sabato 28 giugno 2025

Festa dei Santi Pietro e Paolo - Anno C - 29 giugno 2025

 



Dal libro degli Atti 12,1-11

In quel tempo il re Erode cominciò a perseguitare alcuni membri della Chiesa. Fece uccidere di spada Giacomo, fratello di Giovanni. Vedendo che ciò era gradito ai Giudei, fece arrestare anche Pietro. Erano quelli i giorni degli Azzimi. Lo fece catturare e lo gettò in carcere, consegnandolo in custodia a quattro picchetti di quattro soldati ciascuno, col proposito di farlo comparire davanti al popolo dopo la Pasqua. Mentre Pietro dunque era tenuto in carcere, dalla Chiesa saliva incessantemente a Dio una preghiera per lui. In quella notte, quando Erode stava per farlo comparire davanti al popolo, Pietro, piantonato da due soldati e legato con due catene, stava dormendo, mentre davanti alle porte le sentinelle custodivano il carcere. Ed ecco, gli si presentò un angelo del Signore e una luce sfolgorò nella cella. Egli toccò il fianco di Pietro, lo destò e disse: «Alzati, in fretta!». E le catene gli caddero dalle mani. L'angelo gli disse: «Mettiti la cintura e legati i sandali». E così fece. L'angelo disse: «Metti il mantello e seguimi!». Pietro uscì e prese a seguirlo, ma non si rendeva conto che era realtà ciò che stava succedendo per opera dell'angelo: credeva invece di avere una visione.

Essi oltrepassarono il primo posto di guardia e il secondo e arrivarono alla porta di ferro che conduce in città; la porta si aprì da sé davanti a loro. Uscirono, percorsero una strada e a un tratto l'angelo si allontanò da lui. Pietro allora, rientrato in sé, disse: «Ora so veramente che il Signore ha mandato il suo angelo e mi ha strappato dalla mano di Erode e da tutto ciò che il popolo dei Giudei si attendeva».

 

Dal Salmo 33 - Esultate, o giusti, nel Signore

Esultate, o giusti, nel Signore;

per gli uomini retti è bella la lode.

Lodate il Signore con la cetra,

con l'arpa a dieci corde a lui cantate.

 

Cantate al Signore un canto nuovo,

con arte suonate la cetra e acclamate,

perché retta è la parola del Signore

e fedele ogni sua opera.

 

Egli ama la giustizia e il diritto;

dell'amore del Signore è piena la terra.

Dalla parola del Signore furono fatti i cieli,

dal soffio della sua bocca ogni loro schiera.

 

Dalla seconda lettera di Timoteo 4,6-8.17-18

Fratelli, io sto già per essere versato in offerta ed è giunto il momento che io lasci questa vita. Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la corsa, ho conservato la fede. Ora mi resta soltanto la corona di giustizia che il Signore, il giudice giusto, mi consegnerà in quel giorno; non solo a me, ma anche a tutti coloro che hanno atteso con amore la sua manifestazione.

Il Signore però mi è stato vicino e mi ha dato forza, perché io potessi portare a compimento l'annuncio del Vangelo e tutte le genti lo ascoltassero: e così fui liberato dalla bocca del leone. Il Signore mi libererà da ogni male e mi porterà in salvo nei cieli, nel suo regno; a lui la gloria nei secoli dei secoli. Amen.

 

Alleluja alleluja alleluja

Tu sei il Cristo Signore,

Figlio del Dio vivente

Alleluja alleluja alleluja

 

Dal Vangelo secondo Matteo 16,13-19

Gesù, giunto nella regione di Cesarea di Filippo, domandò ai suoi discepoli: «La gente, chi dice che sia il Figlio dell'uomo?». Risposero: «Alcuni dicono Giovanni il Battista, altri Elia, altri Geremia o qualcuno dei profeti». Disse loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Rispose Simon Pietro: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente». E Gesù gli disse: «Beato sei tu, Simone, figlio di Giona, perché né carne né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli. E io a te dico: tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli: tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli».

 

Commento

Care sorelle e cari fratelli, oggi celebriamo una festa che ci pone davanti alle figure dei due apostoli che per primi e in modo significativo realizzarono il compito di evangelizzazione che Gesù aveva affidato ai dodici in vita: “Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato.” (Mt 28,19-20)

Le loro storie sono molto diverse. Uno era un povero pescatore, quasi illetterato, chiamato da Gesù stesso fra i suoi dodici amici più intimi. L’altro era un colto dottore della legge e fanatico persecutore dei primi seguaci di Gesù, egli non vide né ascoltò Gesù di persona, che gli apparve e lo chiamò e inviò come apostolo. Uno era e rimase un ebreo fedele alla legge e si rivolgeva solo agli ebrei per parlare del Vangelo, l’altro invece intuì ben presto che Gesù era venuto per tutti, ebrei e non ebrei, e, all’inizio, con scandalo degli altri apostoli, rivolse il suo annuncio anche ai pagani. L’uno rimase quasi sempre nell’ambito geografico della Palestina, l’altro invece intraprese lunghi viaggi in tutto il mondo allora conosciuto e toccò innumerevoli città fondando comunità cristiane in tutto il Mediterraneo.

Entrambi però trovarono il compimento della loro missione evangelizzatrice a Roma e qui morirono martiri e vi furono sepolti.

Nonostante queste grandi differenze vissero in profonda comunione, e Pietro, che era stato investito da Gesù stesso di una responsabilità particolare per tutti i cristiani, non ci mise molto a rendersi conto che l’evangelizzazione così “poco ortodossa” operata da Paolo era un segno benedetto da Dio dell’universalità della buona notizia di salvezza che il Signore aveva portato a tutti gli uomini.

La loro profonda diversità è un segno che comunicare il Vangelo, non è un compito solo per chi è in una certa condizione o ha certe doti personali, tutti possono farlo. L’unica cosa indispensabile è avere incontrato Gesù, il quale si è lasciato conoscere dai due apostoli in maniera così diversa! Possiamo dire che Dio ci incontra tutti personalmente e in modo diverso, conoscendoci e rispettando la nostra storia personale, anzi valorizzando ciò che di buono c’è in essa, e a tutti rivolge lo stesso invito: “Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli”

Nel racconto del Vangelo di Matteo ascoltato poco fa possiamo riconoscere il tratto specifico dell’annuncio degli apostoli. Gesù chiede a Pietro cosa pensa di sé la gente che lo ha conosciuto. La risposta fa emergere che per la maggioranza delle persone Gesù non è che la riedizione di qualcosa di vecchio, di già visto e conosciuto. È la tentazione vissuta in ogni generazione di ascoltare il Vangelo come qualcosa che non ha più molto da dire. Ma invece Pietro, sempre interrogato da Gesù, riesce a esprimere la novità assoluta del Vangelo ascoltato da Gesù: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente» cioè qualcuno che mai si era visto, qualcuno vivente, cioè non statico e conosciuto una volta per tutte, ma dinamico e sempre nuovo.

