mercoledì 24 luglio 2013

XVI domenica del tempo ordinario - 21 luglio 2013


 
Dal libro della Genesi 18, 1-10

In quei giorni, il Signore apparve ad Abramo alle Querce di Mamre, mentre egli sedeva all’ingresso della tenda nell’ora più calda del giorno. Egli alzò gli occhi e vide che tre uomini stavano in piedi presso di lui. Appena li vide, corse loro incontro dall’ingresso della tenda e si prostrò fino a terra, dicendo: «Mio signore, se ho trovato grazia ai tuoi occhi, non passare oltre senza fermarti dal tuo servo. Si vada a prendere un po’ d’acqua, lavatevi i piedi e accomodatevi sotto l’albero. Andrò a prendere un boccone di pane e ristoratevi; dopo potrete proseguire, perché è ben per questo che voi siete passati dal vostro servo». Quelli dissero: «Fa’ pure come hai detto». Allora Abramo andò in fretta nella tenda, da Sara, e disse: «Presto, tre sea di fior di farina, impastala e fanne focacce». All’armento corse lui stesso, Abramo; prese un vitello tenero e buono e lo diede al servo, che si affrettò a prepararlo. Prese panna e latte fresco insieme con il vitello, che aveva preparato, e li porse loro. Così, mentre egli stava in piedi presso di loro sotto l’albero, quelli mangiarono. Poi gli dissero: «Dov’è Sara, tua moglie?». Rispose: «È là nella tenda». Riprese: «Tornerò da te fra un anno a questa data e allora Sara, tua moglie, avrà un figlio».

 

Salmo 14 - Chi teme il Signore, abiterà nella sua tenda.
Colui che cammina senza colpa,
pratica la giustizia
e dice la verità che ha nel cuore,
non sparge calunnie con la sua lingua.

Non fa danno al suo prossimo
e non lancia insulti al suo vicino.
Ai suoi occhi è spregevole il malvagio,
ma onora chi teme il Signore.

Non presta il suo denaro a usura
e non accetta doni contro l’innocente.
Colui che agisce in questo modo
resterà saldo per sempre.


Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Calossesi 1, 24-28

Fratelli, sono lieto nelle sofferenze che sopporto per voi e do compimento a ciò che, dei patimenti di Cristo, manca nella mia carne, a favore del suo corpo che è la Chiesa. Di essa sono diventato ministro, secondo la missione affidatami da Dio verso di voi di portare a compimento la parola di Dio, il mistero nascosto da secoli e da generazioni, ma ora manifestato ai suoi santi. A loro Dio volle far conoscere la gloriosa ricchezza di questo mistero in mezzo alle genti: Cristo in voi, speranza della gloria. È lui infatti che noi annunciamo, ammonendo ogni uomo e istruendo ciascuno con ogni sapienza, per rendere ogni uomo perfetto in Cristo.

 

Alleluia, alleluia alleluia
Beati coloro che custodiscono la parola di Dio
e producono frutto con abbondanza
Alleluia, alleluia alleluia


Dal vangelo secondo Luca 10, 38-42

In quel tempo, mentre erano in cammino, Gesù entrò in un villaggio e una donna, di nome Marta, lo ospitò. Ella aveva una sorella, di nome Maria, la quale, seduta ai piedi del Signore, ascoltava la sua parola. Marta invece era distolta per i molti servizi. Allora si fece avanti e disse: «Signore, non t’importa nulla che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti». Ma il Signore le rispose: «Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose, ma di una cosa sola c’è bisogno. Maria ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta».

