venerdì 11 marzo 2011

Scuola del Vangelo 20101/11 - XVI incontro - Il tempo di Quaresima

Mercoledì delle Ceneri – 9 marzo 2011


Dal libro del profeta Gioèle 2,12-18

Così dice il Signore:
«Ritornate a me con tutto il cuore,
con digiuni, con pianti e lamenti.
Laceratevi il cuore e non le vesti,
ritornate al Signore, vostro Dio,
perché egli è misericordioso e pietoso,
lento all’ira, di grande amore,
pronto a ravvedersi riguardo al male».
Chi sa che non cambi e si ravveda
e lasci dietro a sé una benedizione?
Offerta e libagione per il Signore, vostro Dio.
Suonate il corno in Sion,
proclamate un solenne digiuno,
convocate una riunione sacra.
Radunate il popolo,
indite un’assemblea solenne,
chiamate i vecchi,
riunite i fanciulli, i bambini lattanti;
esca lo sposo dalla sua camera
e la sposa dal suo talamo.
Tra il vestibolo e l’altare piangano
i sacerdoti, ministri del Signore, e dicano:
«Perdona, Signore, al tuo popolo
e non esporre la tua eredità al ludibrio
e alla derisione delle genti».
Perché si dovrebbe dire fra i popoli:
«Dov’è il loro Dio?».
Il Signore si mostra geloso per la sua terra
e si muove a compassione del suo popolo.


Oggi apriamo un capitolo importante della nostra vita di quest’anno. Il tempo di Quaresima infatti è una tappa significativa per il nostro rapporto con Dio. A questo tempo si collegano nella nostra memoria tanti ricordi circa gli usi del passato: la pratica del digiuno, altre devozioni, il divieto di fare feste o celebrare matrimoni, ecc… Normalmente ci si rammarica del fatto che tutte queste abitudini e riti che facevano parte della vita sociale e caratterizzavano un periodo dell’anno siano venute meno e in fondo niente più differenzi queste giornate da tutte le altre dell’anno. Da una parte è un segno negativo, forse, ma dall’altra è anche una sfida: non si tratta oggi infatti più di adagiarsi su di un comportamento sociale, qualche regola da osservare, ma piuttosto ci è chiesto di caratterizzare le nostre giornate con una “Quaresima del cuore”, che se è vissuta con profondità non è meno visibile e decisiva di quella dei “riti” sociali di un tempo.

Nelle parole del profeta Gioele che nella liturgia odierna ci sono proposte Dio infatti chiede: “Laceratevi il cuore e non le vesti”, proprio a sottolineare che il lavoro da compiere è innanzitutto interiore e non superficiale ed esteriore. Siamo infatti più disponibili a rinunciare magari a qualcosa o a cambiare qualche nostra abitudine, tanto sappiamo che è solo per un periodo, siamo ben disponibili a lamentarci per i tempi che corrono, ma è ben più difficile “lacerare il proprio cuore”, perché fa male e lascia una cicatrice che non passa.


La prima cosa allora che vogliamo è che questa Quaresima passi lasciando un segno, una cicatrice, non superficiale, ma profonda nelle fibre della nostra esistenza, fin nel loro cuore profondo.


È l’augurio, per così dire, con cui iniziamo questa nostra meditazione e preghiera del Mercoledì delle Ceneri che apre la Quaresima. La prima constatazione, se vogliamo banale, ma non ovvia, è che la Quaresima si apre non in un giorno festivo. Non sarebbe stato più opportuno spostarlo alla domenica, per renderlo più visibile? Anche in questo caso questo inizio così importante rischia di passare inosservato: la vita continua con i suoi ritmi, chi se ne accorge? Ma forse non è un caso che una tappa così importante si apra proprio nel cuore della vita feriale, perché il tempo del Signore si mischia con quello degli uomini, fino quasi a scomparire. Non ci sono due tempi: quello di Dio, degli ideali, della santità, della perfezione, del Vangelo, e poi un tempo degli uomini, molto più modesto, in cui il compromesso è indispensabile per andare avanti, in cui tutto è per forza più grigio e più brutto, in cui prevale la nostra miseria e modestia. No, il tempo di Dio non è un tempo estraneo alla vita di tutti i giorni, non richiede di isolarsi e rendersi stranieri al tempo di tutti, ma scorre assieme a quello di tutti perché vuole animarlo dal di dentro. Questo Mercoledì allora non è innanzitutto un mercoledì del calendario, ma l’inizio di un tempo del cuore, in cui è protagonista la nostra vita interiore. Questo non vuol dire che è una cosa privata e intimistica, giocata fra me e i miei stati d’animo, tant’è che ci siamo riuniti assieme per ascoltare la scrittura, pregare, ricevere il segno della cenere.


