venerdì 8 marzo 2013

IV domenica di Quaresima - 10 marzo 2013


Dal libro di Giosuè 5,9-12

In quei giorni, il Signore disse a Giosuè: «Oggi ho allontanato da voi l’infamia dell’Egitto». Gli Israeliti rimasero accampati a Gàlgala e celebrarono la Pasqua al quattordici del mese, alla sera, nelle steppe di Gerico. Il giorno dopo la Pasqua mangiarono i prodotti della terra, àzzimi e frumento abbrustolito in quello stesso giorno. E a partire dal giorno seguente, come ebbero mangiato i prodotti della terra, la manna cessò. Gli Israeliti non ebbero più manna; quell’anno mangiarono i frutti della terra di Canaan.

 

Salmo 33 - Gustate e vedete com’è buono il Signore.
Benedirò il Signore in ogni tempo,
sulla mia bocca sempre la sua lode.
Io mi glorio nel Signore:
i poveri ascoltino e si rallegrino.

Magnificate con me il Signore,
esaltiamo insieme il suo nome.
Ho cercato il Signore: mi ha risposto
e da ogni mia paura mi ha liberato.

Guardate a lui e sarete raggianti,
i vostri volti non dovranno arrossire.
Questo povero grida e il Signore lo ascolta,
lo salva da tutte le sue angosce.


Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi 5,17-21

Fratelli, se uno è in Cristo, è una nuova creatura; le cose vecchie sono passate; ecco, ne sono nate di nuove. Tutto questo però viene da Dio, che ci ha riconciliati con sé mediante Cristo e ha affidato a noi il ministero della riconciliazione. Era Dio infatti che riconciliava a sé il mondo in Cristo, non imputando agli uomini le loro colpe e affidando a noi la parola della riconciliazione. In nome di Cristo, dunque, siamo ambasciatori: per mezzo nostro è Dio stesso che esorta. Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio. Colui che non aveva conosciuto peccato, Dio lo fece peccato in nostro favore, perché in lui noi potessimo diventare giustizia di Dio.

 

Lode a te o Signore, re di eterna gloria

Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò:
Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te.
Lode a te o Signore, re di eterna gloria

 

Dal vangelo secondo Luca 15,1-3.11-32

In quel tempo, si avvicinavano a Gesù tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro». Ed egli disse loro questa parabola: «Un uomo aveva due figli. Il più giovane dei due disse al padre: “Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta”. Ed egli divise tra loro le sue sostanze. Pochi giorni dopo, il figlio più giovane, raccolte tutte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò il suo patrimonio vivendo in modo dissoluto. Quando ebbe speso tutto, sopraggiunse in quel paese una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. Allora andò a mettersi al servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei suoi campi a pascolare i porci. Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cui si nutrivano i porci; ma nessuno gli dava nulla. Allora ritornò in sé e disse: “Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati”. Si alzò e tornò da suo padre. Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il figlio gli disse: “Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio”. Ma il padre disse ai servi: “Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare, mettetegli l’anello al dito e i sandali ai piedi. Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”. E cominciarono a far festa. Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; chiamò uno dei servi e gli domandò che cosa fosse tutto questo. Quello gli rispose: “Tuo fratello è qui e tuo padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo”. Egli si indignò, e non voleva entrare. Suo padre allora uscì a supplicarlo. Ma egli rispose a suo padre: “Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando, e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici. Ma ora che è tornato questo tuo figlio, il quale ha divorato le tue sostanze con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello grasso”. Gli rispose il padre: “Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”».

Commento

Cari fratelli e care sorelle, ogni anno, in questo tempo di Quaresima, la liturgia ci propone questa famosa parabola di Gesù come spunto per interrogarci e comprendere dove ci troviamo. Sì, dove siamo nel cammino di esodo dalla vita di sempre, a che punto del cammino? O anche: siamo partiti o restiamo ancora attaccati al nostro modo di essere di sempre, senza riuscire a desiderare di compiere i passi della Quaresima che ci conducono fino a Gesù risorto? Sono le domande della Quaresima che da quattro settimane la liturgia ci pone, come una voce amica e preoccupata della salvezza della nostra vita. Sì, è in gioco molto: il senso, la pienezza, la felicità della nostra vita e questo tempo non passi invano, ma sia occasione propizia per farci interrogare dalla Scrittura e farla scendere dentro il nostro intimo.