 

Commento

Cari fratelli e care sorelle, il libro della Genesi ci presenta Abramo che è intento a celebrare una vera e propria “liturgia dell’accoglienza” nei confronti di alcuni sconosciuti che gli si sono fatti innanzi in mezzo al deserto. Sono estranei, anonimi stranieri, ma Abramo, al contrario di quanto spontaneamente e comunemente viene fatto, non trova in questo un motivo per ignorarli o, peggio, per chiudere loro le porte della sua casa. Abramo non si difende, non li identifica come una minaccia, come tanto spesso avviene oggi nei confronti di chi è sconosciuto, diverso da noi, estraneo alla nostra terra e cultura. No, Abramo compie gesti, dice parole che hanno come scopo evidente quello di farsi umile e piccolo e di lasciare spazio all’altro che viene da lui. È la via che Gesù ha scelto per incontrare l’uomo: l’abbassamento, l’annullamento di sé, la kènosi, l’unica che permette e realizza l’incontro.

Non c’è infatti incontro quando tutto il mio orizzonte è ingombro di sé. Non c’è posto per l’altro quando le preoccupazioni, le paure, le ambizioni, gli sforzi sono tutti concentrati su se stessi. Il volto dell’altro rimane nascosto, oppure deformato in una maschera aggressiva e fastidiosa. Nel nostro mondo troppo spesso è questo quello che avviene. Non c’è tempo, attenzione, pietà, interesse perché l’altro si affacci nel nostro orizzonte.

Abramo invece si fa piccolo e umile, dice: “Mio signore, se ho trovato grazia ai tuoi occhi, non passare oltre senza fermarti dal tuo servo.  Sì, quell’estraneo diventa “signore”, cioè protagonista del momento in cui si realizza l’incontro, e Abramo diventa mendicante di un rapporto con lui. Da padrone a servo, da estraneo a ospite, da nemico ad amico. È questo l’itinerario che Abramo compie perché sa che l’incontro con l’altro è una benedizione per la sua vita. L’autore della lettera agli Ebrei ce lo ricorda: “Non dimenticate l'ospitalità; alcuni, praticandola, senza saperlo hanno accolto degli angeli. (Eb 13,2) riferendosi proprio alla storia di Abramo.

Nel deserto l’incontro con l’altro è sempre una benedizione, mentre la solitudine è condanna. Ancora una volta Abramo contraddice la mentalità comune del nostro tempo che vede nell’isolamento individualistico un modo per sentirsi forti e protetti, difesi dal pericolo che l’altro costituisce nell’immaginario collettivo. Al contrario, ci dice la Scrittura, l’incontro con l’altro è sempre una benedizione perché ci libera dalla schiavitù di una vita prigioniera di sé stessi, dei propri umori, paure e convinzioni, e ci apre a quel tesoro di umanità di cui gli altri sono portatori. Attraverso di essi incontriamo mondi, esperienze, sapienze frutto di itinerari umani diversi dal nostro. L’incontro con l’altro completa quello che mi manca, abitua all’ascolto, educa alla disponibilità, mi fa scoprire risorse umane e spirituali prima sconosciute. Nessuno è mai così umile e trascurabile da non essere portatore di un valore grande per chi sa guardarlo con gli occhi di Dio.

È quello che accadde a Marta e a Maria. La prima ha lo sguardo e le mani piene di cose, non ha spazio per soffermarsi sul volto di chi gli viene davanti, Maria invece, come Abramo, si fa piccola, infatti siede ai piedi di quello straniero entrato in casa sua, e non ha sguardo e interesse che per la persona che gli sta davanti. Marta ha solo parole di rimprovero: “Signore, non t’importa nulla che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire?” e di comando: “Dille dunque che mi aiuti”, invece Maria tace e ascolta, lascia che sia Gesù a riempire il suo vuoto di parole.

Anche noi il più delle volte abbiamo nei confronti degli altri un istintivo senso di fastidio, che ci suscita un atteggiamento di asprezza e arroganza. L’altro ingombra, dà fastidio, ostacola, quanto ci sembra più facile farne a meno, evitarlo! L’unico caso in cui diventa accettabile è quando è umiliato a spettatore, del lamento o dell’esaltazione di sé, dell’esibizione delle nostre capacità e conoscenza della vita. All’altro sappiamo solo insegnare oppure comandare. Ma se questo è ridicolo nel caso dei nostri fratelli e sorelle, diviene tragico quando nello stesso modo, l’unico che conosciamo per rapportarci agli altri, trattiamo Dio.