Care sorelle e cari fratelli, ricordando la testimonianza grande e profonda dei due apostoli Pietro e Paolo facciamoci oggi anche noi porre la domanda di Gesù su “chi egli sia per noi”. Come per loro fu un incontro che non si esaurì la prima volta, sia anche per noi una scoperta sempre nuova. Solo così saremo capaci di realizzare il mandato di Gesù e seguire il grande numero di quanti hanno obbedito all’invito di non lasciare morire il suo vangelo, ma di renderlo fecondo di sempre nuovi incontri.


 Preghiere


O Signore Gesù che hai incontrato gli apostoli Pietro e Paolo e li hai mandati ad annunciare il Vangelo a tutti gli uomini, fa’ che anche noi sappiamo riconoscerti presente nella nostra vita e diventiamo tuoi testimoni audaci.

Noi ti preghiamo

  

Suscita o Dio Padre nostro figli e figlie desiderosi di vivere e testimoniare il Vangelo a quanti oggi non ti conoscono. Rendi le loro vite capaci di cogliere e vivere la novità del Vangelo che propone a tutti un modo di vivere diverso.

Noi ti preghiamo


Ti invochiamo o Signore Gesù, manda la pace nei paesi in guerra. Ferma la strage di tanti innocenti e le sofferenze di quanti subiscono violenze. Fa’ che presto sorga il giorno della riconciliazione fra i nemici di oggi.

Noi ti preghiamo

 

Consola o Padre chi è nel dolore e soccorri chi invoca aiuto. Fa’ che nessuno sia lasciato solo a sopportare il peso della sofferenza e che la fraternità dei tuoi figli stringa una rete di solidarietà e amore con quanti sono nel bisogno.

 

Sostieni o Signore Gesù il nostro papa Leone nel compito di guidare il popolo dei credenti verso di te. Manda il tuo Spirito a rendere la sua vita una testimonianza vivente della gioia del Vangelo.

Noi ti preghiamo.

  

Fa’ o Padre buono che la famiglia dei tuoi discepoli sia unita nel tuo nome e capace di parlare di Te con le parole e i gesti.

Noi ti preghiamo

Festa del Corpo e Sangue di Cristo - Anno C - 21 giugno 2025

 


 

Dal libro della Genesi 14, 18-20

In quei giorni, Melchidesech, re di Salem, offrì pane e vino: era sacerdote del Dio altissimo e benedisse Abram con queste parole: «Sia benedetto Abram dal Dio altissimo, creatore del cielo e della terra, e benedetto sia il Dio altissimo, che ti ha messo in mano i tuoi nemici». E [Abramo] diede a lui la decima di tutto.  

 

Salmo 109 - Tu sei sacerdote per sempre, Cristo Signore.
Oracolo del Signore al mio signore:
«Siedi alla mia destra
finché io ponga i tuoi nemici
a sgabello dei tuoi piedi».
 
Lo scettro del tuo potere
stende il Signore da Sion:
domina in mezzo ai tuoi nemici!

A te il principato
nel giorno della tua potenza
tra santi splendori;
dal seno dell’aurora,
come rugiada, io ti ho generato.

Il Signore ha giurato e non si pente:
«Tu sei sacerdote per sempre
al modo di Melchidesech».

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi 11, 23-26

Fratelli, io ho ricevuto dal Signore quello che a mia volta vi ho trasmesso: il Signore Gesù, nella notte in cui veniva tradito, prese del pane e, dopo aver reso grazie, lo spezzò e disse: «Questo è il mio corpo, che è per voi; fate questo in memoria di me». Allo stesso modo, dopo aver cenato, prese anche il calice, dicendo: «Questo calice è la Nuova Alleanza nel mio sangue; fate questo, ogni volta che ne bevete, in memoria di me». Ogni volta infatti che mangiate questo pane e bevete al calice, voi annunciate la morte del Signore, finché egli venga.

 

Alleluia, alleluia alleluia.
Io sono il pane vivo disceso dal cielo, dice il Signore,
se uno mangia di questo pane vivrà in eterno.
Alleluia, alleluia alleluia.

Dal vangelo secondo Luca 9, 11b-17

In quel tempo, Gesù prese a parlare alle folle del regno di Dio e a guarire quanti avevano bisogno di cure. Il giorno cominciava a declinare e i Dodici gli si avvicinarono dicendo: «Congeda la folla perché vada nei villaggi e nelle campagne dei dintorni, per alloggiare e trovare cibo: qui siamo in una zona deserta». Gesù disse loro: «Voi stessi date loro da mangiare». Ma essi risposero: «Non abbiamo che cinque pani e due pesci, a meno che non andiamo noi a comprare viveri per tutta questa gente». C’erano infatti circa cinquemila uomini. Egli disse ai suoi discepoli: «Fateli sedere a gruppi di cinquanta circa». Fecero così e li fecero sedere tutti quanti. Egli prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò su di essi la benedizione, li spezzò e li dava ai discepoli perché li distribuissero alla folla. Tutti mangiarono a sazietà e furono portati via i pezzi loro avanzati: dodici ceste.

 

Commento

 

Cari fratelli e care sorelle, l’apostolo Paolo apre il suo racconto ai corinzi dell’ultima cena di Gesù assieme ai dodici con le parole: “io ho ricevuto dal Signore quello che a mia volta vi ho trasmesso.” Questa frase ci dice alcune cose molto importanti.

Innanzitutto che la partecipazione al banchetto eucaristico è un dono che riceviamo,  ed “essere venuti a Messa”, come si dice oggi, non è un merito da vantare, ma un dono di cui esser grati e che aumenta il nostro debito nei confronti di Dio.

Ma anche, questo è il secondo punto, è un debito che si accumula nei confronti degli altri uomini: “a mia volta vi ho trasmesso” dice Paolo. Il dono di Dio, qualunque esso sia, è veramente strano, ci rende debitori non solo nei suoi confronti, ma nei confronti degli altri.

Terzo, quello che sente Paolo nei confronti dei Corinzi è il debito non di un discorso, ma di qualcosa che risponda in modo concreto alla fame altrettanto concreta di coloro che ha di fronte.

