mercoledì 24 luglio 2013

XII domenica del tempo ordinario - 23 giugno 2013


Dal libro del profeta Zaccarìa 12, 10-11; 13.1

Così dice il Signore: «Riverserò sopra la casa di Davide e sopra gli abitanti di Gerusalemme uno spirito di grazia e di consolazione: guarderanno a me, colui che hanno trafitto. Ne faranno il lutto come si fa il lutto per un figlio unico, lo piangeranno come si piange il primogenito. In quel giorno grande sarà il lamento a Gerusalemme, simile al lamento di Adad-Rimmon nella pianura di Meghiddo. In quel giorno vi sarà per la casa di Davide e per gli abitanti di Gerusalemme una sorgente zampillante per lavare il peccato e l’impurità».

 

Salmo 62 Ha sete di te, Signore, l'anima mia.

 

O Dio, tu sei il mio Dio, +
dall’aurora io ti cerco,
ha sete di te l’anima mia,
desidera te la mia carne
in terra arida, assetata, senz’acqua.


Così nel santuario ti ho contemplato,
guardando la tua potenza e la tua gloria.
Poiché il tuo amore vale più della vita,
le mie labbra canteranno la tua lode.


Così ti benedirò per tutta la vita:
nel tuo nome alzerò le mie mani.
Come saziato dai cibi migliori,
con labbra gioiose ti loderà la mia bocca.


Quando penso a te che sei stato il mio aiuto,
esulto di gioia all’ombra delle tue ali.
A te si stringe l’anima mia:
la tua destra mi sostiene.


Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Gàlati 3, 26-29

Fratelli, tutti voi siete figli di Dio mediante la fede in Cristo Gesù, poiché quanti siete stati battezzati in Cristo vi siete rivestiti di Cristo. Non c’è Giudeo né Greco; non c’è schiavo né libero; non c’è maschio e femmina, perché tutti voi siete uno in Cristo Gesù. Se appartenete a Cristo, allora siete discendenza di Abramo, eredi secondo la promessa.

 

Alleluia, alleluia, alleluia.
Le mie pecore ascoltano la mia voce, dice il Signore,
e io le conosco ed esse mi seguono.
Alleluia, alleluia, alleluia.


Dal vangelo secondo Luca 9, 18-24

Un giorno Gesù si trovava in un luogo solitario a pregare. I discepoli erano con lui ed egli pose loro questa domanda: «Le folle, chi dicono che io sia?». Essi risposero: «Giovanni il Battista; altri dicono Elìa; altri uno degli antichi profeti che è risorto». Allora domandò loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Pietro rispose: «Il Cristo di Dio». Egli ordinò loro severamente di non riferirlo ad alcuno. «Il Figlio dell’uomo – disse – deve soffrire molto, essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e risorgere il terzo giorno». Poi, a tutti, diceva: «Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua. Chi vuole salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà la propria vita per causa mia, la salverà».

 

Commento

Gesù rivolge ai discepoli la domanda su chi la gente pensa sia lui. Lo fa in un momento di intimità, mentre stanno per conto loro. Gesù parla a cuore aperto ai dodici, sono la sua famiglia, quelli di cui si fida e a cui si affida. In tutto il Vangelo infatti possiamo vedere che Gesù parla a tanta gente, in situazioni diverse, ma non è con tutti la stessa cosa. Le folle, il più delle volte, lo cercano, lo seguono e lo ascoltano, pensiamo ad esempio a quelli che restano con lui fino a tardi e per i quali Gesù deve moltiplicare il cibo perché sono rimasti così a lungo che non riuscirebbero a procurarselo da soli. Spesso però le folle sono anche volubili e cambiano idea facilmente: pensiamo alle folle di Gerusalemme che un giorno lo acclamano trionfalmente al suo ingresso in città e il giorno dopo gridano a Pilato di liberare Barabba e crocifiggere Gesù.

Il Vangelo ci presenta spesso questo doppio modo di ascoltare Gesù e di stare con lui, come per invitarci a trovare anche noi il modo giusto, a non dare per scontato che chi ascolta Gesù (diremmo oggi “chi viene a Messa”) è un suo discepolo. C’è bisogno di qualcosa di più e il vangelo di oggi ci aiuta a comprendere cosa.

