martedì 12 novembre 2013

preghiera del 12 novembre 2013


Mc 4,35-41

In quel medesimo giorno, venuta la sera, disse loro: "Passiamo all'altra riva". E, congedata la folla, lo presero con sé, così com'era, nella barca. C'erano anche altre barche con lui. Ci fu una grande tempesta di vento e le onde si rovesciavano nella barca, tanto che ormai era piena. Egli se ne stava a poppa, sul cuscino, e dormiva. Allora lo svegliarono e gli dissero: "Maestro, non t'importa che siamo perduti?". Si destò, minacciò il vento e disse al mare: "Taci, calmati!". Il vento cessò e ci fu grande bonaccia. Poi disse loro: "Perché avete paura? Non avete ancora fede?". E furono presi da grande timore e si dicevano l'un l'altro: "Chi è dunque costui, che anche il vento e il mare gli obbediscono?".

Commento

Cari fratelli e care sorelle, Marco ci racconta di questo episodio della vita di Gesù con i suoi discepoli, quando una tempesta li colse all’improvviso, mentre erano in mezzo al Lago di Tiberiade. Lo facciamo oggi, a pochissimi giorni dal terribile uragano che così tante vittime ha causato nelle Filippine. Una forte tempesta che ha spazzato intere città e inghiottito le vite di così tanti innocenti. Le onde sovrastavano la barca dove Gesù si trovava con i discepoli.

Davanti a questo pericolo i discepoli sono terrorizzati e aggrediscono Gesù, dicendo: “non t'importa che siamo perduti?” c’è in quell’esclamazione un’accusa al Signore. Accusa di indifferenza, freddezza nei loro confronti, distanza dai drammi che stanno vivendo. A volte è anche il nostro atteggiamento: davanti alle tempeste della vita accusiamo Gesù di essere indifferente a noi. Ma l’assurdità di quell’accusa è resa ancora più evidente dal fatto che Gesù è lì su quella barca con loro! Cioè egli è talmente vicino a loro che ne condivide la stessa situazione di pericolo. Gesù non è indifferente ai drammi degli uomini, tanto che è sceso dai cieli per assumere la stessa carne soggetta al dolore, alla fame, alla sete e ad ogni tipo di sofferenza. Gesù è nella stessa nostra barca, affronta con noi le stesse tempeste, ma la differenza è che lui non strepita e non accusa, ma si affida alla forza della preghiera. Nel brano parallelo di Matteo si dice che “si alzò” sulla barca. Nonostante la tempesta Gesù riesce a stare in piedi nell’atteggiamento della preghiera. Anche noi possiamo alzarci, senza stare a recriminare e a maledire, per rivolgere con fiducia la nostra preghiera a Dio.

La parola di Gesù calma la tempesta. Basta affidarsi alla sua parola perché la tempesta perda il suo potere di schiacciare e annientare gli uomini.

Anche noi allora questa sera difronte al dolore e alla morte che hanno sconvolto un Paese a noi geograficamente lontano, ma che sentiamo stasera così vicino proprio per la sua sofferenza, ci alziamo nell’atteggiamento della preghiera, fiduciosi nella parola che toglie la paura perché dona speranza e certezza nella misericordia di Dio.

Preghiamo per le vittime dell’uragano, per quanti sono morti, per chi è ferito, disperso, isolato. Per i più deboli, i bambini e gli anziani, per chi ha perso i cari. Signore calma la tempesta dei cuori, dona salvezza e fa che si rialzi chi oggi è prostrato e abbattuto nel dolore.

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