Tradizionalmente il tempo di Quaresima nel quale ci troviamo è considerato velato da un senso di tristezza. Certamente la tradizione della chiesa ci chiede di vivere una sobrietà e una serietà pensosa che aiuta a prendere seriamente in considerazione la propria vita, e la parabola del “figlio prodigo e del padre misericordioso” oggi ci aiuta a comprendere meglio qual è l’atteggiamento del cristiano in questo tempo.

Innanzitutto, ci dice il Vangelo, questo è un tempo per “ritornare in sé”, come fece il figlio minore dopo essersi accorto di vivere una vita senza prospettive, schiava e infelice. È quel fermarsi sulla pagina della Scrittura che, dicevamo, ci accompagna nella Quaresima e ci restituisce una coscienza di noi stessi e della nostra situazione più autentica, svelando a volte un volto di sé che non ci piace.

Un modo di vivere frettoloso e distratto ci spinge a sfuggire dal contemplare quell’unico specchio che ci riflette così come siamo veramente. Ciò che in esso contempliamo a volte ci rattrista, e ciò significa che il nostro cuore è sensibile a sentimenti forti e autentici. L’atteggiamento infatti autoassolutorio o di fuga davanti a se stesso suscita solo sentimenti tiepidi, sia di gioia come di dolore. Ma il dispiacere che la Scrittura suscita è un dispiacere di pentimento, cioè di dolore per la distanza dal bene che Dio ci vuole, lo stesso dolore con cui quel giovane figlio contempla la propria condizione presente e che lo spinge a ricordarsi del bene che il padre gli vuole e a desiderare di riaverlo accanto a sé. La Scrittura infatti non separa mai lo svelamento del peccato dall’offerta di perdono: sono i due volti di quell’unico specchio nel quale vediamo il nostro vero volto, ma anche quello trasfigurato dal suo amore, bello e felice.

Diffidiamo dalla tentazione di enfatizzare la difficoltà o la durezza del male che ci avvince, atteggiamento che magari noi contrabbandiamo come prova del proprio pentimento, esercitiamoci invece a esaltare la misericordia di un Dio che, anche davanti al peccato più grave, non rinuncia a indicare la via del ravvedimento e del ritorno a lui e ci riaccoglie, proprio come fece quel padre misericordioso.

Ma oltre a quel giovane che si era allontanato dalla casa del padre la parabola ci parla di un altro figlio, che invece vi era rimasto.

Al contrario del più giovane, il figlio maggiore è rimasto col padre, lavora onestamente, è parsimonioso e retto. Davanti alla festa che il padre fa al figlio ritornato si indigna e nemmeno vuole entrare in casa. Egli, dobbiamo ammetterlo, non ha torto: “Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando, e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici. Ma ora che è tornato questo tuo figlio, il quale ha divorato le tue sostanze con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello grasso.” Egli applica alla propria situazione un senso di giustizia che mette in luce tutta l’ingiustizia del padre. Quegli è stato cedevole col figlio minore nel concedergli tanti beni, poi, una volta rientrato, non lo rimprovera, anzi gli fa festa e lo tratta come uno di casa. In più spreca ancora altre risorse per imbandire una tavola sontuosa.

Tutto ciò indigna il fratello maggiore.

Tante volte noi siamo come lui. Ragioniamo con il conteggio del dare e dell’avere e ci sentiamo in credito nei confronti degli altri e, addirittura, pure nei confronti di Dio. Elenchiamo i nostri meriti: non ho mai fatto nulla di male, sono onesto e rispettoso, cerco di essere giusto e restituire ciò che devo. Quanti calcoli, quanti confronti con gli altri, quanti giudizi, quante condanne e autoassoluzioni! Tutto ciò ci sembra così normale, anzi virtuoso.