Lo vediamo bene anche nel brano del vangelo di Luca. Gesù sa che la gente lo segue perché ha fame delle sue parole, ma poi lo nutre anche con il pane e il pesce. Le due cose non sono distinte né hanno per lui un’importanza diversa. Siamo noi e la nostra cultura di derivazione greca a distinguere e contrapporre ciò che è spirituale da ciò che è materiale, fisico. Il filosofo russo Berdjaev diceva: “Quella del pane per me è una questione materiale; ma la questione del pane per il mio prossimo, per gli uomini di tutto il mondo, è una questione spirituale e religiosa

Sono parole molto belle, perché ci dicono che il “materiale” veramente non conta se si tratta di accumulo di beni per me stesso, ma altrettanto ci dice che è invece cruciale per il nostro “spirito” se si tratta di occuparsi della mancanza di ciò che è necessario per vivere, di ciò che dà dignità alle persone, di ciò che riempie il vuoto di speranza, di prospettiva, di futuro di tanti. Allora sì che il “materiale”, chiamiamolo pane, o acqua potabile, o istruzione, o cure mediche, o qualsiasi altra cosa deve divenire un nostro problema spirituale, cioè che riguarda la profondità del nostro essere uomini creati da Dio a sua immagine.

È lo stesso che diceva Giovanni Crisostomo parlando a Costantinopoli nel IV secolo: “Vuoi onorare il corpo di Cristo? Non permettere che sia oggetto di disprezzo nelle sue membra cioè nei poveri, privi di panni per coprirsi. Non onorarlo qui in chiesa con stoffe di seta, mentre fuori lo trascuri quando soffre per il freddo e la nudità.”

Care sorelle e cari fratelli, ragionare con le categorie contrapposte dello “spirituale/materiale” impoverisce la nostra fede e il nostro essere chiesa. Se togliamo la parte materiale all’eucarestia cosa resta? Niente! Se rinchiudiamo il nostro “fare la comunione”, come si dice comunemente, in un ambito puramente individuale ed emozionale e devozionale lo rendiamo qualcosa di diverso da quello che Gesù ci ha voluto donare. Comunione vuol dire “unione profonda, amore perfetto” e come può esistere se elimino la presenza fisica dei fratelli e delle sorelle? Giovanni scrive nella sua prima lettera: “Chi infatti non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede.” (4,20)

Ed ecco allora che festeggiare come facciamo oggi il dono che Gesù ci ha fatto di un pane e un vino concreto che nutrono allo stesso tempo il corpo e lo spirito significa ricomprendere il profondo legame che unisce nella nostra fede la nostra umanità, resa perfetta nell’imitazione di Gesù, con la materialità di un voler bene che non può fare a meno del suo oggetto, cioè l’altro in carne e ossa.

Il racconto di Paolo ai Corinzi dell’ultima cena si conclude con un invito che ripetiamo anche noi ogni domenica: “fate questo, ogni volta che ne bevete, in memoria di me.” Forse non ci siamo mai soffermati su questo aspetto: l’Eucarestia che riceviamo in dono è accompagnata da un invito a “fare qualcosa.” Lo si vede bene nel racconto della moltiplicazione dei pani che abbiamo ascoltato dal Vangelo di Luca. Gesù chiede ai discepoli riluttanti di fare qualcosa essi stessi: dare da mangiare alla folla affamata. Essi non sono nemmeno sfiorati dall’idea che è una cosa di loro competenza, né tantomeno che possono riuscire a soddisfare un bisogno così grande, erano cinquemila uomini, più donne e bambini.

Gesù avrebbe potuto provvedere da sé e compiere il miracolo senza bisogno di intermediazione, eppure chiede ai discepoli di “fare qualcosa” anche loro. Gesù ha bisogno che i discepoli diano quel poco che hanno e che distribuiscano il molto nel quale Gesù lo ha trasformato perché ciascuno ne abbia “a sazietà”, e non solo un po’.

Lo stesso è chiesto a noi ogni domenica quando ripetiamo il gesto di Gesù di trasformare il pane e il vino nel suo corpo. Anche a noi è chiesto: “fate questo in memoria di me.” Facciamo anche noi lo stesso, cioè doniamo noi stessi, cioè non il superfluo o ciò che non ci serve più, ma l’essenziale, tutto e ricorderemo con questo gesto cosa vuol dire essere veri uomini e figli di Dio, come Gesù.

 

Preghiere 

 

O Signore Gesù che ci offri il tuo corpo e sangue perché nutra la nostra debolezza, aiutaci a seguire il tuo esempio e farci sostegno per tanti.

Noi ti preghiamo

  

Tu o Gesù ti sei commosso davanti alla folla affamata e hai moltiplicato il poco che possedevano i discepoli per sfamare tutti. Ti preghiamo, fa’ che le nostre povere forze siano moltiplicare dal tuo amore e siano utili a tutti.

Noi ti preghiamo

 

Come una grande unica famiglia tu ci riunisci, o Dio, sulla terra. Fa’ che non sentiamo nessuno estraneo o nemico, ma tutti siano amati e sostenuti da noi come fratelli e sorelle. 

Noi ti preghiamo

  

Ti invochiamo o Dio del cielo, proteggi e guarisci chi è malato e sofferente. Perché coloro che sono nel dolore abbiano le cure amorevoli e il conforto di cui hanno bisogno,

Noi ti preghiamo

 

Con insistenza o Padre misericordioso, invochiamo il tuo perdono, perché noi troppo spesso crediamo di poter fare a meno del nutrimento buono del tuo corpo e della tua parola.

Noi ti preghiamo

  

O Dio della pace, ti invochiamo, fa’ cessare ogni guerra che semina morte e dolore. Aiuta i popoli a vivere nella pace e nella concordia, come figli di un unico padre e fratelli della stessa famiglia. Libera chi è nel dolore, minacciato e prigioniero,

Noi ti preghiamo.

 

Proteggi O Dio tutti i tuoi discepoli ovunque dispersi. Fa’ che il tuo nome porti pace e vita piena in ogni luogo.

Noi ti preghiamo

  

Ti invochiamo o Signore Gesù per ciascuno di noi che partecipiamo al banchetto in cui ci offri tutto te stesso, corpo e sangue. Fa’ che anche noi sappiamo rendere la nostra vita ricca di buoni frutti.

