Colossesi 1,
21-29
Un tempo anche voi eravate stranieri
e nemici, con la mente intenta alle opere cattive; ora egli vi ha riconciliati
nel corpo della sua carne mediante la morte, per presentarvi santi, immacolati
e irreprensibili dinanzi a lui; purché restiate fondati e fermi nella fede,
irremovibili nella speranza del Vangelo che avete ascoltato, il quale è stato
annunciato in tutta la creazione che è sotto il cielo, e del quale io, Paolo,
sono diventato ministro.
Ora io sono
lieto nelle sofferenze che sopporto per voi e do compimento a ciò che, dei
patimenti di Cristo, manca nella mia carne, a favore del suo corpo che è la
Chiesa. Di essa sono diventato ministro, secondo la missione affidatami da Dio
verso di voi di portare a compimento la parola di Dio, il mistero nascosto da
secoli e da generazioni, ma ora manifestato ai suoi santi.
A loro Dio volle far conoscere la
gloriosa ricchezza di questo mistero in mezzo alle genti: Cristo in voi,
speranza della gloria. È lui infatti che noi annunciamo, ammonendo ogni uomo e
istruendo ciascuno con ogni sapienza, per rendere ogni uomo perfetto in Cristo.
Per questo mi affatico e lotto, con la forza che viene da lui e che agisce in
me con potenza.
L’apostolo Paolo scrive ai cristiani di Colossi con parole
che ci possono apparire complicate e di difficile comprensione. In realtà
questo è perché Paolo assume la prospettiva diversa parlando di sé, cioè quella
di chi si identifica con il corpo stesso di Gesù e, di conseguenza, con il
corpo che è la comunità di coloro che hanno ricevuto il Vangelo. Dice Paolo: egli vi ha
riconciliati nel corpo della sua carne , cioè c’è una appartenenza fisica, stretta, carnale con un corpo largo che è
quello di Cristo e che riunisce tutti i discepoli.
Cosa vuol dire questo?
Significa essenzialmente che nessuno ci è estraneo e come in
un corpo unico ciò che reca gioia o dolore ci è comune. Paolo dice invece come
è la condizione normale, quella da cui ogni uomo parte: Un tempo
anche voi eravate stranieri e nemici L’essere estranei, stranieri, ci rende nemici. C’è una
inimicizia “naturale” che non solo ci allontana, ma anche ci mette gli uni
contro gli altri.
Ma cosa è che ci unisce a questo grande e complesso corpo?
Paolo parla di fede e di speranza del Vangelo. La fede è
fidarsi, avere fiducia, non in sé e nell’ordinarietà del modo di essere di
tutti, ma in Gesù, che si esprime in un modo diverso di vivere e cioè nello
sperare che quella buona notizia di un mondo migliore e liberato dal male si
realizzi.
La forza infatti del male si fonda proprio sul mettere in
crisi di ciò: cioè far dubitare che il bene possa vincere, che la vita possa
essere trasformata dall’amore che Gesù testimonia e ci chiede di vivere. Chi
vive nella sfiducia nella forza trasformatrice del vangelo, e perde pertanto na
speranza, accontentandosi di trovare le proprie risorse e la propria forza in
altro, allora costui si stacca dal corpo e si condanna alla morte.
Questa prospettiva spiega tante altre espressioni
apparentemente assurde: Paolo parla di una sua gioia nel soffrire sono lieto
nelle sofferenze che sopporto per voi e do compimento a ciò che, dei patimenti
di Cristo, manca nella mia carne, a favore del suo corpo che è la Chiesa, perché è qualcosa che si lega al
bene degli altri e dona senso anche alla sofferenza del presente.
Infine Paolo mette bene in luce come appartenere a questo
corpo ci comunica la forza invincibile del suo capo, Cristo: Per questo
mi affatico e lotto, con la forza che viene da lui e che agisce in me con
potenza. La fatica e la lotta, come le sofferenze che
ne conseguono, trovano sollievo nella certezza che agisce una forza che
assicura la vittoria.
Cari fratelli e care sorelle, quanto cambia nella vita se viviamo
in questa prospettiva di Paolo. Ci sembra assurdo, ma partecipare delle
sofferenze dei poveri, essere sensibili e vulnerabili, farci colpire dal dolore
degli altri sarebbe cosa tragica e fonte di infelicità estrema, e come tale la
pensa il mondo, se non avessimo invece la forza che viene dal far parte di quel
corpo.
Viviamo allora la fiducia e la speranza nel Vangelo e non
solo saremo rafforzati nell’affrontare le durezze della nostra vita, ma
diverremo capaci di assumerci anche quelle di tanti, per portarli tutti alla
salvezza che è entrare in comunione con quel corpo che Cristo anima e rafforza
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