martedì 6 marzo 2012

Preghiera nel tempo di Quaresima


Baruc 2, 11-32

Ora, Signore, Dio d'Israele, che hai fatto uscire il tuo popolo dall'Egitto con mano forte, con segni e prodigi, con grande potenza e braccio possente e ti sei fatto un nome, qual è oggi, noi abbiamo peccato, siamo stati empi, siamo stati ingiusti, Signore, nostro Dio, verso tutti i tuoi comandamenti. Allontana da noi la tua collera, perché siamo rimasti pochi in mezzo alle nazioni fra le quali tu ci hai dispersi. Ascolta, Signore, la nostra preghiera, la nostra supplica, liberaci per il tuo amore e facci trovare grazia davanti a coloro che ci hanno deportati, perché tutta la terra sappia che tu sei il Signore, nostro Dio, e che il tuo nome è stato invocato su Israele e sulla sua stirpe. Apri, Signore, i tuoi occhi e guarda: perché non i morti che sono negli inferi, il cui spirito se n'è andato dalle loro viscere, daranno gloria e giustizia al Signore, ma l'anima colma di afflizione, chi cammina curvo e spossato, e gli occhi languenti e l'anima affamata, ti renderanno gloria e giustizia, Signore. … Noi non abbiamo dato ascolto al tuo invito a servire il re di Babilonia, perciò tu hai eseguito le parole che avevi detto per mezzo dei tuoi servi, i profeti, e cioè che le ossa dei nostri re e dei nostri padri sarebbero state rimosse dal loro posto. Ed eccole abbandonate al calore del giorno e al gelo della notte. Essi sono morti fra atroci dolori, di fame, di spada e di peste; la casa su cui è stato invocato il tuo nome, tu l'hai ridotta nello stato in cui oggi si trova, per la malvagità della casa d'Israele e di Giuda. Tuttavia tu hai agito verso di noi, Signore, nostro Dio, secondo tutta la tua bontà e secondo tutta la tua grande misericordia, come avevi detto per mezzo del tuo servo Mosè, quando gli ordinasti di scrivere la tua legge davanti ai figli d'Israele, dicendo: "Se voi non darete ascolto alla mia voce, certo, questa moltitudine grande e numerosa sarà resa piccola tra le nazioni fra le quali io la disperderò; poiché io so che non mi ascolteranno, perché è un popolo di dura cervìce. Però nella terra del loro esilio rientreranno in se stessi e riconosceranno che io sono il Signore, loro Dio. Darò loro un cuore e orecchi che ascoltino; nella terra del loro esilio mi loderanno e si ricorderanno del mio nome”.

Commento

Cari fratelli e care sorelle, in questo tempo di Quaresima camminiamo in compagnia della Scrittura che ci guida a riflettere su di noi e su cosa vogliamo fare della nostra vita. Non è inutile fermarsi a riflettere, come facciamo abitualmente nel nostro appuntamento di preghiera. Molti infatti ritengono che sia più importante agire, darsi da fare, essere impegnati e la sosta in compagnia della Scrittura sembra loro tempo perso. Ma quante ore ogni giorno perdiamo senza problemi in cose inutili! Ma la compagnia del Signore che parla ci crea imbarazzo, fastidio, perché mette a nudo alcuni aspetti della nostra vita che non vogliamo riconoscere o ci invita ad assumere atteggiamenti e modi di fare che non siamo disposti ad accogliere.

In modo particolare oggi la Parola del profeta Baruc ci suggerisce, attraverso l’esperienza del popolo di Israele, il cammino del ritorno a Dio. La vita infatti facilmente ci porta ad allontanarci ciascuno sulla propria strada. Pensieri, recriminazioni, l’orgoglio, un senso altro di se stessi ci fanno infatti spesso ritenere che non ci serve di restare fedeli alla strada che il Signore traccia e che abbiamo le capacità e le risorse per camminare per conto nostro.

È quando rifiutiamo di lottare per plasmare la nostra umanità scontrosa o antipatica perché possa incontrare con simpatia il fratello e vivere con gioia l’accoglienza a chi ci si fa incontro.

Oppure è la durezza di cuore che si ammanta di senso pratico, realismo per cui l’indifferenza e la mancanza di pietà si giustificano come atteggiamenti di chi la sa lunga.