Questa logica però, ci dice la parabola in modo autorevole e chiaro, è estranea a Dio! Dio non è giusto, altrimenti saremmo già condannati in partenza e senza speranza. Chi vive la logica dei meriti e della giustizia resta fuori dalla casa del Padre, freddo, anzi scandalizzato dalla festa che in essa si tiene, rancoroso verso di lui. E quanto spesso sono questi anche i nostri atteggiamenti: rivendicativi, vittimisti, sempre pronti a mettere in luce i nostri meriti e il “diritto” alla ricompensa.

Il Padre, invece, vive la logica del perdono che lo libera dalla rete dei calcoli e dei giudizi che ci rinchiudono in una gabbia, prigione fredda dell’egoismo.

Il perdono non fa calcoli, non tira le somme, né fa giustizia, ma trasfigura chi lo riceve e chi lo offre portandoli sulla montagna santa della festa dell’amore.

Il giovane tornato è ripulito e rivestito, come uno sposo a festa, e tutti in casa partecipano alla gioia del suo ritorno alla vita. Il figlio maggiore invece non riesce a scrollarsi di dosso lo sporco della giornata pesante di lavoro e la rabbia del presunto torto subito. Egli non sa perdonare, perché non sa voler bene, rimane così al freddo, sporco e malvestito.

Fratelli e sorelle, anche noi ragioniamo come quel figlio che, pur stando a casa e lavorando per il padre, è più lontano da lui di quello che invece si è allontanato ed è fuggito via. Quest’ultimo trova la forza di ritornare perché ricorda l’amore che gli è stato donato dal Padre, l’altro non se ne rende conto pur vivendo gomito a gomito con lui. Il cammino che separa il figlio diventato guardiano dei porci dal padre è molto più breve di quello che allontana come un abisso incolmabile l’altro dal genitore. Approfittiamo di questo tempo in cui Dio ci si fa vicino in modo speciale per colmare l’abisso di freddo calcolo e di un senso di giustizia che ci allontana da lui. Impariamo da quel giovane scapestrato ma capace di ricordare l’affetto, dissoluto, ma pronto a tornare fra le braccia del Padre. Il nostro cammino sia come il suo, un esodo di Quaresima dalla vita di sempre.

 
Preghiere

 

O signore Gesù che ci guidi in questo tempo di Quaresima sul cammino della conversione, apri il nostro cuore e scaldalo, perché sappiamo ascoltare e vivere il tuo Vangelo,

Noi ti preghiamo

O Dio, nostro padre paziente e misericordioso, accoglici pentiti e vestiti dell’abito della gioia perché possiamo vivere nella tua casa la festa del perdono,

Noi ti preghiamo


Ti ringraziamo o Dio perché non disprezzi il peccatore che torna a te pentito, ma gli corri incontro felice. Vieni incontro a noi e perdona tutto il male di cui siamo complici,

Noi ti preghiamo

Ti invochiamo o Signore Gesù, fa’ che sappiamo esserti compagni nel cammino della passione che si avvicina. Donaci un cuore sensibile per restarti vicini senza cadere nel sonno dell’indifferenza,

Noi ti preghiamo


Soccorri o Padre buono tutti coloro che soffrono e sono nel dolore. Chìnati su tutti quelli che invocano il tuo soccorso e suscita in noi uno spirito generoso,

Noi ti preghiamo


Attira verso di te, o Dio nostro Padre, tutti coloro che sfuggono lontano e camminano su sentieri che non portano a nulla. Mostrati loro padre buono e misericordioso

Noi ti preghiamo.

Guida e proteggi o Signore la tua Chiesa impegnata nel difficile compito di scegliere il suo pastore. Fa’ che lo Spirito illumini il futuro papa e lo protegga da ogni male,

Noi ti preghiamo

Sostieni o Dio tutti i tuoi figli ovunque dispersi, perché forti dell’amore di Cristo affrontino le difficoltà della vita con animo lieto e spirito pacifico,

Noi ti preghiamo

 

 

 

 

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