martedì 1 novembre 2016

Commemorazione dei defunti - Anno C - 2 novembre 2016


Dal libro del profeta Isaia 25,6a.7-9
In quel giorno, preparerà il Signore degli eserciti per tutti i popoli, su questo monte, un banchetto di grasse vivande. Egli strapperà su questo monte il velo che copriva la faccia di tutti i popoli e la coltre distesa su tutte le nazioni. Eliminerà la morte per sempre. Il Signore Dio asciugherà le lacrime su ogni volto, l’ignominia del suo popolo farà scomparire da tutta la terra, poiché il Signore ha parlato. E si dirà in quel giorno: «Ecco il nostro Dio; in lui abbiamo sperato perché ci salvasse. Questi è il Signore in cui abbiamo sperato; rallegriamoci, esultiamo per la sua salvezza».

Salmo 24 - Chi spera in te, Signore, non resta deluso.
Ricòrdati, Signore, della tua misericordia
e del tuo amore, che è da sempre.
Ricòrdati di me nella tua misericordia,
per la tua bontà, Signore.

Allarga il mio cuore angosciato,
liberami dagli affanni.
Vedi la mia povertà e la mia fatica
e perdona tutti i miei peccati.

Proteggimi, portami in salvo;
che io non resti deluso,
perché in te mi sono rifugiato.
Mi proteggano integrità e rettitudine,
perché in te ho sperato.


Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani 8,14-23
Fratelli, tutti quelli che sono guidati dallo Spirito di Dio, questi sono figli di Dio. E voi non avete ricevuto uno spirito da schiavi per ricadere nella paura, ma avete ricevuto lo Spirito che rende figli adottivi, per mezzo del quale gridiamo: «Abbà! Padre!».  Lo Spirito stesso, insieme al nostro spirito, attesta che siamo figli di Dio. E se siamo figli, siamo anche eredi: eredi di Dio, coeredi di Cristo, se davvero prendiamo parte alle sue sofferenze per partecipare anche alla sua gloria.  Ritengo infatti che le sofferenze del tempo presente non siano paragonabili alla gloria futura che sarà rivelata in noi. L’ardente aspettativa della creazione, infatti, è protesa verso la rivelazione dei figli di Dio.  La creazione infatti è stata sottoposta alla caducità – non per sua volontà, ma per volontà di colui che l’ha sottoposta – nella speranza che anche la stessa creazione sarà liberata dalla schiavitù della corruzione per entrare nella libertà della gloria dei figli di Dio. Sappiamo infatti che tutta insieme la creazione geme e soffre le doglie del parto fino ad oggi. Non solo, ma anche noi, che possediamo le primizie dello Spirito, gemiamo interiormente aspettando l’adozione a figli, la redenzione del nostro corpo.

Alleluia, alleluia alleluia.
Venite benedetti del Padre mio,
ricevete in eredità il regno preparato per voi
fin dalla creazione del mondo.
Alleluia, alleluia alleluia.

Dal vangelo secondo Matteo 25,31-46
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria, e tutti gli angeli con lui, siederà sul trono della sua gloria. Davanti a lui verranno radunati tutti i popoli. Egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dalle capre, e porrà le pecore alla sua destra e le capre alla sinistra. Allora il re dirà a quelli che saranno alla sua destra: “Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo, perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi”. Allora i giusti gli risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, o assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando mai ti abbiamo visto straniero e ti abbiamo accolto, o nudo e ti abbiamo vestito? Quando mai ti abbiamo visto malato o in carcere e siamo venuti a visitarti?”. E il re risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”. Poi dirà anche a quelli che saranno alla sinistra: “Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli, perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e non mi avete dato da bere, ero straniero e non mi avete accolto, nudo e non mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete visitato”. Anch’essi allora risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato o assetato o straniero o nudo o malato o in carcere, e non ti abbiamo servito?”. Allora egli risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che non avete fatto a uno solo di questi più piccoli, non l’avete fatto a me”.  E se ne andranno: questi al supplizio eterno, i giusti invece alla vita eterna».

