mercoledì 24 luglio 2013

Liturgia bizantina - 2 giugno 2013


 
Matteo 4,18-23

Mentre camminava lungo il mare di Galilea vide due fratelli, Simone, chiamato Pietro, e Andrea suo fratello, che gettavano la rete in mare, poiché erano pescatori.  E disse loro: «Seguitemi, vi farò pescatori di uomini».  Ed essi subito, lasciate le reti, lo seguirono.  Andando oltre, vide altri due fratelli, Giacomo di Zebedèo e Giovanni suo fratello, che nella barca insieme con Zebedèo, loro padre, riassettavano le reti; e li chiamò.  Ed essi subito, lasciata la barca e il padre, lo seguirono. Gesù andava attorno per tutta la Galilea, insegnando nelle loro sinagoghe e predicando la buona novella del regno e curando ogni sorta di malattie e di infermità nel popolo.

 

Romani 2,10-16

Fratelli, gloria, onore e pace per chi opera il bene, per il Giudeo prima e poi per il Greco,  perché presso Dio non c'è parzialità.  Tutti quelli che hanno peccato senza la legge, periranno anche senza la legge; quanti invece hanno peccato sotto la legge, saranno giudicati con la legge.  Perché non coloro che ascoltano la legge sono giusti davanti a Dio, ma quelli che mettono in pratica la legge saranno giustificati.  Quando i pagani, che non hanno la legge, per natura agiscono secondo la legge, essi, pur non avendo legge, sono legge a se stessi;  essi dimostrano che quanto la legge esige è scritto nei loro cuori come risulta dalla testimonianza della loro coscienza e dai loro stessi ragionamenti, che ora li accusano ora li difendono.  Così avverrà nel giorno in cui Dio giudicherà i segreti degli uomini per mezzo di Gesù Cristo, secondo il mio vangelo.

 

Commento

 

Cari fratelli e care sorelle, il Vangelo che abbiamo appena ascoltato ci fa incontrare Gesù mentre inizia il suo ministero. Sono i primi passi di un lungo cammino in mezzo alle folle che prende l’avvio da un luogo periferico, la Galilea, e si concluderà con la morte e resurrezione a Gerusalemme, capitale d’Israele, centro della vita religiosa e sociale del popolo.

Gesù inizia dalla periferia, come tante volte papa Francesco ci ha ricordato in questi primi mesi del suo ministero, e il suo accento galileo lo identifica, come si vede chiaramente nell’episodio del tradimento di Pietro. Il Signore ha il volto del periferico, ne usa la lingua, non si vergogna di essere individuato come tale, anche se qualcuno ironizza su queste sue umili origini: “Da Nàzaret può venire qualcosa di buono?" dice Natanaele di lui (Gv 1,46). Quello che Gesù ha da dire, il suo Vangelo, è indirizzato dunque innanzitutto a gente periferica, come descrive l’evangelista Matteo: “Gesù andava attorno per tutta la Galilea, insegnando nelle loro sinagoghe e predicando la buona novella del regno e curando ogni sorta di malattie e di infermità nel popolo. Egli cioè si rivolge a gente che non trova in sé il centro e non fa ruotare la propria vita attorno a sé. E quando Gesù incontrerà la realtà del centro, Gerusalemme, subito si evidenzieranno ostilità e chiusura nei suoi confronti: cosa ha da dire un marginale, uno che viene da fuori a gente abituata invece a sentirsi parte del nucleo di quelli che contano?

Ancora oggi spesso il Vangelo è giudicato troppo semplice, quasi rozzo in quella sua pretesa di poter essere vissuto da tutti, e anche a noi sembra un cibo poco adatto a palati raffinitati e che ormai hanno fatto l’abitudine ai sapori delicati e complessi di una psicologia evoluta e di esperienze ricercate.

Eppure Gesù dalla Galilea parte e a gente di lì rivolge il suo invito ad andare con lui e, paradossalmente,  ad essi affiderà il compito di far giungere il suo Vangelo a tutti gli angoli della terra: “Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli” (Mt 28,19).