Infatti alla domanda su chi la gente diceva che lui fosse, i discepoli rispondono: “Per alcuni Giovanni il Battista, per altri Elia, per altri uno degli antichi profeti che è risorto.” Tutti cioè pensano di conoscere già Gesù, che è qualcuno di noto, di cui hanno già preso le misure, e che quindi non ha molto di nuovo da dire e da chiedere. Per loro Gesù, in un certo senso, appartiene al passato.

Poi però Gesù rivolge anche ai discepoli la stessa domanda: “Ma voi chi dite che io sia?” E’ una domanda impegnativa, che coinvolge personalmente e profondamente i discepoli. Potremmo dire: ma che bisogno c’era di chiederlo, non vede Gesù che i dodici lo seguono ovunque, hanno lasciato tutto per stare con lui, e affrontano rischi e disagi per amore suo? Non gli basta?

Gesù pone la questione non del “quanto” sono disposti a dare, ma a “chi”.

E questa è la domanda vera: Gesù non è un Dio sempre imbronciato e mai contento di quello che si fa per lui, ma piuttosto è un Dio che vuole essere conosciuto per chi lui è veramente, e fa di tutto per rivelarsi a noi.

Alla domanda del Signore Gesù risponde Pietro: “Il Cristo di Dio.” Con questa espressione Pietro intendeva dire: tu sei il Messia, cioè colui che da secoli Israele attendeva. E’ la novità assoluta, quello che mai era venuto prima, colui che tutti speravano un giorno di vedere, colui che le promesse antiche annunciavano come il compimento del tempo, il completamento del disegno di Dio per l’umanità intera, ciò che mai nessuno aveva conosciuto prima.

Ecco la grande differenza: Gesù non fa parte del passato, non è qualcosa di scontato, ma è uno squarcio sul futuro, apre un tempo nuovo come mai prima si era potuto immaginare e desiderare.

Fratelli e sorelle, questo ci viene oggi a dire la Liturgia: non serve a niente un senso un po’ mesto del sentirsi sempre inadeguati, come studenti impreparati all’interrogazione. A Gesù non interessa solo il passato, più o meno meritevole, che abbiamo vissuto, con le immancabili miserie e glorie, esaltazioni e depressioni, ma ci interroga sul futuro: su chi punti, a chi ti affidi, a chi dai fiducia?

Pietro risponde bene, perché afferma che si vuole affidare non alle esperienze del passato, alla sapienza maturata attraverso l’esperienza sua e delle generazioni passate, ma a chi può fargli vivere quel futuro pieno, il Regno di Dio o dei cieli, che Dio aveva annunciato. Questa è anche la grandezza di prospettive cui i cristiani sono chiamati. La fede ci riapre il futuro, ci dona una visione che non si limita ad aspettarci al massimo ciò che già è accaduto, ma riesce a guardare la realtà come Dio la desidera, rinnovata, trasformata dalla forza del suo amore, come non è mai stata prima. Tante volte da soli noi non riusciamo nemmeno a pensare a noi stessi diversi da come siamo già. Conosciamo i nostri difetti, ma allo stesso tempo pensiamo che siano qualcosa che non è possibile superare, una sorta di DNA del nostro spirito. Ma la novità assoluta che è il Signore ci dice che egli può “fare nuove tutte le cose”, come dice il libro dell’Apocalisse.

Gesù è felice: qualcuno lo ha conosciuto veramente. Il vangelo non dice la reazione del Signore, ma possiamo immaginarla. Per questo Pietro è il primo degli apostoli, perché affida a Gesù il suo futuro con la fiducia piena di chi sa che non sarà deluso. Lascia tutto, non si affida al passato già conosciuto. Questo non lo mette al sicuro dalle tentazioni e dal peccato, lo sappiamo bene, ma la grandezza dei santi non è nell’essere perfetti, ma nell’essere sicuri su ciò che salva il loro destino e gli apre il futuro.

