lunedì 31 ottobre 2016

Festa di Tutti i Santi - Anno C - 1 novembre 2016



Dal libro dell'Apocalisse di san Giovanni apostolo 7,2-4.9-14
Io, Giovanni, vidi salire dall’oriente un altro angelo, con il sigillo del Dio vivente. E gridò a gran voce ai quattro angeli, ai quali era stato concesso di devastare la terra e il mare: «Non devastate la terra né il mare né le piante, finché non avremo impresso il sigillo sulla fronte dei servi del nostro Dio». E udii il numero di coloro che furono segnati con il sigillo: centoquarantaquattromila segnati, provenienti da ogni tribù dei figli d’Israele. Dopo queste cose vidi: ecco, una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, tribù, popolo e lingua. Tutti stavano in piedi davanti al trono e davanti all’Agnello, avvolti in vesti candide, e tenevano rami di palma nelle loro mani. E gridavano a gran voce: «La salvezza appartiene al nostro Dio, seduto sul trono, e all’Agnello». E tutti gli angeli stavano attorno al trono e agli anziani e ai quattro esseri viventi, e si inchinarono con la faccia a terra davanti al trono e adorarono Dio dicendo: «Amen! Lode, gloria, sapienza, azione di grazie, onore, potenza e forza al nostro Dio nei secoli dei secoli. Amen». Uno degli anziani allora si rivolse a me e disse: «Questi, che sono vestiti di bianco, chi sono e da dove vengono?». Gli risposi: «Signore mio, tu lo sai». E lui: «Sono quelli che vengono dalla grande tribolazione e che hanno lavato le loro vesti, rendendole candide nel sangue dell’Agnello».

Salmo 23 - Ecco la generazione che cerca il tuo volto, Signore.
Del Signore è la terra e quanto contiene:
il mondo, con i suoi abitanti.
È lui che l’ha fondato sui mari
e sui fiumi l’ha stabilito.

Chi potrà salire il monte del Signore?
Chi potrà stare nel suo luogo santo?
Chi ha mani innocenti e cuore puro,
chi non si rivolge agli idoli.

Egli otterrà benedizione dal Signore,
giustizia da Dio sua salvezza.
Ecco la generazione che lo cerca,
che cerca il tuo volto, Dio di Giacobbe.

Dalla lettera prima lettera di san Giovanni apostolo Gv 3,1-3
Carissimi, vedete quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente! Per questo il mondo non ci conosce: perché non ha conosciuto lui. Carissimi, noi fin d’ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato. Sappiamo però che quando egli si sarà manifestato, noi saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli è. Chiunque ha questa speranza in lui, purifica se stesso, come egli è puro.

Alleluia, alleluia alleluia.
Venite a me,
voi tutti che siete affaticati e oppressi,
e io vi darò ristoro.
Alleluia, alleluia alleluia.

Dal vangelo secondo Matteo 5,1-12a
In quel tempo, vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli. Si mise a parlare e insegnava loro dicendo: «Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli. Beati quelli che sono nel pianto, perché saranno consolati. Beati i miti, perché avranno in eredità la terra. Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati. Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia. Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio. Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio. Beati i perseguitati per la giustizia, perché di essi è il regno dei cieli. Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli».