Sembra un non senso: come affidare un compito così complesso a semplici pescatori, illetterati e senza esperienza del mondo? Eppure proprio quegli uomini galilei daranno l’avvio a quel movimento universale di conversione al Vangelo, come il libro degli Atti ci testimonia. Sì, perché solo chi non ha il centro in se stesso e non ruota attorno a se stesso, ma sente di dover tendere verso l’unico centro che è oltre noi stessi, il Signore Gesù, può aprirsi ad una dimensione universale, come fecero gli apostoli, che riempiti del soffio dello Spirito a Pentecoste, ebbero la capacità di rivolgersi al mondo intero radunato a Gerusalemme.

Lo si vede anche da quello sbilanciamento totale e immediato che i primi quattro apostoli vissero appena raggiunti dall’invito di Gesù; il Vangelo dice: “essi subito, lasciate le reti, lo seguirono.” Hanno intuito che in lui troveranno quel senso e quella pienezza di vita che lì sulle rive del lago, fra reti strappate da rammendare non potranno mai trovare.

Simone, Andrea, Giacomo e Giovanni seguono subito Gesù e fanno di lui il centro attorno a cui far ruotare la propria esistenza, senza incertezze né indugio. Restano sempre gente periferica, ed è questa la loro salvezza, perché hanno trovato in lui qualcuno sul quale incardinare tutta la loro esistenza, sfuggendo così alla tentazione di quell’egocentrismo che condanna alla schiavitù del niente.

La loro è una scelta entusiasta, eppure non basta farla una volta. Dopo la resurrezione di Gesù, nel momento di incertezza che precede la Pentecoste, vediamo infatti i dodici tornare alle barche, riprendere la vita di sempre. Ma la loro pesca è infruttuosa e piena di fatica inutile, perché avvitata attorno a sé e senza più il centro in Gesù. Ci sarà infatti bisogno che i dodici si aprano al soffio potente dello Spirito, amore autentico che fa sbilanciare fuori di sé, per uscire definitivamente dalla gabbia dell’io e aprirsi alla missione universale per il Vangelo.

In questo i poveri ci sono veramente maestri. La vita ha insegnato loro a cogliere con immediatezza e ad attaccarsi con tenacia al centro solido che è il Signore per salvarsi da una vita spesso naufragata sugli scogli delle durezze di un’esistenza precaria. Essi sono periferici e distanti dal centro degli interessi della citta che ruota attorno a se stessa. La corrente li trascina lontano, senza una meta che non sia il capriccio della casualità fra le ondate del male che si abbatte su di loro. Ma quando la comunità porge loro una mano per avvicinarsi al porto sicuro che è il Vangelo, vediamo come spesso ad essa si aggrappano con tenacia, per incamminarsi verso l’unico centro che salva. Infatti Gesù invita i primi apostoli non ad aderire ad una dottrina o farsi seguaci di una scuola, ma ad “andare dietro di lui”. E la comunità è infatti proprio quel popolo di poveri e umili, cioè di tutti quelli che decidono di non andare più dietro a se stessi e di non seguire più i sentieri tortuosi e a spirale che non fanno mai allontanare dall’egocentrismo. Nel seguire Gesù sbilanciati verso l’unico centro cui valga la pena convergere ci troviamo così sempre più vicini a lui e fra di noi e a tutti quelli che per strade diverse e itinerari sconosciuti hanno seguito le stesse orme. Ci troviamo così, magari senza volerlo e senza deciderlo, accanto a molti, le cui storie ci accompagnano, come ad esempio quelle dei vescovi Mar Gregorios e Paul Yazigi che sentiamo così vicini in queste ore di sofferenza per loro e per tutto il popolo della Siria, e i tanti che rivolgono alla comunità le loro richieste o ne condividono la preghiera nei luoghi della città.

Care sorelle e cari fratelli La Pentecoste, con il dono potente dello Spirito, ci invita a sbilanciare le nostre vite per tendere ad un centro che è fuori di noi: il Signore, i poveri, i fratelli. Lasciamoci trascinare, docili al suo soffio, per non trovarci impigliati nelle reti e curvi sulle barche, ma capaci di sollevare lo sguardo verso Gesù, per ascoltare il suo Vangelo e viverlo con i fratelli.

 

 

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