Per questo Gesù prosegue parlando a cuore aperto di quello che lo aspetta e che coinvolgerà anche i discepoli: persecuzione, sofferenza, morte. Chi infatti capisce che Lui è la sua salvezza e si affida con fiducia ai suoi insegnamenti non ha paura delle difficoltà: le affronta perché punta in alto, a qualcosa che né sofferenza né morte gli può togliere quella vita piena che Gesù è venuto ad annunciare e a realizzare.

Anche l’Apostolo Paolo nella lettera ai Galati che abbiamo ascoltato ci invita a considerare di chi vogliamo essere figli: di un passato sicuro ma a volte deludente, pieno di angoli oscuri e qualche lampo di luce, o figli del futuro che Dio ha preparato per noi, rendendoci partecipi della sua stessa vita, come figli suoi ed eredi della sua gloria? Egli dice: “Non c’è Giudeo né Greco; non c’è schiavo né libero; non c’è maschio e femmina, perché tutti voi siete uno in Cristo Gesù.” Cioè non siamo figli di un destino segnato dalla nazionalità, dallo stato sociale, dalle condizioni esterne della nostra vita e neppure dalla nostra stessa identità, ma l’unico destino cui siamo chiamati ad affidarci è essere figli non di noi, non del nostro tempo e mondo ma di Gesù Cristo. È questa la scelta che Gesù, con la sua domanda, chiede di compiere ai suoi discepoli.

Anche per noi è la domanda di questa domenica, è l’interrogativo che Gesù fa a noi, suoi intimi. Vogliamo essere noi in quella cerchia, in quella famiglia di uomini a cui dona tutto se stesso, o ci accontentiamo di far parte di quella folla che crede già di aver capito, di sapere, con un senso scontato che gli viene dalla sapienza del già vissuto? Il Signore ci sostenga nel rispondere con la nostra vita ad una domanda così importante e decisiva.


Preghiere
 

O Signore Dio nostro, ti ringraziamo perché vieni nelle nostre vite a portare la novità del vangelo. Fa’ che sappiamo accoglierla con gratitudine, come la salvezza che il mondo attende e che dona la vita piena,

Noi ti preghiamo
 

Aiutaci o Signore a non aver paura della novità del vangelo, a non preferire ciò che già conosciamo e che il mondo ci propone. Insegnaci ad avere fiducia in te che ci guidi verso un nuovo modo di vivere,

Noi ti preghiamo
 

E’ facile o Signore avere fiducia solo in se stessi e credere solo a quello che la nostra esperienza ci ha insegnato. Aiutaci a non rifiutare la salvezza che hai portato al mondo ma a riconoscere nella tua parola e nel tuo esempio il cammino per imparare la vita vera che non finisce.

Noi ti preghiamo


O Signore Gesù, fa’ che come Pietro sappiamo sperare nel futuro che tu ci proponi. Aiutaci a guardare il mondo con gli occhi del vangelo pieni di fiducia in te e certi che il male può essere vinto.

Noi ti preghiamo

 Ti invochiamo o Dio del cielo, vieni e visita la nostra vita, perché ogni nostra azione sia guidata dal tuo Spirito e animata dal desiderio di realizzare il bene che tu hai preparato per le nostre vite.

Noi ti preghiamo
 

Ti preghiamo, o Signore, per tutti coloro che sono nel dolore: per i poveri, i malati, gli anziani, tutti coloro che sono vittima della guerra, della violenza e del disprezzo. Fa’ che i tuoi discepoli siano operatori di pace e costruttori di giustizia dove ce n’è più bisogno.

Noi ti preghiamo.

 

O Dio, sostienici nelle difficoltà che incontriamo a vivere il bene che ci proponi. Fa’ che incontrando ogni uomo e ogni donna sappiamo riconoscervi il fratello e la sorella che tu ci doni e per i quali continui a dare la vita come un Padre buono e pieno di misericordia. 

Noi ti preghiamo


Sostieni o Signore Gesù quanti lodano il tuo nome e invocano il tuo aiuto. Mostrati in ogni momento pastore buono delle nostre vite, maestro mite ed umile dei tuoi discepoli nel mondo.

Noi ti preghiamo

 

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