giovedì 20 ottobre 2011

Preghiera del 19 ottobre 2011


Isaia 62,1-12

 Per amore di Sion non tacerò,
per amore di Gerusalemme non mi concederò riposo,
finché non sorga come aurora la sua giustizia
e la sua salvezza non risplenda come lampada.
2Allora le genti vedranno la tua giustizia,
tutti i re la tua gloria;
sarai chiamata con un nome nuovo,
che la bocca del Signore indicherà.
3Sarai una magnifica corona nella mano del Signore,
un diadema regale nella palma del tuo Dio.
Nessuno ti chiamerà più Abbandonata,
né la tua terra sarà più detta Devastata,
ma sarai chiamata Mia Gioia
e la tua terra Sposata,
perché il Signore troverà in te la sua delizia
e la tua terra avrà uno sposo.
5Sì, come un giovane sposa una vergine,
così ti sposeranno i tuoi figli;
come gioisce lo sposo per la sposa,
così il tuo Dio gioirà per te.
6Sulle tue mura, Gerusalemme,
ho posto sentinelle;
per tutto il giorno e tutta la notte
non taceranno mai.
Voi, che risvegliate il ricordo del Signore,
non concedetevi riposo
7né a lui date riposo,
finché non abbia ristabilito Gerusalemme
e ne abbia fatto oggetto di lode sulla terra.
8Il Signore ha giurato con la sua destra
e con il suo braccio potente:
"Mai più darò il tuo grano in cibo ai tuoi nemici,
mai più gli stranieri berranno il vino
per il quale tu hai faticato.
9No! Coloro che avranno raccolto il grano,
lo mangeranno e canteranno inni al Signore,
coloro che avranno vendemmiato
berranno il vino nei cortili del mio santuario.
10Passate, passate per le porte,
sgombrate la via al popolo,
spianate, spianate la strada,
liberatela dalle pietre,
innalzate un vessillo per i popoli".
11Ecco ciò che il Signore fa sentire
all'estremità della terra:
"Dite alla figlia di Sion:
"Ecco, arriva il tuo salvatore;
ecco, egli ha con sé il premio
e la sua ricompensa lo precede".
12Li chiameranno "Popolo santo",
"Redenti del Signore".
E tu sarai chiamata Ricercata,
"Città non abbandonata".

 Commento

 Abbiamo ascoltato dal libro del profeta Isaia il canto d’amore di Dio per la sua città. Dio predilige la città con un amore speciale, perché è il luogo in cui gli uomini vivono insieme, realizzando quella che è la loro vocazione profonda. Sì, l’uomo è stato creato da Dio per stare con gli altri: “Non è buono che l’uomo sia solo” (Gen 2,18) dice Dio al momento di creare Adamo, e poi il Salmo riafferma  Come è bello e come è dolce che i fratelli vivano insieme” (Sal 133,1).

La città realizza l’incontro, la convivenza, l’essere gli uni con gli altri, anche se spesso nella storia, e ancora oggi, essa ha tradito questa sua vocazione. Sì troppo spesso gli uomini tradiscono la vocazione profonda di “essere con gli altri”, vivendo la divisione, che è isolamento ma anche conflitto e contrapposizione. Dio ama la città, ama gli uomini insieme e per questo non si rassegna allo snaturamento della sua anima pacifica e unitaria.

Questo messaggio del profeta Isaia ci giunge proprio a pochi giorni di distanza dal pellegrinaggio di pace che il papa Benedetto XVI insieme a tanti altri leaders religiosi del mondo effettuerà, recandosi ad Assisi a commemorare il XXV anniversario del primo incontro convocato da Giovanni Paolo II nel 1986. Il papa vuole con questo gesto indicarci la via per la realizzazione della vocazione dell’uomo: essere insieme, gli uni accanto agli altri, legati da vincoli di amore reciproco nella comune ricerca della pace. Sì, perché la divisione è una ferita inferta al volto dell’umanità. Da essa sgorga sangue e la vita sfugge via. Per questo la divisione e il conflitto è sempre un male, anche se non è colpa nostra, se non siamo noi a volerla, perché ci indebolisce e rende la nostra vita più fragile davanti al male.