Noi ti preghiamo

sabato 14 giugno 2025

Festa della SS.na Trinità - Anno C - 14 giugno 2025

 


Dal libro dei Proverbi 8, 22-31

Così parla la Sapienza di Dio: «Il Signore mi ha creato come inizio della sua attività, prima di ogni sua opera, all’origine. Dall’eternità sono stata formata, fin dal principio, dagli inizi della terra. Quando non esistevano gli abissi, io fui generata, quando ancora non vi erano le sorgenti cariche d’acqua; pri­ma che fossero fissate le basi dei monti, prima delle colline, io fui generata, quando ancora non aveva fatto la terra e i campi né le prime zolle del mondo. Quando egli fissava i cieli, io ero là; quando tracciava un cerchio sull’abisso, quando condensava le nubi in alto, quando fissava le sorgenti dell’abisso, quando stabiliva al mare i suoi limiti, così che le acque non ne oltrepassassero i confini, quando disponeva le fondamenta della terra, io ero con lui come artefice ed ero la sua delizia ogni giorno: giocavo davanti a lui in ogni istante, giocavo sul globo terrestre, ponendo le mie delizie tra i figli dell’uomo».


Salmo 8 - O Dio, mirabile è il tuo nome su tutta la terra!

Quando vedo i tuoi cieli, opera delle tue dita,
la luna e le stelle che tu hai fissato,
che cosa è mai l’uomo perché di lui ti ricordi,
il figlio dell’uomo, perché te ne curi?

Davvero l’hai fatto poco meno di un dio,
di gloria e di onore lo hai coronato.
Gli hai dato potere sulle opere delle tue mani,
tutto hai posto sotto i suoi piedi.

Tutte le greggi e gli armenti
e anche le bestie della campagna,
gli uccelli del cielo e i pesci del mare,
ogni essere che percorre le vie dei mari.

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani Rm 5, 1-5

Fratelli, giustificati per fede, noi siamo in pace con Dio per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo. Per mezzo di lui abbiamo anche, mediante la fede, l’accesso a que­sta grazia nella quale ci troviamo e ci vantiamo, saldi nella speranza della gloria di Dio. E non solo: ci vantiamo anche nelle tribolazioni, sapendo che la tribolazione produce pazienza, la pazienza una virtù provata e la virtù provata la speranza. La speranza poi non delude, perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato.  

 

Alleluia, alleluia alleluia.
Gloria al Padre, al Figlio, allo Spirito Santo:
a Dio che è, che era e che viene.
Alleluia, alleluia alleluia.

 

Dal vangelo secondo Giovanni 16, 12-15

In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: «Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso. Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità, perché non parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annuncerà le cose future. Egli mi glorificherà, perché prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà. Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà».

 

Commento

 

Cari fratelli e care sorelle, siamo ad una settimana dal giorno in cui abbiamo celebrato la discesa dello Spirito Santo sugli apostoli a Pentecoste. Anche noi ne siamo stati inondati, e possiamo dire che un tempo di grazia si è aperto, benedetto dal dono dello Spirito che è l’amore di Dio. È un dono di cui c’è un grande bisogno specialmente a causa delle guerre che non accennano a finire, anzi si intensificano e ampliano.

Ed oggi ricordiamo lo Spirito assieme al Padre e al Figlio contemplando la realtà del nostro unico Dio in tre persone distinte. Il Dio dei cristiani lo sappiamo, non è un’unica persona, ma tre diverse, con caratteristiche diverse, storia diversa, tanto che addirittura una di esse, il Figlio, ha condiviso la vita degli uomini e dopo la sua incarnazione vive con il Padre e lo Spirito assieme al suo corpo terreno.

La Trinità, cari fratelli e sorelle non si spiega, lo sappiamo, va accolta come una realtà che supera il limite della nostra comprensione, ma tuttavia ci dice alcune cose importantissime su chi è il nostro Dio.

Innanzitutto ci dice che egli non si manifesta a noi col volto del monarca assoluto, una sorta di “imperatore” dell’universo. Egli infatti ha bisogno dell’”altro” perché è innanzitutto colui che ama, e senza l’altro è impossibile amare.

Il Dio della Trinità dunque ci appare come colui che non può esistere senza l’atro. È questa la sua caratteristica essenziale: essere con l’altro e vivere per l’altro. Per questo le persone della trinità sono tre: diverse ma insieme, unite da un vincolo di amore così grande da renderle un unico Dio. La trinità non è tanto un difficile concetto, come una formula matematica, ma piuttosto è una realtà di amore vero, un’esperienza di vera unità, basata non sulla forza che si esercita con il potere di dominio sugli altri, ma col voler bene autentico, a tutti e sempre.

Poi, il secondo elemento, l’amore che unisce le tre persone della Trinità è di un tipo speciale. Esso cioè non si esaurisce all’interno della loro realtà, ma è un voler bene che possiamo dire straborda, come una piscina troppo piena, e si riversa attorno coinvolgendo tutti: gli uomini, gli animali, il creato tutto. Quanto è diverso dall’amore umano che spesso si manifesta possessivo ed esclusivo, come se voler bene ad altri diminuisse il bene fra noi. La Trinità ci dice il contrario: non è amore vero quello che si chiude all’altro, non c’è chi viene “prima” e chi “dopo”, ma c’è un orizzonte che si allarga fino a coinvolgere il più possibile tutti. E il primo segno di questo amore che straripa è proprio la creazione, come ci rappresenta bene la prima lettura di oggi dal libro dei Proverbi.

Dio si diverte, gioca con una creazione che via via assume la complessità del mondo: “ero la sua delizia ogni giorno: giocavo davanti a lui in ogni istante, giocavo sul globo terrestre, ponendo le mie delizie tra i figli dell’uomo.” La Sapienza di Dio, quella sua ricerca del bene sempre e comunque per tutti, ha un aspetto giocoso, felice, gioisce della bellezza e bontà di quanto man mano inizia ad essere, mostrando anche qual è il destino per il quale Dio ha concepito e fortemente desiderato il creato tutto intero, cioè la felicità di tutti.

La realtà della guerra ci appare come l’esatto contrario. Essa distrugge, crea dolore, diffonde odio e contrapposizione. È l’opposto dell’armonia giocosa con la quale il creato è messo su, mattone su mattone.

La Trinità per sua natura costruisce ponti di collegamento fra mondi e persone che il male vuole definitivamente isolati, e per costruirli usa la sapienza dell’amore e non ha bisogno di altre conoscenze e abilità. Chi invece abbatte i ponti ed esalta l’isolamento è stolto perché si imprigiona nell’io che porta alla follia.

La guerra si fonda sulla cultura del nemico che mira ad annientare fisicamente l’altro e ad affermare il proprio dominio. Essa considera il nemico un oggetto da eliminare, ed anche fra alleati si è uniti solo se serve agli scopi di dominio. Davanti alla guerra noi comprendiamo bene come sia manifestazione di una stoltezza infinita: essa prepara non solo un presente di morte ma lascia un’eredità di distruzione e odio alle generazioni future. È la follia totale, negazione della sapienza e negazione di Dio che è amore.

