Dal libro del profeta Isaia 50,4-7
Il Signore Dio mi ha dato una
lingua da discepolo,
perché io sappia indirizzare una parola allo sfiduciato.
Ogni mattina fa attento il mio orecchio
perché io ascolti come i discepoli.
Il Signore Dio mi ha aperto l’orecchio
e io non ho opposto resistenza,
non mi sono tirato indietro.
Ho presentato il mio dorso ai flagellatori,
le mie guance a coloro che mi strappavano la barba;
non ho sottratto la faccia agli insulti e agli sputi.
Il Signore Dio mi assiste,
perché io sappia indirizzare una parola allo sfiduciato.
Ogni mattina fa attento il mio orecchio
perché io ascolti come i discepoli.
Il Signore Dio mi ha aperto l’orecchio
e io non ho opposto resistenza,
non mi sono tirato indietro.
Ho presentato il mio dorso ai flagellatori,
le mie guance a coloro che mi strappavano la barba;
non ho sottratto la faccia agli insulti e agli sputi.
Il Signore Dio mi assiste,
per questo non resto
svergognato,
per questo rendo la mia faccia dura come pietra,
sapendo di non restare confuso.
per questo rendo la mia faccia dura come pietra,
sapendo di non restare confuso.
Salmo 21 - Mio
Dio, mio Dio, perché mi hai abbandonato?
Si fanno beffe di me quelli che mi vedono,
storcono le labbra, scuotono il capo:
«Si rivolga al Signore; lui lo liberi,
lo porti in salvo, se davvero lo ama!».
Un branco di cani mi circonda,
mi accerchia una banda di malfattori;
hanno scavato le mie mani e i miei piedi.
Posso contare tutte le mie ossa.
Si dividono le mie vesti,
sulla mia tunica gettano la sorte.
Ma tu, Signore, non stare lontano,
mia forza, vieni presto in mio aiuto.
Annuncerò il tuo nome ai miei fratelli,
ti loderò in mezzo all’assemblea.
Lodate il Signore, voi suoi fedeli, +
gli dia gloria tutta la discendenza di Giacobbe,
lo tema tutta la discendenza d’Israele.
Si fanno beffe di me quelli che mi vedono,
storcono le labbra, scuotono il capo:
«Si rivolga al Signore; lui lo liberi,
lo porti in salvo, se davvero lo ama!».
Un branco di cani mi circonda,
mi accerchia una banda di malfattori;
hanno scavato le mie mani e i miei piedi.
Posso contare tutte le mie ossa.
Si dividono le mie vesti,
sulla mia tunica gettano la sorte.
Ma tu, Signore, non stare lontano,
mia forza, vieni presto in mio aiuto.
Annuncerò il tuo nome ai miei fratelli,
ti loderò in mezzo all’assemblea.
Lodate il Signore, voi suoi fedeli, +
gli dia gloria tutta la discendenza di Giacobbe,
lo tema tutta la discendenza d’Israele.
Dalla lettera di san Paolo apostolo ai
Filippèsi 2,6-11
Cristo Gesù, pur essendo nella
condizione di Dio,
non ritenne un privilegio l’essere come Dio,
ma svuotò se stesso assumendo una condizione di servo,
diventando simile agli uomini.
Dall’aspetto riconosciuto come uomo, umiliò se stesso
facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce.
Per questo Dio lo esaltò e gli donò il nome
che è al di sopra di ogni nome, perché nel nome di Gesù
ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra,
e ogni lingua proclami: «Gesù Cristo è Signore!»,
a gloria di Dio Padre.
non ritenne un privilegio l’essere come Dio,
ma svuotò se stesso assumendo una condizione di servo,
diventando simile agli uomini.
Dall’aspetto riconosciuto come uomo, umiliò se stesso
facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce.
Per questo Dio lo esaltò e gli donò il nome
che è al di sopra di ogni nome, perché nel nome di Gesù
ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra,
e ogni lingua proclami: «Gesù Cristo è Signore!»,
a gloria di Dio Padre.
