martedì 8 marzo 2011

Mercoledì delle Ceneri - 1 marzo 2006


dal libro della Genesi 3,7-12
Il Signore disse: «Ho osservato la miseria del mio popolo in Egitto e ho udito il suo grido a causa dei suoi sorveglianti; conosco infatti le sue sofferenze. Sono sceso per liberarlo dalla mano dell’Egitto e per farlo uscire da questo paese verso un paese bello e spazioso, verso un paese dove scorre latte e miele, verso il luogo dove si trovano il Cananeo, l’Hittita, l’Amorreo, il Perizzita, l’Eveo, il Gebuseo. Ora dunque il grido degli Israeliti è arrivato fino a me e io stesso ho visto l’oppressione con cui gli Egiziani li tormentano. Ora và! Io ti mando dal faraone. Fa’ uscire dall’Egitto il mio popolo, gli Israeliti!». Mosè disse a Dio: «Chi sono io per andare dal faraone e per far uscire dall’Egitto gli Israeliti?». Rispose: «Io sarò con te. Eccoti il segno che io ti ho mandato: quando tu avrai fatto uscire il popolo dall’Egitto, servirete Dio su questo monte».
Commento

Cari fratelli e care sorelle, ci troviamo all’inizio di questo tempo di Quaresima e la giornata di oggi, mercoledì delle ceneri, è come la soglia che varchiamo per entrare nel cammino di Quaresima. Il segno austero della cenere posta sul capo ci invita a vivere questi giorni che ci separano dalla Pasqua con un atteggiamento diverso dal solito, più serio e pensoso. Si apre un tempo di digiuno e di meditazione, di compagnia con la Scrittura e di riflessione sulla nostra vita e sul nostro rapporto con Dio.

La Quaresima infatti è un dono.
Riceviamo in regalo questi quaranta giorni per giungere alla terra promessa della nostra felicità che è la Resurrezione di Nostro Signore. Come abbiamo ascoltato dal libro dell’Esodo: “Il Signore disse: «Ho osservato la miseria del mio popolo in Egitto e ho udito il suo grido a causa dei suoi sorveglianti; conosco infatti le sue sofferenze. Sono sceso per liberarlo dalla mano dell’Egitto e per farlo uscire da questo paese verso un paese bello e spazioso, verso un paese dove scorre latte e miele,..”

Sì, il Signore si è chinato sulla nostra vita, ha osservato la nostra miseria e ha dato ascolto al grido dei poveri. Per questo ci dona la Quaresima, perché anche noi usciamo dall’Egitto e iniziamo il viaggio verso la terra bella e spaziosa, dove scorre latte e miele, dove troveremo la vita nuova del Risorto.

Tutto questo non è scontato, non è un diritto, né un’abitudine banale. La terra promessa non è un luogo comune o una pia illusione per ingenui. Il mercoledì delle ceneri è un gesto di amore di Dio, non possiamo svuotarlo facendone quasi una superstizione o un rito vuoto di significato. Il mercoledì delle ceneri è la porta che ci fa ricevere il dono della Quaresima. Siamo sicuri che possiamo disprezzare a cuor leggero questo dono, che non ne abbiamo bisogno?

Il popolo di Israele viveva da molti anni in Egitto in stato di schiavitù. Era sottoposto al giogo di sorveglianti spietati e ad un lavoro massacrante, senza poter sperare nella fine di questa situazione. Eppure quando Mosè annuncia loro che Dio gli ha annunciato che li avrebbe condotti fuori dall’Egitto e liberati dalla schiavitù essi lo rifiutano: “Mosè così parlo agli israeliti, ma essi non ascoltarono Mosè perché erano all’estremo della sopportazione per la dura schiavitù” (Gen 6,9), la schiavitù cioè li aveva così umiliati da non permettere loro di alzare lo sguardo e vedere oltre la loro situazione attuale.
Con serietà ci poniamo oggi la domanda: noi sentiamo il peso della nostra situazione di schiavitù, o vi siamo così assuefatti da non poter alzare lo sguardo oltre la vita che già facciamo? Sì, anche noi, come il popolo d’Israele in Egitto, siamo schiavi dei nostri modi di vivere, così normali ma anche, a volte, così poco umani.

Siamo schiavi dalla nostra incapacità a voler bene ai fratelli e alle sorelle, così pronti a giudicarli e a spazientirci perché non sono come noi vorremmo.

Siamo schiavi del ritmo di una vita ormai fissata nelle sue abitudini, tanto che trovare un po’ di tempo da dedicare a chi è povero ci costa enorme sacrificio o ci sembra addirittura impossibile.

Siamo schiavi del sentirci poco portati a stare con altre persone, specie quelle con difficoltà o dalla vita che ci pone interrogativi, e più adatti a occuparci delle cose materiali, tanto qualcuno ci deve pensare, ci diciamo.

Siamo schiavi dei modi di fare spicci e un po’ giudiconi, che credono di saper capire al volo le persone e le situazioni, senza il bisogno di ascoltare e capire, senza interrogarsi.

