mercoledì 5 ottobre 2011

Preghiera della festa di S. Francesco d'Assisi






Dal vangelo secondo Matteo 5,38-48

Avete inteso che fu detto: Occhio per occhio e dente per dente. Ma io vi dico di non opporvi al malvagio; anzi, se uno ti dà uno schiaffo sulla guancia destra, tu porgigli anche l'altra, e a chi vuole portarti in tribunale e toglierti la tunica, tu lascia anche il mantello. E se uno ti costringerà ad accompagnarlo per un miglio, tu con lui fanne due. Da' a chi ti chiede, e a chi desidera da te un prestito non voltare le spalle.

Avete inteso che fu detto: Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico. Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano, affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli; egli fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti

Infatti, se amate quelli che vi amano, quale ricompensa ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani? Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste.



Facciamo oggi memoria di San Francesco di Assisi, un santo che ci è particolarmente caro, non solo perché è della nostra stessa terra umbra, ma anche perché con le sue parole e la sua testimonianza ha insegnato a noi cristiani come essere uomini di pace in un tempo violento.

L’Umbria e più in generale l’Italia del 1200 era divisa in tante piccole entità territoriali, i Comuni, litigiosi e rivali, spesso in guerra fra loro. Anche all’interno delle singole città i casati nobili, le famiglie borghesi e le classi sociali erano in lotta fra loro. Il potere civile e quello religioso spesso si combatteva e , sullo sfondo, la grande guerra della cristianità contro l’oriente musulmano, caratterizzava un tempo pieno di guerra.

Francesco da giovane ha condiviso con gli uomini del suo tempo la cultura del nemico: sognava di fare il cavaliere, di combattere nelle Crociate e di acquistarsi una gloria sul campo di battaglia. Eppure, come sappiamo, l’umiliazione della sconfitta nella guerra contro Spoleto, la prigionia e la malattia lo fecero riflettere sul valore di questi suoi sogni.

Francesco, messo a contatto diretto con la durezza della guerra ne scoprì l’orrore e cominciò a vivere un tempo di riflessione e di ricerca.

Oggi anche noi viviamo un tempo di cultura del nemico, aumentata dalla crisi che mette gli uni contro gli altri a difendere i propri interessi e a dividersi le scarse risorse. C’è bisogno di fermarsi, come Francesco a riflettere e a capire meglio cosa significa vivere lo spirito di questo tempo.

La cultura del nemico anche a noi sembra normale. Ci siamo assuefatti vedendo attorno a noi la gente vivere così. È quell’ ” Avete inteso che fu detto: occhio per occhio” di cui parla Gesù nel Vangelo. Anche noi sentiamo parlare così la gente, ci sembra naturale e realistico. Così come l’altra frase cui il Signore fa riferimento: “Avete inteso che fu detto: Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico.” Cosa c’è di strano, non è giusto.

Gesù però scardina la normalità di questo modo di giudicare e propone la logica paradossare del Vangelo: “Ma io vi dico di non opporvi al malvagio; anzi, se uno ti dà uno schiaffo sulla guancia destra, tu porgigli anche l'altra,… amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano”. Sì c’è bisogno di inaugurare una prassi nuova, come fece Francesco che lasciò le armi per girare il mondo con la debolezza del vangelo e di una testimonianza di mitezza e semplicità. Ai suoi contemporanei egli sembrò esagerato: c’era bisogno di ridursi così in povertà, lui che era di famiglia borghese? C’era bisogno di rifiutare almeno un po’ di comodità e agio per abbracciare la vita semplice e povera che fece? Francesco sceglie di mettersi allo stesso livello di chi lo ascoltava affinché le sue parole giungessero al cuore di tutti.

Noi spesso preferiamo mantenerci ad una certa distanza, mantenere il nostro senso di particolarità, le abitudini a credersi e pensarsi in un certo modo, a ritenere il parlare con altri una nostra concessione, a credere di avere già le risposte pronte per tutte le situazioni, ecc… C’è bisogno che impariamo a vivere con un cuore più umile, che si mette allo stesso livello di chi ascoltiamo, senza orgoglio né scontatezza. Solo così sapremo comunicare una cultura di pace che è risposta alla cultura del nemico di questo mondo.

Fratelli e sorelle, non riteniamo esagerato l’invito del Vangelo ad accogliere proprio tutti, anche gli antipatici e i nemici. Se non lo faremo infatti ben presto non saremo più capaci ad accogliere nemmeno i vicini, presi dal nostro senso di particolarità e superiorità orgogliosa.

Francesco allora oggi si fa nostro maestro di pace e di umiltà perché ha impariamo dal Vangelo ad essere un uomo nuovo, senza fare le tare e adattarlo alla sua mentalità e allo spirito del tempo.

Facciamoci guidare da lui e troveremo quella letizia di cuore di cui parla ai suoi frati che rende possibile affrontare anche difficoltà e ostacoli senza maledire né odiare, ma con l’animo pacificato del figlio di Dio.



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