5"Prima di formarti nel grembo materno, ti ho conosciuto,
prima che tu uscissi alla luce, ti ho consacrato;
ti ho stabilito profeta delle nazioni".
6Risposi: "Ahimè, Signore Dio!
Ecco, io non so parlare, perché sono giovane".
7Ma il Signore mi disse: "Non dire: "Sono giovane".
Tu andrai da tutti coloro a cui ti manderò
e dirai tutto quello che io ti ordinerò.
8Non aver paura di fronte a loro,
perché io sono con te per proteggerti".
Oracolo del Signore.
9Il Signore stese la mano
e mi toccò la bocca,
e il Signore mi disse:
"Ecco, io metto le mie parole sulla tua bocca.
10Vedi, oggi ti do autorità
sopra le nazioni e sopra i regni
per sradicare e demolire,
per distruggere e abbattere,
per edificare e piantare".
Commento
Il profeta
Geremia narra come si è svolta la sua chiamata. Egli era un uomo qualunque, lo
dice nelle parole che precedono, ma a lui Dio ha parlato. Questa è la
differenza da tutti gli altri. “Mi fu
rivolta questa parola del Signore” dice Geremia. Quante volte Dio ha parlato
anche a noi? Quante volte ci ha rivolto la sua parola? E ci chiediamo oggi,
davanti alla testimonianza di Geremia, cosa ne abbiamo fatto noi di quell
aparola? L’uomo di Dio riceve la parola e la conserva, tanto che ne diviene
portavoce. Noi troppo spesso invece riceviamo la parola, ma la disperdiamo, e
per questo la nostra vita non parla di Dio, ma di noi stessi e del mondo.
Ci sono
tanti modi con cui noi evitiamo che la parola di Dio scenda in profondità e
metta le sue radici nel terreno della nostra vita. Il primo è sentirci diversi,
difendere la nostra originalità. Ma Dio contraddice questa idea: lui ci conosce
meglio di noi stessi, perché è lui stesso ad averci formato nel grembo di
nostra madre, e, cosa straordinaria, ci ha fatti profeti nella nostra natura,
cioè capaci di annunciare e diffondere il modo di vivere che Dio ha preparato
per noi: “prima che tu uscissi alla luce,
ti ho consacrato; ti ho stabilito profeta delle nazioni.” Diremmo che noi
siamo stati fatti per vivere secondo il Vangelo, che il Vangelo è lo specchio
in cui possiamo riconoscere la nostra vera natura umana, deformata dal male e
resa una caricatura dal nostro senso di diversità e originalità.
Geremia prova
a difendersi: “Ahimè, Signore Dio! Ecco,
io non so parlare, perché sono giovane.” Geremia prova a nascondere dietro una
pretesa oggettività la sua scelta di distanziarsi dal volere di Dio. Cosa vuol
dire essere troppo giovane? Essere troppo anziano, essere fatto in un certo
modo, avere un certo carattere, ecc…? Sono tutti modi con cui noi diciamo che
la nostra lontananza da Dio non dipende da noi. Preferiamo cioè dirci
completamente asserviti alle situazioni o agli ambienti, piuttosto che ammettere
che così come siamo è la nostra scelta.
Dio non sta
a discutere né a cercare di persuadere. Taglia fuori ogni scusa con un semplice
gesto della mano: “Non dire: "Sono
giovane!" Il vangelo mette a nudo la puerilità delle nostre scuse e
non si sottopone a contrattare per ottenere qualcosa di più o avere una
vittoria parziale. “Tu andrai da tutti
coloro a cui ti manderò e dirai tutto quello che io ti ordinerò. Non aver paura
di fronte a loro, perché io sono con te per proteggerti.” Ecco in cosa
consiste la nostra vocazione, quello per cui siamo stati fatti: la nostra vita
deve essere un andare incontro agli altri, e non fuggirli e nascondersi, per dire con la nostra vita tutto quello che Dio ci suggerisce.
Troppe volte infatti la nostra vita parla di altro: parla di se stessi o fa
semplicemente eco ai messaggi del mondo che invitano a farsi i fatti propri, a
pensare a se stesso, a non essere ingenui ma diffidenti, ecc…
Come fare a
fuggire lo sviamento che la vita tante volte ci impone e a cui noi ci
sottomettiamo? “Il Signore stese la mano e
mi toccò la bocca, e il Signore mi disse: "Ecco, io metto le mie parole
sulla tua bocca.” Far uscire dalle nostre labbra le stese parole che
ascoltiamo dal Vangelo, ma poiché, come dice Gesù “la bocca parla dalla pienezza del cuore” bisogna che esse entrino
nel nostro cuore e lo riempiano, senza lasciare spazio ai cumuli di spazzatura
e macerie che lo ingombrano.
La parola di
Dio, una volta entrata nei cuori e riempitili del proprio amore, ci dona la potenza
con cui cambiare la realtà attorno a noi. Non saremo allora più impotenti e
vittime, lamentosi e prigionieri della situazione in cui stiamo, ma liberi,
protagonisti del nostro futuro e capaci di trasformarlo rendendolo docile al
volere di Dio.
È questo il
dono che Geremia riceve, perché piega il capo e si sottomette alle indicazioni
di Dio di essere profeta annunciatore della sua parola con la sua vita.
Interroghiamoci allora sulle nostre resistenze e le abitudini che ci
allontanano dall’assumere la parola di Dio come l’anima e lo spirito della
nostra vita.
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