Commento

Cari fratelli e care sorelle, oggi commemoriamo, cioè ricordiamo assieme, i defunti a cui siamo stati legati e che ci sono cari. Sì, ricordare è la prima e forse la più importante espressione del nostro affetto, e la Chiesa ci invita a farlo assieme, cioè come un atto che sta a significare la comunione che lega tutti i discepoli di Cristo che vivono oggi nel mondo con tutti quelli che ci hanno preceduto nelle generazioni precedenti. Sì, un legame forte ci unisce, il legame che ciascuno ha con il Padre che allo stesso tempo ci rende tutti fratelli e sorelle. È una famiglia larga, numerosa, che comprende anche tanti che nemmeno conosciamo, come avviene a volte nelle famiglie molto numerose che attraversano diversi orizzonti geografici, ma anche una famiglia che ormai si divide in una parte che vive qui sulla terra e un’altra che vive in una dimensione diversa, quella della compagnia col Signore Gesù morto, anche lui, risorto e asceso al cielo con il suo corpo. In qualche modo questa nostra assemblea liturgica vuole proprio rafforzare questa memoria comune che lega tutti i membri di questa grande famiglia, quella dei figli e figlie di Dio.
Sì, la morte è sempre uno strappo violento, anche quando giunge magari in età avanzata, o in seguito a lunga malattia, quando lascia il tempo per una preparazione prolungata. La morte è sempre una separazione dolorosa e violenta, che lascia sgomenti. La persona che muore sembra sfuggirci dalle mani, divenire come un’ombra, mentre noi vorremmo tanto poterla ancora vedere, toccare, incontrare, parlarci. Ma noi dobbiamo sempre ricordare che i cristiani non credono nell’immortalità dell’anima, come uno spirito invisibile e impersonale. Questo è concetto filosofico che ci giunge dal platonismo. Noi crediamo fermamente nella vita eterna, che è cosa ben diversa, cioè nel fatto che ciascuno di noi è preservato e continua a vivere dopo la morte, seppure in una dimensione diversa, sempre come una persona, con i suoi pregi e difetti, con le sue caratteristiche inalterate. Il Signore non lascia cadere nulla della vita trascorsa: sentimenti, azioni, pensieri, volontà, anzi li rafforza tutti, rendendoli eterni. Pensiamo a Gesù risorto: egli conserva i segni della sua vita trascorsa sulla terra, persino quelli della sua passione, e con quelli ascende al Padre e accoglie ognuno che lascia questo mondo. Così è di ogni uomo e donna.
Oggi allora vediamo che Dio solleva quel velo pesante che la morte sembra lasciar cadere sulle persone che non ci sono più: velo di oblio, di distanza, di raffreddamento. No, anzi, egli ci chiede di commemorarle, come lui fa ricordando con affetto ciascun uomo, dal più grande al più piccolo, al più umile e insignificante: per lui hanno tutti un valore inestimabile da preservare. Pensiamo, ad esempio, a quanti muoiono nell’oblio, senza nessuno che li ricordi, o che scompaiono inghiottiti nell’anonimato e nell’indifferenza, senza nessuno accanto, come tanti anziani in istituto, o come gli immigrati in mezzo al mare. Ebbene ciascuno di loro che ci sembra condannato a scomparire nella sua solitudine è accolto e abbracciato da Dio che lo accoglie come persona preziosa e importante, suo figlio e sua figlia diletti, persona a lui già nota da lungo tempo, con la quale ha intessuto un rapporto intenso fin dal giorno della sua nascita, e che ora le è accanto.
È questo che ci dà la certezza della vita eterna: Dio ha così faticato a costruire un rapporto con noi, a superare tante nostre resistenze, a combattere le paure e le diffidenze, a farsi strada faticosamente nella nostra distrazione, che al momento della fine della vita terrena non può certo lasciar disperdere il frutto di tanto lavoro e di una così grande tenacia di amore. Anzi, ora egli porta tutta la sua opera a compimento, e possiamo immaginare il dialogo di ciascuno davanti a lui, finalmente franco, senza più veli né finzioni, senza maschere né. Dialogo in cui emerge la tenace volontà di Dio ad attirarci alla sua paternità, ma anche tutta la fragilità di noi uomini, peccatori e deboli nel nostro cammino terreno. Quel dialogo, faccia a faccia, farà cadere ogni nostra resistenza e lascerà spazio alla misericordia di Dio, finalmente libera da ogni limite terreno e capace di trasfigurare i cuori più coriacei in quelli di figli e figlie, per unire tutti alla grande famiglia d quelli che lui ha amato.
È quello che descrive il brano di Matteo che abbiamo ascoltato. Nessun gesto, neppure il più insignificante, è trascurato o dimenticato da Dio: anche aver dato un solo bicchiere d’acqua è valorizzato e messo bene in evidenza: “Chi avrà dato da bere anche un solo bicchiere d'acqua fresca a uno di questi piccoli … non perderà la sua ricompensa” ha detto una volta Gesù (Mt 10,42). Quelli che ascoltano Dio si stupiscono: quando mai ti abbiamo visto? Dio rivela la sua vicinanza nei più poveri, così da non aver mai lasciato solo nessun uomo davanti alla vita, offrendo a tutti l’opportunità di far emergere il bene da sé, magari anche solo un gesto, una parola, una volta soltanto.
L’unica cosa che rende impotente Dio dall’avvolgere le persone con la sua misericordia infinita è il vuoto totale di amore. Esso rende così inconsistenti, quasi irreali quelli che gli stanno davanti, perché nemmeno una volta in vita loro sono riusciti a provare la tenerezza e la pietà per uno che aveva bisogno del suo aiuto. Ma basta un gesto, un’attenzione, un movimento di amore e generosità, perché Dio sappia ricostruire attorno all’umanità fragile e così povera di ciascun uomo e donna il volto umano, le mani aperte all’abbraccio, i piedi pronti a venire incontro che lui ha desiderato e sognato per ciascun suo figlio e figlia.