Lettura della Passione di Nostro Signore Gesù Cristo
dal Vangelo secondo Marco
Commento
Cari
fratelli e care sorelle, si apre oggi con questa liturgia dell’ingresso di Gesù
a Gerusalemme la Santa
settimana di Passione. La liturgia inizia con la festa dell’entrata del Signore
in città, momento che fu accompagnato, come recita il vangelo di Marco che
abbiamo ascoltato all’inizio della liturgia, dalle grida di Osanna del popolo e
dal festoso agitare di rami e mantelli. È stato l’ingresso di un re,
accompagnato dalla gioia e dalla festa di tutti. Abbiamo ripetuto quei gesti e
abbiamo gioito anche noi. E i rametti di ulivo che ancora abbiamo fra le mani
stanno proprio a significare che anche noi c’eravamo e siamo stati testimoni di
quell’ingresso di un nuovo re nella nostra vita e nel mondo.
Sì,
il Signore è entrato nella nostra vita, lo abbiamo ascoltato in tante occasioni
e lo abbiamo riconosciuto re, ma poi, come dice il Vangelo, egli si confonde,
un po’ anonimo, nelle strade di Gerusalemme mescolato alla folla. Va nel
tempio, come tanti altri, parla, spiega a quelli che lo incontrano, incontra
tanti. Cioè Gesù non si chiude nel palazzo del re, non esercita il suo potere
come un signore di questo mondo, dando ordini e imponendosi col timore. Egli
vuole esercitare la sua
Signoria di re del mondo mescolandosi alla vita, entrando
nelle pieghe anche più nascoste e apparentemente senza valore dell’esistenza
quotidiana. Sì il Signore Gesù non è un re inarrivabile e invisibile, che si
mostra solo in rare occasioni accompagnate da entusiasmo, ma è il re del
quotidiano, si piega fino all’umiltà della nostra vita banale, ci parla di noi,
di quello che facciamo, di cosa ci rende tante volte schiavi di altri padroni
malvagi che rovinano la vita.
Ci propone di essere suoi discepoli, infatti, e non sudditi.
A Giuda che lo tradisce con un bacio dice “Amico”, e agli apostoli dice “Vi ho
chiamato amici, non servi”. Gesù entra a Gerusalemme e nella nostra vita come
un re amico, un Signore paterno e buono.
Proprio
questo però infastidisce molti. Quelli stessi che lo hanno acclamato re e hanno
cantato “Osanna” agitando rami di ulivo in segno di giubilo, ora sono infastiditi
da questa presenza troppo vicina, che pretende di invadere tante aree della
nostra vita privata, nella quale noi siamo gli unici signori assoluti. Gesù
pretende di parlare di cose che non lo riguardano, sulle quali sono io a
decidere, esige di insegnare a me che già la so lunga. Per questo tanti, ancora
con gli ulivi in mano cominciano a pensare come fare per farlo fuori, farlo
tacere per sempre.
Anche
noi tante volte facciamo lo stesso: ancora con gli ulivi in mano che
testimoniano che lo abbiamo accolto come un re, o messi in bella mostra nelle
nostre case, già pensiamo fra noi stessi di farlo tacere, di renderlo
inoffensivo e di farlo fuori dalla nostra vita. È la storia della passione: il
complotto dei servi che vogliono uccidere colui che si presenta loro come un re
e un Signore-amico, mite, buono e paterno, ma che parla e non accetta di farsi
richiudere in un palazzo lontano dalla vita.