Noi uomini siamo stati creati ad immagine della Trinità e non possiamo vivere per questo senza l’altro: Dio dopo aver creato Adamo disse “Non è buono che l’uomo sia solo” (Gen 2,18). Eppure, sembra che l’impegno più grande degli uomini sia proprio affermare il contrario, senza rendersi conto della pericolosità di una tale stoltezza.

L’apostolo Paolo ci ha ricordato oggi che: “l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato”. Sì a Pentecoste abbiamo sperimentato che l’uomo può vivere l’amore vero, cioè quello gratuitamente rivolto all’altro. Ce ne danno esempio gli apostoli che appena ricevuto lo Spirito si riversano sulla strada per annunciare il Vangelo, il gesto di amore più grande che ci sia. Chiediamoci dunque: cosa abbiamo fatto di questo dono?

Sì, perché, fratelli e sorelle, ogni gesto che esclude e allontana un fratello o una sorella, lo mette da parte perché antipatico, nemico o semplicemente estraneo è una bestemmia contro lo Spirito Santo e un rafforzamento del potere del male sul mondo.

Lasciamo agire lo Spirito in noi: “Quando però verrà lo Spirito di verità, egli vi guiderà alla verità tutta intera” dice Gesù nel vangelo di Giovanni, accogliamo dunque lo Spirito di amore che ci viene dal Vangelo ed egli, con naturalezza ci guiderà alla verità tutta intera che è la vera sapienza dell’amore di Dio Trinità.


Preghiere 

 

O Signore Gesù che sei unito al Padre e allo Spirito col vincolo santo di un amore che non finisce, insegnaci a voler bene come te e a non poter fare a meno del fratello e della sorella che ci metti accanto,

Noi ti preghiamo

  

O Padre del cielo, re di misericordia, tu che hai così amato il Figlio da resuscitarlo alla vita, aiutaci ad amare la vita di chi è più debole come la nostra stessa,

Noi ti preghiamo

 

O Spirito di amore che unisci il Padre e il Figlio come un’unica persona, vieni in noi e fa’ che sappiamo essere uniti ai nostri fratelli e sorelle da sentimenti di solidarietà e comunione,

Noi ti preghiamo

  

Ad una settimana dalla festa di Pentecoste, ti invochiamo ancora con forza: o Spirito Santo che sei Dio, scendi su di noi e rendici discepoli del vangelo e suoi audaci annunciatori,

Noi ti preghiamo

 

Ti preghiamo o Santa Trinità, veglia con amore su questo mondo, ancora troppo pervaso dalla stoltezza della divisione: fa’ cessare le guerre che dividono l’umanità, fa’ che prevalga in ogni situazione la sapienza dell’amore che porta pace e concordia,

Noi ti preghiamo

  

T’invochiamo con insistenza o Signore della pace, perché cessi la violenza in ogni paese insanguinato da odi fratricidi.

Noi ti preghiamo.

  

Per tutti noi ti invochiamo o Signore, perché non viviamo nei nostri cuori la stoltezza che è lo spirito di divisione che ci allontana dagli altri, ma vinciamo ogni tentazione del maligno restando uniti a te ed ai fratelli,

Noi ti preghiamo

 

Ti preghiamo o Signore Gesù dona al papa Leone la misericordia e la bontà che tu stesso hai vissuto, perché ovunque sia maestro di mitezza e operatore di pace.

Noi ti preghiamo

 

 

 

 

sabato 7 giugno 2025

Festa di Pentecoste - Anno C - 8 giugno 2025

 


Dagli atti degli apostoli 2, 1-11

Mentre stava compiendosi il giorno della Pentecoste, si trovavano tutti insieme nello stesso luogo. Venne all’improvviso dal cielo un fragore, quasi un vento che si abbatte impetuoso, e riempì tutta la casa dove stavano. Apparvero loro lingue come di fuoco, che si dividevano, e si posarono su ciascuno di loro, e tutti furono colmati di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue, nel modo in cui lo Spirito dava loro il potere di esprimersi. Abitavano allora a Gerusalemme Giudei osservanti, di ogni nazione che è sotto il cielo. A quel rumore, la folla si radunò e rimase turbata, perché ciascuno li udiva parlare nella propria lingua. Erano stupiti e, fuori di sé per la meraviglia, dicevano: «Tutti costoro che parlano non sono forse Galilei? E come mai ciascuno di noi sente parlare nella propria lingua nativa? Siamo Parti, Medi, Elamiti; abitanti della Mesopotamia, della Giudea e della Cappadocia, del Ponto e dell’Asia, della Frigia e della Panfilia, dell’Egitto e delle parti della Libia vicino a Cirene, Romani qui residenti, Giudei e proseliti, Cretesi e Arabi, e li udiamo parlare nelle nostre lingue delle grandi opere di Dio».

 

Salmo 103 - Manda il tuo Spirito, Signore, a rinnovare la terra.
Benedici il Signore, anima mia! +
Sei tanto grande, Signore, mio Dio!
Quante sono le tue opere, Signore!
Le hai fatte tutte con saggezza;
la terra è piena delle tue creature.

Togli loro il respiro: muoiono,
e ritornano nella loro polvere.
Mandi il tuo spirito, sono creati,
e rinnovi la faccia della terra.

Sia per sempre la gloria del Signore;
gioisca il Signore delle sue opere.
A lui sia gradito il mio canto,
io gioirò nel Signore.

 

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani 8, 8-17

Fratelli, quelli che si lasciano dominare dalla carne non possono piacere a Dio. Voi però non siete sotto il dominio della carne, ma dello Spirito, dal momento che lo Spirito di Dio abita in voi. Se qualcuno non ha lo Spirito di Cristo, non gli appartiene. Ora, se Cristo è in voi, il vostro corpo è morto per il peccato, ma lo Spirito è vita per la giustizia. E se lo Spirito di Dio, che ha risuscitato Gesù dai morti, abita in voi, colui che ha risuscitato Cristo dai morti darà la vita anche ai vostri corpi mortali per mezzo del suo Spirito che abita in voi. Così dunque, fratelli, noi siamo debitori non verso la carne, per vivere secondo i desideri carnali, perché, se vivete secondo la carne, morirete. Se, invece, mediante lo Spirito fate morire le opere del corpo, vivrete. Infatti tutti quelli che sono guidati dallo Spirito di Dio, questi sono figli di Dio. E voi non avete ricevuto uno spirito da schiavi per ricadere nella paura, ma avete ricevuto lo Spirito che rende figli adottivi, per mezzo del quale gridiamo: «Abbà! Padre!». Lo Spirito stesso, insieme al nostro spirito, attesta che siamo figli di Dio. E se siamo figli, siamo anche eredi: eredi di Dio, coeredi di Cristo, se davvero prendiamo parte alle sue sofferenze per partecipare anche alla sua gloria.