Commento
Cari fratelli e care sorelle, l’apostolo Giovanni erompe in un grido di gioia: “vedete quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio”. È una esclamazione che sottolinea la necessità di non dimenticare mai che ci è continuamente fatto un grande dono, che è quello dell’amore di Dio, regalo che riceviamo continuamente, senza alcun merito.
La nostra natura ci porta a ritenere scontato quello che abbiamo e che siamo; col tempo ci abituiamo alla nostra condizione privilegiata di discepoli del Signore, tanto da non ritenere più necessario tenere conto del fatto che il dono dell’amore di Dio continua ad esserci elargito, per sua iniziativa, per sua generosa bontà. Che tristezza! Con arroganza riteniamo nostro diritto o merito ciò che invece ci è regalato gratuitamente. Per questo nel nostro animo prevale spesso un senso di scontentezza, perché trascuriamo i motivi di gratitudine e di gioia, ed anzi amiamo coltivarci lo scontento, come tanti bambini capricciosi e viziati da genitori troppo generosi. Come quei bambini ci sentiamo vittima di ingiustizia ogni volta che la vita osa dirci un no, o quando incontriamo anche un semplice ostacolo, e tutto il resto non conta più nulla.
La cosa più grave è che chi vive questa ingratitudine non sa di essere figlio, cioè non lo accetta, perché è quell’amore che ci rende tali. Chiudendoci ad esso, ci impediamo da soli di avere un Padre da amare, a cui fare riferimento e da cui ricevere aiuto. Preferiamo invece piuttosto rivendicare la nostra solitudine di orfani, che porta spesso alla mancanza di ogni speranza e prospettiva.
Davanti a questa realtà così comune oggi, come ai tempi dell’apostolo, Giovanni rivendica che figli “lo siamo realmente!”, cioè non lo siamo solo se ci sottomettiamo a lui, come per ammettere una condizione di inferiorità. Basta guardare alla vita per renderci conto di come stanno veramente le cose. Basterebbe riconoscere la nostra fragilità e impotenza davanti alla vita, la nostra incapacità di voler bene con generosa disponibilità, il nostro spontaneo sfuggire dal fare il bene che pure è alla nostra portata, per ammettere che senza un padre siamo senza prospettive.
Eppure è così normale sentirsi appagati dal fatto di ritenersi figli solo di se stessi, artefici autonomi e indipendenti del nostro destino. Chi rinuncerebbe mai alla propria autonomia e desidererebbe sottomettersi ad un padre? C’è un grande fascino nel proclamarsi orfani, perché ci offre l’opportunità di dimostrare quanto valiamo. Ci sembra umiliante inserirci in una tradizione e in una storia che ci precede e che continuerà dopo di noi, cioè quella di un figlio in una famiglia larga. Ci sembra che questo offuschi la nostra originalità.
Oggi nel ricordare la compagnia di tutti i santi, e cioè dei tanti che prima di noi e nel nostro tempo vivono come figli e non si vergognano di considerarsi umilmente dipendenti dal padre per tutto quello che hanno e che sono, vogliamo ricordarci questa nostra dimensione: siamo parte di una storia che è segnata dalla vocazione ad essere figli e che va oltre noi stessi. Eppure questo ci sembra troppo poco per gente del nostro valore! Ci sembra disconoscere quanto valiamo e quanto siamo originali e unici!
In realtà è vero il contrario. Dice Giovanni: “Carissimi, noi fin d’ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato.” Cioè, l’essere figli di Dio non significa essere ingabbiati in un destino preconfezionato, anzi, significa essere veramente liberi da tutti quei vincoli che l’orfano, per poter essere qualcuno, deve accettare dai suoi padroni. Chi rivendica di essere senza padre e afferma la sua libertà assoluta in realtà si lega mani e piedi alle idee di successo, di forza, di potenza che sembrano le uniche a dare un senso alla vita. Venute meno loro, la vita si svuota di tutto.
Ma chi invece sa di essere figlio e sa che dal Padre può attendersi tutto, se chiede con cuore puro e accetta serenamente la sua guida, diventa libero di seguire il proprio voler bene e di costruirsi come figlio forte di una storia lunga che lo precede e artefice di un futuro che verrà e che è in suo potere costruire. Tutto è possibile al figlio che si fa forte dell’amore del padre, anche vincere il male e sconfiggere la paura che sembrano avere un potere assoluto sugli uomini.
Cari fratelli e care sorelle, è questo il messaggio delle beatitudini che Gesù proclamò ai suoi discepoli e ripete alle folle di ogni tempo. Il figlio non è schiavo della paura delle contrarietà della vita, è libero perché è forte dell’amore del Padre su cui sa di poter contare. Per questo non lo vince il pianto, la persecuzione e l’insulto: non perché disprezza e si sente superiore, ma perché confida in una forza che niente può abbattere, quella dell’amore. Chi può impedire di amare se io lo voglio? E chi ci separerà dall’amore di Dio, si chiede l’Apostolo Paolo, se non siamo noi a volercene allontanare (Rm 8,35)? Questo vogliono descrivere le beatitudini, cioè la condizione di quanti hanno vissuto, e vivono oggi, la santità: è il ritratto di chi è libero e forte della forza del proprio legame di figlio con Dio, e non con le illusorie immagini vincenti di questo mondo.
Cari fratelli e care sorelle, questo hanno vissuto i santi, e per questo li ricordiamo oggi. Le loro storie ci dimostrano che non è impossibile vivere la libertà di essere figli di Dio, di accogliere con umiltà il suo amore e di non rivendicare con orgoglio e ingratitudine la nostra autonomia. È questo il messaggio che ci viene da una storia lunga alla quale siamo chiamati di entrare a far parte, perché dentro il popolo dei figli di Dio ci salviamo e possiamo far nostra la salvezza che viene al mondo da Dio.



Preghiere 

O Dio nostro padre, aiutaci a non rinnegare mai di essere tuoi figli, ma di tornare a te con umile sottomissione, per riempirci del tuo amore,
Noi ti preghiamo


Sostieni o Dio chi si allontana da te e cerca con orgoglio l’illusione della forza dell’orfano. Aiuta ciascuno a ritrovare la via dell’umiltà e della conformazione al tuo volere,
Noi ti preghiamo


Sostieni o Dio quanti annunciano e testimoniano il Vangelo che rende liberi di amare e di operare il bene,
Noi ti preghiamo


Sostieni o Signore quanti ti cercano nella via umile del servizio ai fratelli e alle sorelle più piccoli. Fa’ che ti incontrino come Signore della consolazione e Padre della speranza,
Noi ti preghiamo


Proteggi o Dio le comunità dei discepoli che si riuniscono nel tuo nome. Perché nessuno sia più perseguitato a causa del Vangelo e si realizzi l’incontro e il rispetto fra i popoli e le culture diverse,
Noi ti preghiamo


Consola o Padre misericordioso chi oggi è nel dolore: i profughi, i migranti, gli anziani, i malati, i senza casa e senza famiglia. Dona a tutti guarigione e salvezza,
Noi ti preghiamo.


Dona o Dio sicurezza e serenità a quanti sono stati colpiti dal recente terremoto. Perché cessino i colpi che la natura infligge agli animi scossi di chi ha perso tutto e fa fatica a ricostruire il proprio futuro,
Noi ti preghiamo


O Dio, Proteggi e accompagna papa Francesco nel viaggio in Nord Europa che lo porta a vivere la fraternità con i cristiani riformati luterani. Fa’ che dai suoi gesti e dalle sue parole si aprano nuove vie di unità nell’amore,
Noi ti preghiamo


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