mercoledì 11 aprile 2012

Preghiera dell'11 aprile 2012 (I del tempo di Pasqua)



Marco 16, 9-18

Risorto al mattino, il primo giorno dopo il sabato, Gesù apparve prima a Maria di Màgdala, dalla quale aveva scacciato sette demòni. Questa andò ad annunciarlo a quanti erano stati con lui ed erano in lutto e in pianto. Ma essi, udito che era vivo e che era stato visto da lei, non credettero.

Dopo questo, apparve sotto altro aspetto a due di loro, mentre erano in cammino verso la campagna. Anch'essi ritornarono ad annunciarlo agli altri; ma non credettero neppure a loro.

Alla fine apparve anche agli Undici, mentre erano a tavola, e li rimproverò per la loro incredulità e durezza di cuore, perché non avevano creduto a quelli che lo avevano visto risorto. E disse loro: "Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvato, ma chi non crederà sarà condannato.

Questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno demòni, parleranno lingue nuove, prenderanno in mano serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno; imporranno le mani ai malati e questi guariranno".



Commento

Abbiamo da pochissimo celebrato la Santa settimana di passione, morte e resurrezione di Gesù durante la quale lo abbiamo seguito passo passo nel cammino che fece a Gerusalemme. Ci siamo fatti compagni, quasi fisicamente, del Signore, nel cenacolo dove lasciò la consegna del suo amore “fino alla fine” e assicurò che non avrebbe lasciato i suoi da soli ma si sarebbe fatto presente col suo corpo e sangue. Poi lo abbiamo visto patire per mano dei giudei e dei romani, in quel cammino doloroso che lo ha portato fino alla croce. Ma poi, finalmente, abbiamo ascoltato l’annuncio gioioso di un angelo che ci ha mostrato la tomba vuota: il Signore Gesù è risorto.

La Resurrezione è la sconfitta della morte e l’imporsi con potenza di una vita nuova che non finisce e non è più schiava della paura e del male. Certo, questo è vero, ma la Resurrezione non cancella tutto quello che c’era stato prima. Il Signore risorge, ma porta i segni della sua passione. E così per noi la celebrazione della Pasqua non è come una parentesi che chiude un periodo cupo e ci riapre alla vita di sempre. Niente è più lo stesso dopo Pasqua, anche se tutto sembra rimasto uguale.

Anche i discepoli vivono dopo Pasqua la tentazione della continuità: tutto è come sempre, sottoposto alla legge della durezza della vita, alle regole dell’impossibilità. A nulla è valso illudersi con Gesù che tutto fosse diverso, ora l’ultima parola è stata detta.

Non a caso, fratelli e sorelle, l’annuncio della resurrezione è stato fatto alle donne andate al sepolcro. Sì, per loro, a differenza dei discepoli uomini, non era tutto finito, e tornano al sepolcro. Cioè non tornano alla vita di sempre, non riprendono le attività ordinarie, ma sono ancora tutte prese da quello che è successo. Compiono i gesti della pietà perché per loro Gesù è ancora il sofferente crocefisso. Per i discepoli sono gesti inutili, senza senso. Alle donne invece la compassione di Gesù ha lasciato come un segno indelebile: non possono fare a meno di continuare a compatire quel corpo martoriato.

Così fratelli e sorelle è anche per noi. Se non ci lasciamo segnare intimamente dalla compassione di Gesù che per amore degli uomini ha assunto su di sé una montagna così grande di dolore non suo, non meritato né cercato, l’annuncio che quel dolore è stato sconfitto e non ha vinto su di lui, ma è risorto saranno parole vane. Così è per i discepoli, che non credono all’annuncio della resurrezione che gli portano le donne e li giudicano solo vaneggiamenti femminili.

Quelle donne invece credono perché nel loro gesto di compassione c’è già il germe della resurrezione.

La compassione per il dolore altrui ci permette di condividere anche la gioia della resurrezione. La chiusura dei cuori, di cui Gesù rimprovera i discepoli, una volta tornato fra loro “li rimproverò per la loro incredulità e durezza di cuore”, ci rende invece incapaci di compatire col fratello e per questo nemmeno di gioire con lui per la notizia lieta della sua resurrezione.

Ogni volta che nel mondo vince la solidarietà, l’amore e il lavoro per la pace e la concordia è un annuncio di resurrezione che viene proclamato, ma quante volte noi non ci crediamo e non lo giudichiamo invece una ingenua illusione? Invece se ne accorge e ci crede chi è umile, bisognoso di quella buona notizia, capace di patire col fratello e la sorella, come le donne al sepolcro, e ne gioisce e comunica questa sua gioia.

Sì, chi crede veramente alla resurrezione di Gesù diventa capace di segni straordinari, ma non per magia, ma perchè vuol dire che si è lasciato segnare intimamente dal dolore compassionevole di Gesù e ora la sua umanità diventa capace di risollevare i tanti che sono nella stessa situazione di sofferenza. Dice infatti Gesù ai discepoli increduli: “Questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno demòni, parleranno lingue nuove, prenderanno in mano serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno; imporranno le mani ai malati e questi guariranno Sono i segni straordinari di cui è capace chi vive la compassione di Gesù: guarire dal male, scacciare i demoni della divisione e dell’odio, parlare la lingua dell’amore e dell’amicizia, rendere inoffensivi le parole e i gesti che avvelenano la vita del mondo.


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