prevedeva la legge giudaica con l’atto di ripudio della moglie.

La risposta di Gesù a questa domanda, così attuale, si compone di due parti. Prima infatti afferma come il rapporto coniugale, ripeto, analogamente a ogni altro rapporto umano, nasce dalla constatazione originaria di Dio al momento della creazione che “non è buono che l’uomo sia da solo”. È questa l’idea fondamentale di uomo sulla quale si fonda la concezione cristiana dei rapporti umani. Essi cioè si basano sulla natura stessa dell’uomo che se è da solo non è pienamente umano, rimane privo di una parte importante: gli altri. L’uomo, dice Dio, è pienamente tale solo nell’essere con altri, nell’avere assieme a sé altri uomini e donne che lo completano. Per questo nella natura umana come Dio l’ha creata è scritto anche il rapporto coniugale, come l’unione intima di un uomo e una donna nel matrimonio. Dio chiama quella parte “mancante” di sé “un aiuto” perché permette che non prevalga la tentazione malvagia di isolarsi e allontanarsi dagli altri.

Accanto a questa spiegazione teorica, Gesù compie anche un gesto esemplificatore. Alcuni bambini gli si avvicinano, in quel gesto ingenuo e spontaneo possiamo leggere l’innato desiderio dell’essere umano di stare con gli altri, e non solo per convenienza. Ma intervengono i discepoli e vogliono allontanare quei piccoli con argomenti di opportunità: danno fastidio, sono antipatici, ecc…, essi vorrebbero impedire quel correre di bambini verso Gesù per ingenuo interesse.

Il Signore rimprovera i discepoli, perché con quel loro modo di fare confermano quella mentalità mondana a cui facevo cenno, cioè che il rapporto con altri ha senso e valore solo quando mi serve o mi conviene. I bambini certamente non portano nessun guadagno e possono essere facilmente considerati un inutile fastidio. Gesù insiste: non allontanate nessuno, tantomeno i bambini, perché in quel loro spontaneo “andare incontro” agli altri c’è il segreto della natura umana a cui tutti dobbiamo assomigliare.

Davanti a queste parole e gesti di Gesù potremmo dire che esse sono belle, ma nella realtà agisce anche la forza del male, nelle sue espressioni diverse, che opera per dividere gli uomini e mettere gli uni contro gli altri. Tutti ne abbiamo fatto esperienza, a volte anche dolorosamente. Come contrastare questa forza?

Gesù ne parla, affermando che esiste una forza più forte della divisione ed è forza di unione: il perdono. Sì, quello che comunemente si considera un gesto di debolezza, è in realtà una grande forza. Il perdono infatti crea un legame proprio dove il male ha provocato una frattura grave. Il perdono non significa dimenticare e fare finta di niente, questo è falso perdono, ma significa assumersi la responsabilità di combattere il male quando questo si fa presente nella vita di un altro e siamo noi a subirne le conseguenze. È questa la grandezza del perdono, perché ci rende capaci di farci carico di un impegno che, apparentemente, non ci spetta, ma che può avere la forza dirompente di liberazione per l’altro ma anche per noi. Subire un torto infatti, spesso significa coltivare desiderio di rivalsa, antipatia, odio, fino, addirittura, a giustificare il fatto che anche noi ci comportiamo in modo ingiusto. Perdonare significa combattere con le armi del bene perché sia sradicata la radice del male dal cuore del fratello, e così facendo, la sradichiamo anche dal nostro. Dimenticare e lasciar correre invece lascia la pianta continuare a fruttificare e, magari, a far cadere il seme della stessa cattiva erba anche nel nostro cuore.

Ecco allora la grande forza che Dio ci affida perché la divisione dagli altri, amici parenti o coniugi che siano, non venga accettata con fatalismo come un destino ineluttabile o come normale espressione dell’animo umano. È una sfida che dobbiamo far nostra.

A questo proposito oggi vogliamo ricordare una persona cara alla nostra terra e chiesa: S. Francesco di Assisi, del quale lunedì celebreremo la festa. Egli iniziò la sua esperienza di fede proprio partendo dalla coscienza del proprio peccato e dalla necessità di ricevere e offrire il perdono. Il suo movimento infatti entrò a far parte del più vasto fenomeno dei “penitenti”, cioè di quei cristiani che facevano del riconoscimento del proprio peccato e della richiesta di perdono a Dio la chiave del proprio vivere cristiano.

I primi compagni di Francesco si presentano come uomini felici di vivere il vangelo e, proprio per questo, suscitavano in chi li incontrava una domanda di perdono e di cambiamento di vita.

Francesco, uomo pronto a riconoscersi bisognoso del perdono, ci insegna che chi non sa perdonare gli altri chi non conosce il pentimento per il proprio peccato.

Dio però non ci lascia così come siamo, ma vuole la salvezza di ciascuno. Perciò ci invita a riconoscere il nostro peccato, a chiederne umilmente perdono e a prendersi la responsabilità, paradossalmente, non solo del proprio, ma anche del male che si manifesta negli altri.

  

Preghiere 


 O Signore Gesù, aiutaci a legare la nostra vita ai fratelli e alle sorelle con il vincolo dell’amore invincibile della tua carità. Fa’ che nulla possa dividerci e allontanare dagli altri,

Noi ti preghiamo

  

Sostieni e rafforza o Dio del cielo l’amore che lega le famiglie, uniscile nel tuo nome da una generosità reciproca e dall’affetto che vince ogni male,

Noi ti preghiamo

 

O Signore Gesù che dalla croce hai perdonato chi ti stava uccidendo, raccogli anche noi ai tuoi piedi perché diveniamo la famiglia indissolubile dei tuoi figli,

Noi ti preghiamo

  

Solleva o Padre buono ogni uomo dal peso del suo peccato, perché ciascuno sia liberato dal male che lo divide da tutti e sia riaccolto con affetto nella famiglia dei tuoi figli,

Noi ti preghiamo

 

Guarda con amore o Dio tutti coloro che sono colpiti dalla mancanza di lavoro, dall’incertezza del futuro e dalla precarietà dei mezzi di sussistenza. Apri alla speranza i cuori sfiduciati e fa’ che ciascuno abbia l’opportunità di un futuro migliore,

Noi ti preghiamo

  

Libera dal male o Signore tutti quelli che sono schiacciati dalla miseria e dal dolore. Dona guarigione, pace e salvezza al mondo intero,

Noi ti preghiamo.

 

O Signore benedici il lavoro di chi vive e testimonia la forza del tuo amore, come il nostro papa Francesco. Fa’ che grazie al loro impegno vinca sempre nel mondo il bene sul male.

Noi ti preghiamo

  

Proteggi o Padre buono chi si affatica per l’annuncio del Vangelo, chi serve i poveri, chi opera per la pace e la giustizia. Dona ad essi il coraggio dell’amore e la forza del perdono,

Noi ti preghiamo

Nessun commento:

Posta un commento