Fratelli e sorelle, ricordiamo allora oggi tutti quelli che sono morti, non solo quelli che conosciamo, cercando di vederli con lo sguardo di Dio, cioè come lui li ha voluti, e allo stesso tempo prepariamoci ad assomigliare sempre di più a quel figlio e figlia che nel suo amore egli fin da ora identifica in noi e che aspetta di abbracciare e di completare nelle sue fattezze più autentiche.


Preghiere 

O Padre nostro misericordioso accogli nel tuo Regno tutti i tuoi figli che si sono affidati a te nel momento del distacco doloroso della morte. Perdona ogni loro colpa e cancella la macchia della loro debolezza umana.
Noi ti preghiamo


Riempi di fiducia in te o Signore Gesù i nostri cuori, perché sappiamo affidarci alla tua misericordia e pieni di speranza attendere l’avvento del tuo regno di pace.
Noi ti preghiamo


O Dio ti affidiamo tutti coloro che sono morti in questi anni per la mano violenta dell’uomo. Accogli le vittime delle guerre e del terrorismo.
Noi ti preghiamo


O Signore, ai tuoi occhi è preziosa la vita dei deboli e dei dimenticati: ti preghiamo per tutti i defunti che oggi nessuno ricorda: quelli che sono morti da soli, per strada, nell’abbandono. Accoglili come un Padre affettuoso che abbraccia i suoi figli.
Noi ti preghiamo


Dona a Signore la consolazione della fede a chi ha perso qualcuno. Fa’ che il buio del loro dolore sia rischiarato dalla certezza che nessuna vita è dimenticata e ciascuno è conosciuto e amato come un figlio.
Noi ti preghiamo


Aiuta o Signore i nostri sforzi perché vinca il bene e il male sia sconfitto. Fa’ che il Regno di pace e di giustizia si affermi presto fra gli uomini e ogni lacrima sia asciugata e ogni lamento consolato.

Noi ti preghiamo.

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