 

Alleluia, alleluia alleluia.
Vieni, Santo Spirito, riempi i cuori dei tuoi fedeli
e accendi in essi il fuoco del tuo amore.
Alleluia, alleluia alleluia.

Dal vangelo secondo Giovanni 14, 15-16. 23-26

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Se mi amate, osserverete i miei comandamenti; e io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paraclito perché rimanga con voi per sempre. Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. Chi non mi ama non osserva le mie parole; e la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato. Vi ho detto queste cose mentre sono ancora presso di voi. Ma il Paraclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto».

 

Commento

 

Cari fratelli e care sorelle, domenica scorsa abbiamo celebrato la festa dell’Ascensione che ricorda la partenza di Gesù dalla terra. I discepoli si ritrovavano senza l’Amico, il Maestro, il Signore della loro vita, ma Gesù aveva promesso loro che la sua presenza sarebbe rimasta con loro per sempre, anche se in modo diverso: “io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paraclito perché rimanga con voi per sempre”.

Oggi festeggiamo la Pentecoste, cioè quel giorno in cui questa promessa si realizzò e lo Spirito Santo discese e rimase con i discepoli riuniti rendendo il Signore Gesù per sempre vicino a ciascun uomo e donna.

Nel brano della lettera ai Romani che abbiamo ascoltato Paolo parla di due realtà distinte e diametralmente opposte: la realtà spirituale e quella carnale. L’Apostolo usa un linguaggio che può suonare estraneo alla nostra sensibilità, un po’ arcaico. E in effetti la cultura cristiana delle origini, imbevuta di quella greco-classica, considerava la realtà umana divisa in questi due principi opposti e lo sviluppo dell’uno avveniva a discapito dell’altro, come due realtà inconciliabili e nemiche l’una dell’altra.

In realtà la vita dell’uomo è composta di entrambe le due dimensioni, spirituale e fisica, che devono trovare armonia e simbiosi, perché l’una ha bisogno dell’altra per un sano sviluppo e per l’esercizio veramente libero della volontà e dell’azione.

Ma allora qual è il significato della contrapposizione che fa San Paolo?

Egli usa la parola “carne” proprio per indicare le funzioni vitali di base: il respiro, il bisogno di cibo e acqua, il sonno, la vista, l’udito, ecc… Esse cioè sono le funzioni che servono a garantire la sussistenza e lo sviluppo fisico umano individuale. Il loro scopo cioè è il benessere mio, tuo, suo, del tutto sganciato da quello degli altri esseri umani. La fame, ad esempio, è l’istinto a fornire al corpo l’energia sufficiente a stare bene, e così tutti gli altri istinti. Tutto quello che interessa loro è il mio personale benessere, non importa come è la situazione del mio vicino, i suoi bisogni, le sue reazioni. Il mio corpo cioè non sente la fame, il freddo, il dolore o il benessere degli altri, ma solo il proprio, non ne ha gli strumenti.

È chiaro che se una persona segue solo la legge dei propri bisogni si instaura una situazione di egoismo individuale o collettivo, che in modo spietato fa prevalere il proprio interesse su tutto e tutti, come una suprema legge naturale.

Ma la natura, ci ricorda oggi Paolo, non è per fortuna fatta solo dal corpo. L’uomo è stato creato da Dio anche con una capacità spirituale che è proprio quella di superare il confine della nostra epidermide e sentire anche con gli occhi, lo stomaco, la mente degli altri, cioè provare pietà per il dolore altrui, interesse per il bisogno dell’altro, simpatia e partecipazione per le vicende di chi non dovrebbero riguardarmi secondo la legge di natura.

Perché dovrei provare fame se ho cibo in abbondanza? Freddo se ho da coprirmi e riscaldarmi? Soffrire se non sono io ad essere malato o ferito o colpito da una disgrazia, come ad esempio la guerra?

Questa capacità di sentire ciò che sente l’altro, vicino o lontano che sia, come se fossi io stesso non ci viene dunque dalla “carne” di cui parla Paolo, ma dallo Spirito di Dio che proclama come nostra salvezza, cioè da quella forma spirituale che Dio ci ha impresso a somiglianza di sé al momento della nostra creazione, un qualcosa che non hanno gli altri esseri viventi.

Ecco allora che sì, c’è una lotta, tra l’istinto a pensare a soddisfare i propri bisogni, a preoccuparsi del proprio individuale benessere, e il dono spirituale di cercare il bene comune, di preoccuparsi se anche soffre un solo essere umano diverso da me.

È lo Spirito che ha guidato la vita intera di Gesù che ha sempre manifestato una spiccata capacità di comprendere e farsi toccare dal bisogno di chi aveva difronte, è lo Spirito che gli ha fatto scegliere per il bene di tutti a discapito di quello che a tutti sembrava naturale fosse il suo interesse personale. Quando lo esortano a “salvare se stesso” scendendo dalla croce proclamano la legge dell’istinto naturale di autoconservazione, perché non hanno lo Spirito che fa sentire che a poco vale conservare la propria esistenza carnale se si rinuncia a quella spirituale che ci rende veramente umani.

Infatti il segreto che gli apostoli all’improvviso apprendono, dopo aver ricevuto con abbondanza lo Spirito a Pentecoste, è che la loro vita ha un valore più grande se spesa alla ricerca di un bene più ampio della propria individuale conservazione.

Vincono la paura e si gettano nella mischia, comunicano a tutti la loro scoperta sensazionale, che c’è una vita spirituale che rende veramente umani e ridona la pienezza ad esistenze che altrimenti sono schiave e prigioniere della carne, cioè di quell’istinto di autoconservazione che non conosce amore, misericordia, umanità.

Eppure oggi si sente proclamare con naturalezza e orgoglio “prima me stesso” declinato nei nazionalismi, nei razzismi, nel riarmo scellerato e folle. Si proclama il desiderio di potenza, cioè di “tornare grandi”, intendendo con questa parola “temibili, superiori, pronti a fare il proprio interesse anche a discapito degli altri, insensibili ai bisogni altrui avvertiti come una minaccia al proprio potere”.

Care sorelle e cari fratelli, questo è il clima che respiriamo. La carnalità che vogliono imporci non riguarda tanto la sfera sessuale, come spesso si pensa, ma la legge della carne è quella che fa guardare all’altro con diffidenza od ostilità, che fa imbracciare il fucile per eliminarlo fisicamente, che non fa “sentire” con la pelle, con lo stomaco, con la mente, con il cuore degli altri.