Gesù ha una reazione piuttosto sconsolata: “Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose, ma di una cosa sola c’è bisogno. Maria ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta”. Marta soffoca l’altro sotto il peso ingombrante del proprio io, usando addirittura l’ospitalità come scusa per imporre la propria arroganza ruvida e sorda. Gesù la invita a scegliere la parte migliore, cioè l’incontro con l’altro, che è sempre una benedizione, perché apre le porte del Vangelo. 

Sì, se non siamo capaci di ascoltare, accogliere e incontrare l’altro che vediamo e tocchiamo, tanto meno saremo in grado di ascoltare, accogliere, incontrare Dio, che nemmeno vediamo!

È la tragica condanna cui si sottopongono quanti preferiscono chiudere le porte all’incontro con l’altro.

Impariamo da Abramo la liturgia umile e solenne dell’incontro: abbassamento di sé, accoglienza nella propria casa, soccorso ai bisogni concreti, ascolto e interesse per chi si ha difronte. Fermiamoci dalla fretta, riconosciamoci bisognosi degli altri, non crediamo che sia sempre e solo io ad essere interessante per gli altri, chiediamoci cosa serve loro e non cosa io posso riversargli addosso.

Dopo la sosta nella tenda di Abramo i tre stranieri si rivelano per quello che sono realmente, la presenza del Signore stesso e stringono con lui un’amicizia che lo rende intercessore e capace di ricevere la salvezza e di donarla agli altri.

Sia questa anche per noi la benedizione che viene dall’incontro col fratello e con la sorella, con il povero e con il molesto, con chi ci sembra inutile e ininteressante. In ogni uomo infatti si nasconde la scintilla divina e il volto del Signore risplende a chi si pone con umiltà ai piedi, ad ascoltare.

 

Preghiere

Ti ringraziamo o Signore perché ci sei venuto incontro e ci hai accolto come un umile amico e compagno della nostra vita. Fa’ che sappiamo imitarti accogliendo ogni fratello e ogni sorella che incontriamo,

Noi ti preghiamo

 Insegnaci O Gesù l’umiltà di lasciare spazio agli altri, di farci servitori del loro bisogno e ascoltatori sensibili della loro vita, perché nell’incontro sappiamo riconoscere in ciascuno un fratello e una sorella,

Noi ti preghiamo
 
Perdona o Signore la frettolosità e superficialità del nostro incontro con gli altri. Aiutaci a voler bene sempre a tutti e a desiderare l’amicizia e la concordia con ciascuno,

Noi ti preghiamo

O Gesù vero amico dell’uomo, aiutami a sedermi con disponibilità ai tuoi piedi, per non perdere nemmeno una tua parola,

Noi ti preghiamo
 

Proteggi o Dio i tuoi discepoli ovunque nel mondo ti invochino. Aiutaci ad essere testimoni del Vangelo e fedeli servitori degli uomini,

Noi ti preghiamo

 
Salva o Dio il mondo dalla guerra e dal dolore. Spegni i conflitti che armano l’uomo contro l’uomo e consola il dolore della morte e delle ferite di chi è vittima della violenza,

Noi ti preghiamo.

 
Insegnaci o Padre misericordioso le vie del perdono e della pace come vittoria sull’odio e la sopraffazione che tanto dolore causano nel mondo. Rendici imitatori del Signore che è mite e umile di cuore,

Noi ti preghiamo


Proteggi e sostieni o Dio i tanti giovani riuniti in questi giorni in Brasile per far crescere nella gioia e nell’ascolto la loro fede. Proteggi papa Francesco nel suo ministero di pastore umile e buono di tutti gli uomini,

Noi ti preghiamo

 

 

Nessun commento:

Posta un commento