A volte ci riteniamo non all’altezza, come se dovesse essere sempre qualcun altro a fare, a dire, a prendere l’iniziativa e noi siamo sempre giustificati per la nostra poca attenzione e il nostro poco tenerci.

Insomma spesso i nostri passi si incamminano in strade che ci facciamo da soli scegliendo alla luce della sapienza del mondo che ci troviamo naturalmente dentro. Ma dove conducono questi cammini? “siamo rimasti pochi in mezzo alle nazioni fra le quali tu ci hai dispersi”dice Baruc.  Sì, ci siamo dispersi ciascuno seguendo il proprio cammino!

Ma Israele ascolta il grido della voce di Dio che si fa strada nei cuori pentiti e si rivolge a lui con animo umile e pentito: “noi abbiamo peccato, siamo stati empi, siamo stati ingiusti, Signore, nostro Dio, verso tutti i tuoi comandamenti. Allontana da noi la tua collera, ... Ascolta, Signore, la nostra preghiera, la nostra supplica, liberaci per il tuo amore e facci trovare grazia davanti a coloro che ci hanno deportati”. È un grido accorato di chi si rende conto che il cammino del seguire se stessi ci allontana da Dio e dai fratelli e mette in pericolo il nostro futuro.

È la domanda della Quaresima: non posso giocare con la mia vita, è troppo importante per affidarne il destino al caso del mio istinto naturale, al capriccio del mio carattere, o all’indurimento del cuore. All’uomo che si pone con sincerità questa domanda la Quaresima insegna l’atteggiamento giusto: “l'anima colma di afflizione, chi cammina curvo e spossato, e gli occhi languenti e l'anima affamata, ti renderanno gloria e giustizia, Signore.

È l’afflizione di chi si fa colpire dal dolore altrui e non indurisce il cuore chiudendolo alle domande di chi è nel bisogno.

È l’umiltà di chi non sta davanti a Dio con l’atteggiamento dell’orgoglioso, pieno di sé e appagato dalla sapienza accumulata, ma sa abbassarsi per ricolmarsi della sapienza nuova e vera del Vangelo.

È la visione di chi ha occhi desiderosi di contemplare la bellezza della vita del Vangelo, la realizzazione di quel sogno che la Parola di Dio ci fa sperare di umanità pacifiche e miti, di cuori inteneriti e sensibili, di mani generose e pronte ad aiutare senza giudicare e condannare.

È la fame di bene per gli altri, di pace per chi è nel conflitto, di misericordia per sciogliere i grumi di peccato nei petti di chi fa il male, di giustizia, come ricordano le Beatitudini, di vita eterna e non effimera e inutile.

Sono gli atteggiamenti che la Quaresima ci invita a fare nostri, facendoci ascoltatori docili della Parola di Dio. Così saremo in grado di contemplare la gloria di Dio che è la Resurrezione del Signore.

Fratelli e sorelle, se non accettiamo di incamminarci in questo tempo di Quaresima sulla via del cambiamento della vita e del pentimento non giungeremo mai a incontrare Cristo Risorto. Ci sembrerà un fantasma, come agli apostoli sul mar di Galilea, o un contadino qualunque, come a Maddalena nell’alba della Resurrezione.

Viviamo stranieri a noi stessi in questo tempo di Quaresima, viviamo come esiliati dalla terra del nostro solito modo di essere e di fare, e riscopriremo la bellezza di affidarci ad una sapienza non nostra ma che Dio stesso ci dona dalla sua bocca. Dice Baruc “nella terra del loro esilio rientreranno in se stessi e riconosceranno che io sono il Signore, loro Dio. Darò loro un cuore e orecchi che ascoltino; nella terra del loro esilio mi loderanno e si ricorderanno del mio nome”.

Sì, nella terra del nostro esilio da noi stessi rientriamo in noi stessi, riconosciamo la vacuità dei nostri cammini dispersi verso il nulla, riconosciamo la signoria di un Dio buono che ci guida e incammina verso la vita piena e avremo un cuore e orecchi capaci di ascoltare la Parola e viverla salvando se stessi e tanti attorno a noi.

Nessun commento:

Posta un commento