Diveniamo esseri spirituali e il mondo sarà migliore, invochiamo il dono dello Spirito santo che ci trasforma da animali che si autoconservano e si impongono sugli altri ad esseri umani che amano, rispettano, sentono fratello e sorella ogni altro essere vivente.


Preghiere


 O Signore Gesù che sei asceso al cielo promettendoci che lo Spirito Santo avrebbe riempito le nostre vite, donaci di essere sempre vicini ai fratelli e alle sorelle per accoglierlo con gioia,

Noi ti preghiamo

  

O Dio, manda dal cielo il tuo Spirito a rendere le nostre vite piene del tuo amore e docili al Vangelo, capaci di sentire ciascuno vicino, fratello, amico.

Noi ti preghiamo

 

Ti invochiamo o Spirito Santo, donaci il desiderio di imparare da te ad essere umani attraverso la profondità della Parola di Dio ,

Noi ti preghiamo

  

Apri il nostro cuore, o Spirito di Dio, alla voce della Scrittura, perché la ricordiamo e la conserviamo dentro di noi. Fa’ che sulla tua Parola spendiamo forze ed energie per il bene di tutti,

Noi ti preghiamo

 

Ti invochiamo o Dio, manda il tuo Spirito di pace e concordia dove oggi regna l’odio e la violenza. Per l’Ucraina, la Palestina e tutti i Paesi preda della guerra e del terrorismo, perché cessi ogni violenza,

Noi ti preghiamo

  

Perdona o Dio la durezza dei nostri cuori che ci chiudono al soffio dello Spirito. Perché nuovi sentimenti di pietà e tenerezza suscitino in noi un tempo di generosità con chi è nel bisogno,

Noi ti preghiamo.

 

Per tutti quelli che ancora non conoscono il Signore e non hanno udito l’annuncio del Vangelo. Perché attraverso la testimonianza e le parole dei fratelli lo Spirito Santo possa indirizzare i loro passi verso di te,

Noi ti preghiamo

  

Ti preghiamo o Dio per il papa Leone. Riempilo del tuo Spirito perché guidi la comunità dei tuoi discepoli alla pienezza dell’incontro con te nell’umiltà e nella mitezza,

Noi ti preghiamo

 

Festa dell'Ascensione - Anno C - 1 giugno 2025

 


Dal libro degli Atti 1,1-11

Nel mio primo libro ho già trattato, o Teofilo, di tutto quello che Gesù fece e insegnò dal principio fino al giorno in cui, dopo aver dato istruzioni agli apostoli che si era scelti nello Spirito Santo, egli fu assunto in cielo. Egli si mostrò ad essi vivo, dopo la sua passione, con molte prove, apparendo loro per quaranta giorni e parlando del regno di Dio. Mentre si trovava a tavola con essi, ordinò loro di non allontanarsi da Gerusalemme, ma di attendere che si adempisse la promessa del Padre “quella, disse, che voi avete udito da me: Giovanni ha battezzato con acqua, voi invece sarete battezzati in Spirito Santo, fra non molti giorni”. Così venutisi a trovare insieme gli domandarono: “Signore, è questo il tempo in cui ricostituirai il regno di Israele?”. Ma egli rispose: “Non spetta a voi conoscere i tempi e i momenti che il Padre ha riservato alla sua scelta, ma avrete forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi e mi sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino agli estremi confini della terra”. Detto questo, fu elevato in alto sotto i loro occhi e una nube lo sottrasse al loro sguardo. E poiché essi stavano fissando il cielo mentre egli se n’andava, ecco due uomini in bianche vesti si presentarono a loro e dissero: “Uomini di Galilea, perché state a guardare il cielo? Questo Gesù, che è stato di tra voi assunto fino al cielo, tornerà un giorno allo stesso modo in cui l’avete visto andare in cielo”.

 

Salmo 46 - Ascende il Signore tra canti di gioia.
Popoli tutti, battete le mani! 
Acclamate Dio con grida di gioia,
perché terribile è il Signore, l’Altissimo,
grande re su tutta la terra.

Ascende Dio tra le acclamazioni,
il Signore al suono di tromba.
Cantate inni a Dio, cantate inni,
cantate inni al nostro re, cantate inni.

Perché Dio è re di tutta la terra,
cantate inni con arte.
Dio regna sulle genti,
Dio siede sul suo trono santo. 

 

Dalla lettera agli Ebrei 9,24-28; 10,19-23

Cristo infatti non è entrato in un santuario fatto da mani d’uomo, figura di quello vero, ma nel cielo stesso, per comparire ora al cospetto di Dio in nostro favore, e non per offrire se stesso più volte, come il sommo sacerdote che entra nel santuario ogni anno con sangue altrui. In questo caso, infatti, avrebbe dovuto soffrire più volte dalla fondazione del mondo. Ora invece una volta sola, alla pienezza dei tempi, è apparso per annullare il peccato mediante il sacrificio di se stesso. E come è stabilito per gli uomini che muoiano una sola volta, dopo di che viene il giudizio, così Cristo, dopo essersi offerto una volta per tutte allo scopo di togliere i peccati di molti, apparirà una seconda volta, senza alcuna relazione col peccato, a coloro che l’aspettano per la loro salvezza. Avendo dunque, fratelli, piena libertà di entrare nel santuario per mezzo del sangue di Gesù, per questa via nuova e vivente che egli ha inaugurato per noi attraverso il velo, cioè la sua carne; avendo noi un sacerdote grande sopra la casa di Dio, accostiamoci con cuore sincero nella pienezza della fede, con i cuori purificati da ogni cattiva coscienza e il corpo lavato con acqua pura. Manteniamo senza vacillare la professione della nostra speranza, perché è fedele colui che ha promesso.

 

Alleluia, alleluia alleluia.
Andate e fate discepoli tutti i popoli, dice il Signore. 
Ecco, io sono con voi tutti i giorni, 
fino alla fine del mondo. 
Alleluia, alleluia alleluia.

Dal vangelo di Luca 24,46-53

“Così sta scritto: il Cristo dovrà patire e risuscitare dai morti il terzo giorno e nel suo nome saranno predicati a tutte le genti la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. Di questo voi siete testimoni. E io manderò su di voi quello che il Padre mio ha promesso; ma voi restate in città, finché non siate rivestiti di potenza dall’alto”. Poi li condusse fuori verso Betania e, alzate le mani, li benedisse. Mentre li benediceva, si staccò da loro e fu portato verso il cielo. Ed essi, dopo averlo adorato, tornarono a Gerusalemme con grande gioia; e stavano sempre nel tempio lodando Dio.

