venerdì 2 novembre 2012

Commemorazione dei defunti - 2 novembre 2012




Dal libro della Sapienza 3,1-9

Le anime dei giusti sono nelle mani di Dio, nessun tormento le toccherà. Agli occhi degli stolti parve che morissero; la loro fine fu ritenuta una sciagura, la loro partenza da noi una rovina, ma essi sono nella pace. Anche se agli occhi degli uomini subiscono castighi, la loro speranza è piena di immortalità. Per una breve pena riceveranno grandi benefici, perché Dio li ha provati e li ha trovati degni di sé; li ha saggiati come oro nel crogiuolo e li ha graditi come un olocausto. Nel giorno del loro giudizio risplenderanno; come scintille nella stoppia, correranno qua e là. Governeranno le nazioni, avranno potere sui popoli e il Signore regnerà per sempre su di loro. Quanti confidano in lui comprenderanno la verità; coloro che gli sono fedeli vivranno presso di lui nell’amore, perché grazia e misericordia sono riservate ai suoi eletti.

 

Salmo 41 - L’anima mia ha sete del Dio vivente.
Come la cerva anela ai corsi d’acqua,
così l’anima mia anela a te, o Dio.

L’anima mia ha sete di Dio, del Dio vivente:
quando verrò e vedrò il volto di Dio?

Avanzavo tra la folla, la precedevo fino alla casa di Dio,
fra canti di gioia e di lode di una moltitudine in festa.

Manda la tua luce e la tua verità: siano esse a guidarmi,
Mi conducano alla tua santa montagna, alla tua dimora.

Verrò all’altare di Dio, a Dio, mia gioiosa esultanza.
A te canterò sulla cetra, Dio, Dio mio.

Perché ti rattristi, anima mia, perché ti agiti in me? +
Spera in Dio: ancora potrò lodarlo,
lui, salvezza del mio volto e mio Dio.

 

Dal libro dell’Apocalisse di S. Giovanni Apostolo 21,1-5.6-7

Io, Giovanni, vidi un nuovo cielo e una nuova terra, perché il cielo e la terra di prima erano scomparsi e il mare non c’era più. Vidi anche la città santa, la nuova Gerusalemme, scendere dal cielo, da Dio, pronta come una sposa adorna per il suo sposo. Udii allora una voce potente che usciva dal trono: «Ecco la dimora di Dio con gli uomini! Egli dimorerà tra di loro ed essi saranno suo popolo ed egli sarà il “Dio-con-loro”. E tergerà ogni lacrima dai loro occhi; non ci sarà più la morte, né lutto, né lamento, né affanno, perché le cose di prima sono passate». E Colui che sedeva sul trono disse: «Ecco, io faccio nuove tutte le cose. Io sono l’Alfa e l’Omega, il Principio e la Fine. A colui che ha sete darò gratuitamente acqua della fonte della vita. Chi sarà vittorioso erediterà questi beni; io sarò il suo Dio ed egli sarà mio figlio».

 

Dal Vangelo secondo Matteo 5,1-12

In quel tempo, vedendo le folle, Gesù salì sulla montagna e, messosi a sedere, gli si avvicinarono i suoi discepoli. Prendendo allora la parola, li ammaestrava dicendo: «Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli. Beati gli afflitti, perché saranno consolati. Beati i miti, perché erediteranno la terra. Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati. Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia. Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio. Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio. Beati i perseguitati per causa della giustizia, perché di essi è il regno dei cieli. Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli».

Commento

Cari fratelli e care sorelle, siamo oggi qui raccolti in tanti per fare memoria dei nostri cari defunti. Fare memoria è una cosa bella e importante. Ricordare una persona vuol dire continuare a volerle bene, anche se non è fisicamente più accanto a noi. La memoria è il modo con cui Dio fa sì che niente di ciò che vale veramente della nostra vita e di quello di chi ci sta a cuore vada perduto, e la memoria di Dio è eterna e infallibile, è garanzia di quell’eternità che il libro della Sapienza promeytte al giusto: “Le anime dei giusti sono nelle mani di Dio... Signore regnerà per sempre su di loro.” Anche noi possiamo partecipare di questa memoria di Dio, nella preghiera e nell’affetto, e così diveniamo un po’ più simili a lui, poiché dimenticare è il modo con cui gli uomini e le donne dicono che gli importa solo di sé stessi. Dio invece non dimentica nessuno, Dio non lascia cadere nemmeno un attimo della nostra vita, perché gli stiamo a cuore e si ricorda di tutti. Una volta Gesù rivolto ai suoi discepoli disse: “In verità vi dico: tutto quello che legherete sopra la terra sarà legato anche in cielo”, cioè i legami di amore che stringiamo qui sulla terra con le persone che ci amano e a cui vogliamo bene non saranno mai sciolti, anche dopo la morte, perché Dio li conserva nella sua memoria.