Bisogna allora vigilare e lavorare duro per realizzare l’unione di tutti gli uomini, come Isaia esprime l’intenzione di fare fin dall’esordio del canto:

Per amore di Sion non tacerò,
per amore di Gerusalemme non mi concederò riposo,
finché non sorga come aurora la sua giustizia
e la sua salvezza non risplenda come lampada.”

Deve essere anche il nostro impegno e la sfida che sale da questo tempo alla vita dei cristiani. Ma come realizzare l’unione di tutti?

Il profeta ci parla di un matrimonio da celebrare: il matrimonio di Dio col suo popolo.

Sì, come un giovane sposa una vergine,
così ti sposeranno i tuoi figli;
come gioisce lo sposo per la sposa,
così il tuo Dio gioirà per te.

Sì, la pace vera non ce la diamo da soli, ma nasce dall’unione intima che vivremo con Dio. Dal nostro rapporto con lui sgorga la corrente di bene e di amore che diffonde pace e unità tutto intorno a noi. Celebriamo il matrimonio della nostra vita con la Parola di Dio, cioè facciamola scendere fin nel suo intimo, viviamola, e tutto cambierà, il male che viene dalla divisione sarà vinto.

C’è bisogno di vigilare, prosegue Isaia, perché il male è in agguato e ci mangia la vita. Rischiamo di assecondarlo e di offrire le nostre esistenze in pasto allo spirito di divisione, con la nostra indifferenza, col nostro ignorare il fratello, con la durezza dei cuori. Non diamo al maligno il frutto della nostra vita, siamo invece fecondi di frutti buoni perché ci rafforzino nel cammino di amore.

Passate, passate per le porte,
sgombrate la via al popolo,
spianate, spianate la strada,
liberatela dalle pietre,
innalzate un vessillo per i popoli

Il profeta perla di una convocazione di Dio per tutti i popoli a convenire nella sua città. C’è bisogno però di rimuovere gli ostacoli, le pietre, i burroni di indifferenze e pregiudizi, tutto quello che ci divide dagli altri. C’è bisogno di aprire la porta della nostra vita, perché chi ci incontra possa entrarvi ed essere accolto. Troppo spesso invece noi le teniamo chiuse e cumuli di macerie e abissi di indifferenza impediscono alla vita degli altri di entrare nella nostra. Lavoriamo perché la via sia spianata, apriamo la porta della nostra vita. Ogni persona e ogni comunità sia un vessillo innalzato, cioè un segno visibile ed evidente dell’amore di Dio che unisce e raccoglie tutti, che vince divisione e conflitti. Dobbiamo essere questo vessillo, lo dobbiamo mostrare attraverso il nostro modo di vivere, le nostre parole. È la vocazione di ogni comunità cristiana, ed anche questo luogo, per quanto piccolo e modesto, divenga sempre più una porta aperta e un vessillo per tanti nella città che sono disperdi, confusi e disperati.

Ad Assisi Francesco riuscì ad operare questo miracolo, trasformare un piccolo borgo periferico in una nuova Gerusalemme. Sappiamo come alla Porziuncola, piccola e insignificante chiesa, fu concessa dal papa, su richiesta di Francesco, l’indulgenza plenaria, la stessa concessa a chi si recava il pellegrinaggio a Gerusalemme. Sì, Assisi di nuovo nei prossimi giorni, si trasformerà in una Gerusalemme di pace e di concordia, in cui affluiranno da tutto il mondo uomini e donne di religione, lingua, cultura diversa, per testimoniare l’unità in nome della comune ricerca della pace. Ogni luogo in cui i cristiani amano e vivono il Vangelo è una piazza di Gerusalemme, è una via della città santa. Sia vero anche per questo nostro piccolo luogo e per le nostre povere vite, trasfigurate dalle nozze col Vangelo in vessillo di unione che raccoglie i dispersi nell’unica bella e santa città in cui Dio vive con gli uomini.

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