 

 

Commento

 

Cari fratelli e care sorelle, oggi festeggiamo l’Ascensione del Signore. È una festa che possiamo paragonare ad un Natale al contrario.

Nella Natività è Dio che “nasce sulla terra” e prende il nostro corpo, oggi è l’uomo che “nasce in cielo”, cioè un corpo come il nostro sale in cielo e rimane in Dio per sempre. Gesù non lo ha abbandonato sulla terra, come una cosa inutile e superata, ma ha portato con sé per sempre il vissuto di quel corpo che ha trascorso più di trent’anni fra gli uomini. Ha portato con sé i segni dei chiodi, ma anche i piedi lavati dalle lacrime della Maddalena, e dalle tante lacrime versate in ogni tempo. Le mani che hanno toccato e guarito tanti, gli occhi che hanno visto le folle disorientate e confuse, le orecchie che hanno udito le grida degli indemoniati placarsi nella pace del suo amore. Il cuore che ha battuto accanto a quello di tanti feriti dalla vita, dolenti, spaventati, induriti e che ha gioito assieme agli apostoli per i segni prodigiosi del Regno che si inaugurava sulla terra davanti a loro. Oggi tutto ciò è con lui, indissolubilmente legato alla vita stessa di Dio.

Niente va perduto di ciò che viviamo, viene a dirci questa festa di oggi, ma resta con Gesù, ancorato nel suo corpo e trascinato in cielo con lui dalla forza della sua resurrezione. Niente della nostra vita è inutile, superfluo, da sprecare, disprezzabile, perché Gesù lo assume in cielo dove il suo corpo continua a condividere con noi la vita del mondo.

Abbiamo udito come gli apostoli negli ultimi minuti in cui stavano fisicamente con Gesù, a tavola, poco prima che ascendesse al cielo, avendo intuito che si stava compiendo il tempo della sua permanenza con loro, gli chiedono se dunque era giunto il momento in cui si sarebbe realizzato il suo piano per il mondo, che essi riassumono nella domanda: «Signore, è questo il tempo nel quale ricostituirai il regno per Israele?». Essi manifestano così tutta la loro miopia. Nelle loro aspettative la missione di Gesù si sarebbe dovuta esaurire nella restaurazione dell’indipendenza politica e sociale del Regno di Israele, di un tempo di splendore e prosperità conosciuto un giorno dai loro padri. Cioè non riescono a immaginare niente di più di ciò che è già esistito nel passato.

In fondo è quello che succede spesso a tutti i discepoli del Signore, i quali non riescono a immaginare e desiderare per il proprio futuro e per quello del mondo niente di più e di meglio di ciò che è già stato, magari mitizzando alcuni momenti e situazioni che nella nostra memoria assumono il valore del massimo desiderabile.

Gesù a tutto ciò risponde indicando loro una prospettiva del tutto nuova. Innanzitutto non sarà lui a realizzare il compimento del tempo nuovo che è venuto a inaugurare, senza l’attiva partecipazione dei suoi discepoli. Egli dice: “riceverete la forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi, e di me sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino ai confini della terra”, cioè non mancherà il suo aiuto e la sua forza, lo Spirito, ma poi ciò che cambierà il mondo sarà la loro capacità di vivere il Vangelo (“di me sarete testimoni”) e l’ampiezza degli orizzonti che accetteranno di fare entrare nella loro vita personale: “fino ai confini della terra.”

Ecco dunque il senso di questa festa: essa non rimarca la fine di un tempo, quello della presenza terrena di Gesù fra di noi, ma l’inizio di una missione vasta di quanti vorranno fare propria la forza trasformatrice del suo voler bene, quello Spirito che a Pentecoste celebreremo con forza, e il suo orizzonte.

Gesù con queste ultime parole pronunciate in terra non solo dunque affida agli uomini tutto il potere di realizzare il suo Regno, ma indica loro un modo diverso per immaginare il futuro del mondo. Quella immaginazione creativa che le parole del Signore ci ripropongono oggi come una vocazione personale di ciascun discepolo. Tutto ciò avviene grazie al dono dello Spirito che a Pentecoste, domenica prossima, celebreremo, ma che ogni giorno il Signore dona a quanti lo desiderano e lo invocano. Facciamo dunque nostra questa dimensione larga e profonda di essere non più realizzatori del piccolo nostro presente, al massimo copia di un passato felice, ma di sognare e inventare un futuro migliore che con la forza dello Spirito, potremo realizzare sulla terra modificandone radicalmente la storia.

 


Preghiere 

 

O Signore Gesù ti invochiamo: resta con noi, affinché il tuo amore ci unisca in un unico corpo, fratelli e sorelle figli di un unico Padre,

Noi ti preghiamo

  

Ti preghiamo o Dio perché non risparmiamo di vivere con tutto noi stessi l’impegno per realizzare il tuo regno di pace e giustizia. Fa’ che animati dalla forza del tuo Spirito ampliamo l’orizzonte del nostro cuore fino ai confini larghi dell’intera famiglia umana,

Noi ti preghiamo

 

Ti preghiamo o Signore per le famiglie, che il tuo Spirito le illumini e scaldi i cuori, perché tu sia sempre compagno e guida della loro vita rendendole luogo di accoglienza di chi è più debole e di comunione con te,

Noi ti preghiamo

  

Fa’ o Signore che ti riconosciamo ogni giorno vivo e presente nel mondo, dove il tuo nome è amato e invocato, dove l’amore dei fratelli li unisce e il tuo aiuto è concesso con abbondanza,

Noi ti preghiamo

 

Ti invochiamo o Dio, fa’ che presto tutti gli uomini ascoltino l’annuncio del Vangelo, perché nessuno sia escluso dalla possibilità di conoscerti e amarti,

Noi ti preghiamo

  

Sostieni, o Padre buono, tutti coloro che sono in difficoltà: i malati, i sofferenti, i prigionieri, chi è solo, senza casa e sostegno, chi è in guerra. Fa’ che il tuo aiuto li raggiunga presto,

Noi ti preghiamo.

 

Ti preghiamo o Dio, fa’ cessare la violenza che uccide e semina terrore. Ti preghiamo per le vittime delle guerre e del terrorismo, per i loro cari, per chi è vinto dal dolore. Donaci o Dio la tua pace, perché ovunque torni a regnare presto umanità e concordia

Noi ti preghiamo

  

O Signore nostro Dio, sostieni e proteggi il nostro papa Leone perché il suo impegno ad annunciare e testimoniare il Vangelo porti un nuovo spirito di solidarietà e accoglienza in Europa e nel mondo intero,

Noi ti preghiamo