sabato 2 novembre 2013

Commemorazione dei defunti - 2 novembre 2013


 
Dal libro di Giobbe  19,1.23-27

Rispondendo Giobbe prese a dire: «Oh, se le mie parole si scrivessero, se si fissassero in un libro, fossero impresse con stilo di ferro e con piombo, per sempre s’incidessero sulla roccia! Io so che il mio redentore è vivo e che, ultimo, si ergerà sulla polvere! Dopo che questa mia pelle sarà strappata via, senza la mia carne, vedrò Dio. Io lo vedrò, io stesso, i miei occhi lo contempleranno e non un altro».

 

Salmo 26 - Sono certo di contemplare la bontà del Signore nella terra dei viventi.

Il Signore è mia luce e mia salvezza:
di chi avrò timore?
Il Signore è difesa della mia vita:
di chi avrò paura?

Una cosa ho chiesto al Signore, questa sola io cerco:
abitare nella casa del Signore, tutti i giorni della mia vita,
per contemplare la bellezza del Signore
e ammirare il suo santuario.

Ascolta, Signore, la mia voce.
Io grido: abbi pietà di me, rispondimi!
Il tuo volto, Signore, io cerco.
Non nascondermi il tuo volto.

Sono certo di contemplare la bontà del Signore
nella terra dei viventi.
Spera nel Signore, sii forte,
si rinsaldi il tuo cuore e spera nel Signore.


Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani 5,5-11

Fratelli, la speranza non delude, perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato. Infatti, quando eravamo ancora deboli, nel tempo stabilito Cristo morì per gli empi. Ora, a stento qualcuno è disposto a morire per un giusto; forse qualcuno oserebbe morire per una persona buona. Ma Dio dimostra il suo amore verso di noi nel fatto che, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi. A maggior ragione ora, giustificati nel suo sangue, saremo salvati dall’ira per mezzo di lui. Se infatti, quand’eravamo nemici, siamo stati riconciliati con Dio per mezzo della morte del Figlio suo, molto più, ora che siamo riconciliati, saremo salvati mediante la sua vita. Non solo, ma ci gloriamo pure in Dio, per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo, grazie al quale ora abbiamo ricevuto la riconciliazione.

 

Alleluia, alleluia alleluia.
Questa è la volontà del Padre mio:
che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna;
e io lo risusciterò nell’ultimo giorno, dice il Signore.
Alleluia, alleluia alleluia.

 

Dal vangelo secondo Giovanni 6,37-40

In quel tempo, Gesù disse alla folla: «Tutto ciò che il Padre mi dà, verrà a me: colui che viene a me, io non lo caccerò fuori, perché sono disceso dal cielo non per fare la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato. E questa è la volontà di colui che mi ha mandato: che io non perda nulla di quanto egli mi ha dato, ma che lo risusciti nell’ultimo giorno. Questa infatti è la volontà del Padre mio: che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno».

Commento

Cari fratelli e care sorelle, la liturgia di oggi ci mette di fronte ad uno dei più grandi misteri: la morte. Ogni volta che pensiamo ai nostri cari defunti, amici o parenti, sentiamo tutta la violenza di uno strappo che ci ha separato da loro, ma anche lo sgomento di non riuscire con certezza a sapere dove essi ora si trovino. La morte rimane un mistero anche per noi cristiani, perché non abbiamo nessuna descrizione dell’aldilà né sappiamo cosa ci aspetta. Infatti la fantasia degli artisti o dei poeti nei secoli hanno provato a offrire immagini o suggestioni, ma sono una pura fantasia. Rimane la realtà di un grande ignoto, che temiamo e che istintivamente rifuggiamo.

Come porsi allora difronte alla realtà della morte? Cosa ci suggerisce la nostra fede in Dio? Il Cardinal Martini a questo proposito una volta utilizzò un’immagine suggestiva. Non per descrivere, cosa che, come dicevo, è impossibile, ma per dare un’idea di quello che secondo lui doveva essere l’atteggiamento da avere difronte alla morte. Egli usava l’immagine di una cascata: l’acqua quando sta in procinto di cadere dall’alto non sa cosa l’attende, ma si getta comunque e prosegue nel suo corso. Se così non fosse l’acqua, stagnante, imputridirebbe. Così è della vita dell’uomo: c’è bisogno di gettarsi con fiducia, altrimenti saremmo in uno stagno malsano, e proseguire la nostra corsa verso la meta definitiva, quella sì che ce l’abbiamo chiara: lo stare con Dio.