Giovanni nel brano dell’Apocalisse che abbiamo ascoltato ci offre una visione grandiosa. Come dicevamo già ieri per la festa dei Santi, egli ha imparato da Gesù ad avere uno sguardo diverso sul mondo: non lo sguardo limitato e chiuso all’orizzonte circoscritto della mia piccola vita, ma quello largo e grandioso dell’amore. Questo sguardo permette all’apostolo di vedere un mondo nuovo, quella Gerusalemme che scende dal cielo in cui gli uomini vivono con Dio. E’ questo lo sguardo con cui dobbiamo vedere oggi i defunti. Purtroppo spesso noi siamo abituati a pensarli con lo sguardo piccolo, quello che non sa guardare oltre il passato. Questo sguardo piccolo ci porta a vivere nella tristezza, nel rimpianto. Le persone che ci hanno lasciato ci sembrano perdute per sempre, separate da una distanza incolmabile che ci lascia sgomenti e smarriti. Per questo tanto attaccamento alle cose materiali, ai ricordi, agli oggetti, agli ambienti in cui sono vissute le persone, quasi che sono solo quelle le cose che restano di loro. Ma questo significa guardare alla vita con lo sguardo materiale, piccolo di chi vive solo nell’orizzonte limitato dell’oggi. Lo sguardo dell’amore ci apre prospettive diverse. Ci fa vedere i nostri cari nell’orizzonte dell’amore di Dio che non dimentica e non lascia nessuno. Dice il libro della Saèpienza: “la loro speranza è piena di immortalità” proprio per indicare questa nuova dimensione in cui pensare chi è defunto: una speranza fiduciosa in Dio che li riempie e ci riempie di immortalità.

Questa speranza piena di immortalità, ci dice Giovanni, non è una aspirazione ideale, ma ha una sua concretizzazione fisica, un luogo in viverla concretamente, ed è quella Gerusalemme celeste che l’Apocalisse descrive. E’ una città non come la nostra, c’è posto per tutti, e al contrario di quella attuale le lacrime sono asciugate, il lutto e il lamento consolato. E’ la città dell’amore di Dio vissuto, in cui nessuno è dimenticato. E questa città non è solo un sogno per il futuro, è già la realtà che possiamo vivere fin da ora se facciamo nostro la memoria piena di amore di Dio.

E’ quello che Gesù dice ai suoi discepoli parlando delle beatitudini. Sì la vera gioia è nel vivere fin da ora la prospettiva dell’amore in cui la tristezza e il dolore sono vinti dalla consolazione e la vicinanza dei fratelli. Ma come è possibile, pensiamo spesso noi, che la vita continui quando il corpo non c’è più? E’ la domanda che ha afflitto tanti uomini e donne da sempre. Se guardiamo alla vita con gli occhi materialisti che da importanza solo a quello che si tocca e si vede è normale restare smarriti davanti alla morte. Ma se impariamo a guardare alla vita con gli occhi di Dio vedremo tanto di più. Vedremo l’amore che c’è dietro i gesti concreti; dietro a tate parole pronunciate vedremo la mitezza, la generosità; dietro tante azioni vedremo la fiducia nel fratello, la disponibilità a consolare, il desiderio di costruire il bene,. Questo non finisce con la morte, questo resta, questa è l’immortalità che ci promette il Signore Dio.

Ma ancora di più questo non si arresta con la morte, ma continua a operare e a influenzare sulla vita nostra e del mondo.

 E’ quella comunione dei santi e con i santi che fa’ sì che essi continuino ad operare in mezzo a noi, se guardiamo con occhi non solo materialisti. Al contrario se noi cerchiamo solo la materialità dei gesti, il suono delle parole dette, più che il loro valore, resteremo senza niente e dovremo accontentarci di rimpianti e tristezza. In questa giornata siamo invitati ad accogliere questa eredità di bene che i defunti ci lasciano, a non disperderla, come fa Dio. In questo modo possiamo scoprire una ricchezza che supera di molto i confini del nostro io, perché questa eredità ci viene  non solo dai nostri parenti. Il tesoro che ci è donato è quello di tutti i defunti, conosciuti e ignoti, vicini e lontani, attuali e antichi. Tutti insieme nella Gerusalemme celeste continuano a vivere l’amore che in vita hanno vissuto e questo bene si riversa anche su di noi. Per questo la peggior condanna è vivere una vita senza amore, perché in quel caso non resta niente, non c’è futuro e la morte è veramente l’ultima parola. Se dietro le azioni, le parole, le vicende di qualcuno non c’è mai stato amore, allora sì che tutto è irrimediabilmente perduto, finisce con la fine della vita sulla terra perché non ha vissuto niente che sia andato oltre la pura materialità fine a sé stessa. Ma di ciascuno il Signore sa cogliere anche il minimo segno di amore, per quanto piccolo e trascurabile. Niente va perduto e tutto è conservato nella memoria affettuosa, misericordiosa ed eterna di Dio.

Con questa certezza e con la gioia nel cuore che viene dalla Parola di Dio, continuiamo a pregare assieme ai nostri cari defunti, ad unire i nostri gesti di amore ai loro, a guadare il mondo con gli occhi di Dio che sa vedere oltre la materialità superficiale per penetrare i cuori. Essi infatti ci ricordano quello che ci attende: “coloro che gli sono fedeli vivranno con lui nell’amore, perché ai suoi amici sono riservate grazia e misericordia.                               

 

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