E
allora con questa celebrazione festosa dell’ingresso di Gesù a Gerusalemme si
apre la Settimana chiamata “Santa”, perché ricorda gli eventi più importanti
della vita di Gesù e quelli che contengono tutto il messaggio della salvezza
dell’umanità: oggi il suo ingresso nella città santa di Gerusalemme, poi
l’ultima cena con i discepoli, il tradimento e il processo davanti a Pilato e
ai sommi sacerdoti, e infine il cammino della croce fino al Calvario. E’ un
tempo speciale e allo stesso tempo pieno di contraddizioni. Sì, mentre la vita
della città continua normale con i suoi ritmi abituali, noi invece siamo chiamati,
nei giorni che vengono, a rivivere proprio questi momenti importanti.
C’è
un contrasto e una lotta fra il Signore che, come dirà ai discepoli prima
dell’ultima cena, “Desidera ardentemente
di stare con noi” e noi che lo vogliamo far fuori dalla nostra vita
rivendicando con tenacia e strenuamente il nostro diritto a essere e a fare
come diciamo noi e a stracene per conto nostro.
È
il contrasto e la lotta fra il vangelo di Gesù che pretende di esercitare la sua Signoria sulla
nostra vita, cioè di contare e cambiare la vita, e la nostra resistenza sorda e
passiva a lasciarci raggiungere da lui. Noi spesso nascondiamo questa lotta,
mascherandola dietro lo scorrere banale delle nostre giornate piene di impegni
e di cose da fare. Ci mascondiamo dietro la domanda “che male c’è?” e non ci preoccupiamo di chiederci invece “che c’è di bene?” nella mia vita.
Questa
settimana santa viene proprio a spezzare la catena della banalità scontata che
ci tiene imprigionati e a suscitare la domanda cruciale ed essenziale: “che c’è
di bene nella mia vita? in cosa, in quale modo costruisco qualcosa di buono?
Dove e come allargo i confini del terreno su cui regna la giustizia, la pace
vera, il bene? Queste domande ce le pone
questa santa settimana di passione, morte e resurrezione di Gesù. Gli eventi di
cui facciamo la memoria viva in queste giornate sono come un sentiero che ci
guida a trovare le risposte giuste e vere a queste domande.
Questo settimana è allora una scuola che ci insegna a vivere come
discepoli di Gesù e non di noi stessi, per questo innanzitutto ci chiede di
fermarci, di lasciare il ritmo affannato e frettoloso con cui normalmente
viviamo, per fare nostro il passo del Signore, un passo lento e appesantito dal
peso della croce.
La
lettura della scrittura ci accompagna nelle tappe di questa settimana santa e
ci aiuta a prendere il passo di Gesù, a seguirlo, a non dimenticarlo. E
infatti, a ben vedere, in questi giorni noi non facciamo altro che ripetere i
gesti di Gesù. Come fecero davanti a lui, anche noi oggi abbiamo agitato le
palme per accoglierlo, e poi giovedì santo, attorno alla tavola della cena,
ripeteremo il gesto dello spezzare il pane e del mangiare il suo corpo e
sangue, poi ci laveremo i piedi come fece Gesù ai discepoli e infine ci
ritroveremo sotto la croce a contemplare la realtà sconvolgente della sua morte
e alla tomba vuota a ricevere l’annuncio dell’angelo di Dio della sua
resurrezione.
Sì,
come bambini vogliamo ripetere i gesti, diventare contemporanei dei fatti che
avvennero a Gerusalemme e riviverli con Gesù.
Ma
a che serve?, ci potremmo chiedere. Sono cose che appartengono al passato. A
che serve rivivere fatti così lontani?
In
realtà il discepolo si riconosce proprio da questo, dal fatto che non va dritto
per la sua strada, ma segue un altro e non lo dimentica, anche se è passato
tanto tempo. Isaia dice: “Il Signore Dio
mi ha dato una lingua da discepolo, perché io sappia indirizzare una parola
allo sfiduciato. Ogni mattina fa attento il mio orecchio perché io ascolti come
i discepoli.” E’ il fatto di essere discepoli a renderci capaci di porci le
domande vere e che hanno il potere di indirizzare la nostra vita in un cammino
che ha un senso, che ci permette di ascoltare e non essere sordi. Per questo
vale la pena esserci, ritornare a Gerusalemme, ogni anno, in compagnia della
scrittura, a rivivere i fatti della santa settimana di passione morte e
resurrezione del Signore Gesù. E’ quello che abbiamo cominciato a fare oggi, e
il ramo di ulivo che teniamo fra le mani lo testimonia, e attesta che noi
c’eravamo, abbiamo visto e ascoltato Gesù.