Siamo schiavi del pensare sempre prima di tutto al proprio interesse, alla propria comodità, sicuri che tanto tutti fanno lo stesso.

Siamo schiavi del crederci capaci, esperti, pratici, pieni di risorse, senza dover porci problemi e dubbi su di noi.

Siamo schiavi dell’affannarci dietro a tante cose, senza lasciare il tempo per tornare sulla Scrittura, per fermarsi ad ascoltare chi ci è accanto, per pregare.

Siamo schiavi del credere che la vita dobbiamo prenderla così come viene, assecondare il nostro carattere così come ce lo troviamo, che non c’è bisogno di costruirci pazientemente, giorno dopo giorno, un’umanità più mite e compassionevole, più riflessiva e pacifica, più preoccupata degli altri e meno di sé.

Sì, sono tante le schiavitù a cui ci siamo così abituati, tanto da non desiderare più di esserne liberati, come dice Israele a Mosè.

Per fortuna il Signore è tenace e misericordioso e ha già preparato il paese nuovo in cui accompagnarci, l’umanità calda, fraterna, sollecita al dolore degli altri, sensibile, profonda alla quale vuole condurci. Per fortuna invia ancora una volta Mosè in questo mercoledì delle ceneri a proporci il dono della Quaresima, tempo dell’esodo dall’Egitto per incamminarci verso la terra promessa.
L’esodo è uscire dalla vita di sempre. Gli israeliti aprono gli occhi sulla propria schiavitù e decidono di seguire Mosè in un viaggio difficile verso la meta della liberazione. E’ una scelta difficile, che li obbliga a lasciarsi dietro tante cose della propria vita, i propri beni, la stabilità che, nel bene e nel male, si erano costruiti in Egitto, nonostante la schiavitù.

Il mercoledì delle ceneri è anche per noi il momento della scelta. Anche noi abbiamo il nostro Mosè, che è la parola di Dio, che ci propone oggi un esodo che non è un timido affacciarsi alla finestra della nostra vita per sentire un po’ che aria tira fuori dal caldo di casa nostra. Esodo vuol dire uscire portandosi dietro il minimo indispensabile, con la certezza che nei terreni sconosciuti nei quali ci inoltreremo il Signore non ci farà mancare l’acqua, come fece con Israele a Massa e Meriba, il pane, come fece col dono della manna, il nutrimento sostanzioso, come fece con le quaglie sull’accampamento, la guida, come fece con la colonna di fuoco, la sua compagnia affettuosa e consolante, come fece con l’Arca dell’alleanza.

Siamo pronti a fare il nostro esodo dall’Egitto della vita di sempre, delle sue schiavitù, della miseria del nostro peccato per cercare con la compagnia di Dio la libertà del voler bene? Questa è la domanda che ci pone il mercoledì delle ceneri, porta che ci fa entrare nella Quaresima, e la cenere che riceviamo sul capo è il segno che vogliamo sottometterci con fiducia ed umiltà a questo bel disegno di Dio sulla nostra vita.

E’ una decisione importante e impegnativa, che ci chiede lavoro e memoria, sforzo per cambiare il nostro cuore e per rendere disponibili le nostre braccia. Come fare? Dove trovare il coraggio? Questa non è una domanda da vigliacchi, ma da gente che, umilmente, sa la misura stretta della propria generosità e la poca tenacia della propria decisione. Anche Mosè si pone lo stesso problema: “Mosè disse a Dio: «Chi sono io per andare dal faraone e per far uscire dall’Egitto gli Israeliti?»”.
Chi siamo noi?”, ci domandiamo un po’ timorosi stasera. Il Signore non lascia senza risposta Mosè, e le sue parole sono rivolte stasera a ciascuno di noi come incoraggiamento nel nostro esodo: “Rispose: «Io sarò con te. Eccoti il segno che io ti ho mandato: quando tu avrai fatto uscire il popolo dall’Egitto, servirete Dio su questo monte»” Abbiamo una promessa e un segno: la promessa che non saremo mai abbandonati (Io sarò con te); il segno che come un sigillo ci rende fermi e inattaccabili, la preghiera (servirete Dio su questo monte).

Dal monte di questa preghiera questa sera rivolgiamo dunque la nostra invocazione al Signore che ha liberato Israele dalla schiavitù e l’ha condotto nella terra promessa, perché non ci scoraggiamo nel cammino del nostro esodo, perché con gli occhi aperti sulla nostra schiavitù intraprendiamo il nostro esodo, attenti alla Parola di Dio, nostro Mosè, e pronti a tornare di frequente sul monte della preghiera a servire il Signore che ci libera.
Con animo grato accogliamo allora in questo mercoledì il dono della Quaresima, tempo di decisione e di conversione del cuore, tempo opportuno per imparare a voler bene. Chiniamo il capo per ricevere nella cenere il suggello dell’umiltà e della docilità con cui Dio ci segna. E così sia.

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