È questa la nostra fede, e come tale ci chiede un’adesione fiduciosa, anche se magari non riusciamo a spiegarci tutto, ed in ciò consiste proprio il nostro avere fede. Lo afferma con ingenua sicurezza Giobbe, il quale davanti al momento così tragico che sta passando, a causa della malattia e della perdita dei beni e la morte degli stessi suoi cari, non cessa di sperare, e dice: “Io so che il mio redentore è vivo e che, ultimo, si ergerà sulla polvere! Dopo che questa mia pelle sarà strappata via, senza la mia carne, vedrò Dio. Io lo vedrò, io stesso, i miei occhi lo contempleranno e non un altro.” Non si ferma a contemplare con commiserazione se stesso, non si trattiene a maledire il proprio destino ma si proietta in una corsa piena di fiducia verso Dio che è certo che lo attenda.

Questa è la nostra fede: è preparato per noi un destino con Dio e sta a noi accettarlo e desiderarlo, riponendo in lui la nostra fiducia.

L’Apostolo Paolo aggiunge un elemento ulteriore, e cioè il fatto che questa speranza piena di fiducia non si nutre solo della forza di un ottimismo a tutti i costi, ma si fonda su una realtà certa e storica, e cioè che Dio ci ha amati lui per primo, noi e tutti, nonostante non lo meritassimo. Questo fatto reale ci permette di poter essere sicuri che un amore così supera ogni limite umano e continua con fedeltà anche dopo la morte. Dice Paolo: “Ma Dio dimostra il suo amore verso di noi nel fatto che, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi.” Cari fratelli e care sorelle, dicevamo ieri, questo amore offerto in anticipo, prima e senza aspettarsi nulla in cambio, non è cosa banale, ma è la vera forza di cui rivestirsi per far sì che la nostra vita non si imputridisca in uno stagno in cui tutto gira attorno a se stessi, ma siamo capaci di gettarci con fiducia nelle braccia di un Padre che ama veramente, e pertanto è fedele.

Su di questo possiamo contare, molto di più che sulle nostre risorse e capacità. È questa la garanzia che la vita non è una corsa verso il nulla e che il destino verso il quale siamo incamminati non è il vuoto. Ieri dicevamo come anzi, esso sia affollato, pieno di vita restituita immortale ai santi e a quanto hanno confidato nella forza di questo unico amore che non delude, cioè quello di Dio.

È questa la speranza di cui parla Paolo: “la speranza non delude, perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori” non è un augurio, ma fiducia serena perché non siamo mai stati lasciati soli e ancor di più non lo saremo dopo la morte. È quello che Gesù esprime alle folle che lo ascoltano: “E questa è la volontà di colui che mi ha mandato: che io non perda nulla di quanto egli mi ha dato, ma che lo risusciti nell’ultimo giorno.” Lui è venuto apposta, la sua missione consiste proprio in questo, cioè nel far sì che nessuno vada perduto, ma che tutti ottengano di non essere mai più separati da Dio, dal suo amore, dalla forza del suo perdono, dalla bellezza umana e appassionata del vivere secondo il suo Vangelo.

Allora oggi non possiamo dire che capiamo e sappiamo tutto, ma che ci possiamo fidare, questo sì, di un Dio che non ha chiesto garanzie prima di volerci bene, ma lo ha fatto e continua a farlo. Anche lui, come l’acqua della cascata, si è gettato, scendendo dal cielo e facendosi uomo per rendere ancora più concreto e tangibile quell’amore che c’era già, e che ora si faceva carne. Non aveva garanzie, e due settimane fa abbiamo ascoltato nel Vangelo la domanda sconsolata di Gesù: “Il Figlio dell’uomo quando verrà troverà la fede sulla terra?” (Lc 18,8) Anche per Gesù la sua vita e la sua morte sono stati un salto nel buio, ed ogni gesto di amore è sempre un salto nel buio, ogni volta che vogliamo bene rischiamo di restare delusi, di essere traditi e di essere noi stessi traditori, eppure continuiamo a fare questo salto, perché altrimenti la vita perderebbe senso. Ciò che permette agli uomini di continuare a fare questo salto nel buio e di voler bene, nonostante tutto sembrerebbe sconsigliarlo, è che c’è già stato un amore vero, che ha rischiato ed ha vinto, ha affrontato la cascata ma poi ha trovato una via per continuare la corsa verso il futuro e non si è impantanato ma ha raggiunto il Padre misericordioso risorgendo dai morti.

Cari fratelli e care sorelle, oggi facendo memoria dei nostri cari defunti, con affetto e fedeltà, riaffermiamo la nostra certezza che la loro vita non si è arrestata, non ha trovato un muro o un vuoto, ma ha proseguito la sua corsa verso Dio raggiungendolo finalmente. Questa è anche la nostra corsa e il nostro destino, perché questa è la speranza che Dio ci trasmette, la stessa speranza di lui quando parlava alle folle, quando chiamava i discepoli, quando pregava il padre di proteggerli. Possiamo fidarci, Dio non ha abbandonato il Figlio nelle braccia della morte che voleva vincere quell’amore e porre una pietra pesante sulla tomba della speranza. Dio Padre ha resuscitato il Signore Gesù e del suo amore anche noi oggi possiamo fidarci.

 

 

 

 

 


 

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