Dio c’invita innanzitutto: “Ritornate a me con tutto il cuore, con digiuni, con pianti e lamenti.” C’è bisogno di muoversi e di avere una direzione ben precisa: tornare da Lui. Nella nostra vita spesso le direzioni verso le quali ci muoviamo sono molteplici, e non sempre compatibili. Verso quello che ci sembra il nostro interesse, verso quello dei nostri cari, verso l’espletamento dei nostri doveri, verso le mode, verso la direzione a cui ci sospinge l’abitudine o il fare comune di tutti, ecc… Come dicevamo domenica scorsa, la nostra vita spesso è vissuta in nome dell’arte del compromesso per poter trovare un modo per mettere d’accordo tutte le direzioni verso le quali siamo indirizzati.


Proprio per questo, a volte, quando ci fermiamo a riflettere, in quei rari momenti di lucidità, ci sembra poi di non essere mai andati molto avanti e di aver zigzagato un po’ qua e un po’ là, alla fine poi girando sempre attorno a se stessi.


Per questo la Quaresima ci invita, almeno per queste settimane, a prendere con decisione la direzione giusta, quella verso di lui: “Ritornate a me”. Ma come fare: troppe rinunce, troppi sacrifici, poi a certe cose non possiamo dire di no: l’agenda e il calendario non è nelle nostre disponibilità. In realtà se ci proviamo scopriamo che non è vero. Infatti andare verso il Signore non significa uscire dal terreno della nostra vita per camminare su una nuvola per aria, così come il tempo vissuto con il Signore non è un tempo diverso da quello della vita umana. Solo si tratta di scegliere la direzione verso cui camminare, poi con chi lo facciamo non importa, anzi, più siamo e meglio è. Allora, ad esempio, lavorare sì, certo, non si può interrompere, e Dio non ce lo chiede, ma si può viverlo cercando di restare vicini a Dio, non prevaricando, non affannandosi per carriera e affarismo, tenendo conto di chi abbiamo accanto, non facendo del proprio lavoro l’unico scopo che ci tiene in vita, ecc… Così con la famiglia: tanti doveri ci legano ad essa, certo, ma con la priorità di vivere un amore che ha per modello quello di Dio e che per questo ci avvicina a lui: non schiavi delle pretese dei parenti, o angosciati per soddisfare le loro smanie egocentriche, o facendo noi sì che per sentirci indispensabili si scarichi sui rapporti familiari un surplus di attenzioni e di aspettative che poi restano regolarmente, come naturale, deluse. Oppure le altre occupazioni quotidiane.


Insomma, mi sembra che, contrariamente a quanto sembra a prima vista, avere nella propria settimana la priorità chiara di dover vivere in cammino verso Dio e non appresso all’ultima cosa che capita o che gli altri pretendono da noi, ridà ad essa un ordine e un senso unitario, uno scopo chiaro, tutte cose che non solo ci fanno stare meglio ma trasformano dal di dentro i nostri rapporti e la qualità di quello che facciamo, rendendo tutto più bello e ricco di senso.


Proviamo in questo tempo di Quaresima e ce ne accorgeremo.


Certo fare questo ci chiede uno sforzo, perché non ci viene naturale. È quel “lacerare il cuore” di cui parlavamo all’inizio, che fa male, in un primo tempo, ma fa sì che un cuore sclerotizzatato nelle abitudini e indurito torni a palpitare e a scaldarsi per qualcuno che non sono solo io e a pompare sangue in membra altrimenti esangui e debilitate dal non occuparsi ossessivamente altro che di se stessi.


Il profeta Gioele continua: “ritornate al Signore, vostro Dio, perché egli è misericordioso e pietoso, lento all’ira, di grande amore, pronto a ravvedersi riguardo al male.”


Il motivo di incamminarsi verso il Signore è perché egli è buono e ci vuole bene, tanto da “ravvedersi riguardo al male”. Questa ultima notazione riassume, in conclusione di frase, con quale segno veramente incredibile si manifesta l’amore di Dio: rinunciare al male che, secondo giustizia, noi ci saremmo meritati per il nostro comportamento. E il male più grande che Dio può fare agli uomini è trascurarli e dimenticarsi di loro.

Sì, spesso la nostra vita ordinaria è una vita che zigzagando attorno a sé, come dicevamo prima, si dimentica completamente di Dio, trascura le sue ragioni, ignora il suo invito a ricordarsi di lui e disconosce il bisogno che abbiamo di tutto quello che lui ci dona per vivere. Davanti a questo atteggiamento giustizia vorrebbe che Dio ci ripagasse con la stessa moneta, dimenticandosi di noi.
Ma Dio è molto di più che giusto, è buono, e per questo è “pronto a ravvedersi riguardo al male” che noi ci meriteremmo. Basta un segno, un gesto, un ricordo, un’attenzione verso di lui che prevalga nel suo cuore paterno l’amore per noi.


La Quaresima è allora un tempo opportuno per concentraci verso di lui, prestare attenzione alla sua parola, provare a vivere camminando verso di lui e non dietro a noi stessi, pur restando nei luoghi e nel tempo di sempre.


Il gesto con cui apriamo questa Quaresima è chinare il capo e ricevere la cenere su di esso. È un gesto antico con il quale l’uomo riconosce la fragilità della propria volontà e chiede umilmente a Dio aiuto per decidere di incamminarsi verso di lui e a non perdersi dietro a sé e a ciò che non vale niente.

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