Pensiamo
in questi giorni al grande privilegio che abbiamo. A differenza di tanti, anche
in questa nostra città, noi non siamo lasciati a noi stessi. Abbiamo un maestro
buono da cui imparare, un Signore-amico da imitare. Quanta gente impazzisce
correndo dietro a se stessa, alle mode, alle smanie passeggere? Quanta gente si
riempie dell’orgoglio delle proprie capacità e rimane vuota dell’unica cosa che
vale, il voler bene? Ma noi invece siamo discepoli di colui che “pur essendo nella condizione di Dio, non
ritenne un privilegio l’essere come Dio, ma svuotò se stesso assumendo una
condizione di servo, diventando simile agli uomini.” In questi giorni
fissiamo il nostro sguardo su di lui e non su noi stessi, viviamo contemporanei
e partecipi di quegli avvenimenti e non solo dei nostri fatti privati.
Scopriremo che non è fuggendo e nascondendosi che ci si tiene al sicuro dal
male, come pensarono anche i discepoli, ma nel vivere assieme al Signore per
lasciarci trascinare dalla forza della sua umanità autentica e piena ad essere
testimoni della Resurrezione.
Preghiere
O Signore Gesù ti preghiamo di aiutarci in questi
giorni a seguirti fino a Gerusalemme per essere testimoni del tuo amore. Fa’
che non fuggiamo spaventati e distratti, presi da noi stessi e dai ritmi
abituali, ma come discepoli seguiamo te, nostro unico maestro buono.
Noi ti preghiamo
O Padre misericordioso apri il nostro cuore
all’ascolto della Scrittura. Fa che sappiamo farla scendere nel nostro cuore e
diventare contemporanei dei fatti che descrive, vicini a Gesù e testimoni del
suo amore senza fine.
Noi ti preghiamo
O Gesù che non hai considerato un privilegio l’essere
simile a Dio, ma ti sei fatto uomo come noi, fa’ che impariamo dalla tua umiltà
e sappiamo vivere come servi attenti ad ogni fratello e sorella.
Noi ti preghiamo
O Cristo che torni ad ammaestrarci perché non vuoi che
noi perdiamo la nostra vita su strade che non portano a niente, ìndicaci in
questi giorni della santa settimana come vivere un amore appassionato e fedele
come il tuo.
Noi ti preghiamo
Padre, perdona la nostra dimenticanza, non guadare
alla durezza del nostro cuore, non ti scandalizzare perché siamo distratti e
attenti solo a noi stessi. Aiutaci a concentrare la nostra attenzione su te
perché impariamo a vivere la passione per gli uomini.
Noi ti preghiamo
O Dio della pace, dona salvezza e consolazione a tutti
coloro che ne hanno bisogno. Ti preghiamo per i malati, per chi soffre, per chi
è solo e dimenticato. Fa’ che uniti alla tua passione trovino anche la vita
nuova della resurrezione.
Noi ti preghiamo.
Vogliamo ricordarti o Padre buono, tutti gli uomini
della terra che ancora non ti conoscono. Sii buono e svèlati anche a loro,
perché possano ricevere presto l’annuncio del Vangelo della Resurrezione.
Noi ti preghiamo
O
Dio ti ricordiamo tutti coloro che in questa settimana si raccoglieranno per
ascoltare il Vangelo della passione e per pregarti. In comunione con tutti i
cristiani del mondo invochiamo protezione per quelli che sono minacciati,
audacia per quelli che sono timidi, e per tutti la benedizione di una vita
santa.
Noi ti preghiamo
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