giovedì 9 febbraio 2012

Preghiera del 18 gennaio 2012



Luca 5, 1-11

Mentre la folla gli faceva ressa attorno per ascoltare la parola di Dio, Gesù, stando presso il lago di Gennèsaret, vide due barche accostate alla sponda. I pescatori erano scesi e lavavano le reti. Salì in una barca, che era di Simone, e lo pregò di scostarsi un poco da terra. Sedette e insegnava alle folle dalla barca.

Quando ebbe finito di parlare, disse a Simone: "Prendi il largo e gettate le vostre reti per la pesca". Simone rispose: "Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla; ma sulla tua parola getterò le reti". Fecero così e presero una quantità enorme di pesci e le loro reti quasi si rompevano. Allora fecero cenno ai compagni dell'altra barca, che venissero ad aiutarli. Essi vennero e riempirono tutte e due le barche fino a farle quasi affondare. Al vedere questo, Simon Pietro si gettò alle ginocchia di Gesù, dicendo: "Signore, allontànati da me, perché sono un peccatore". Lo stupore infatti aveva invaso lui e tutti quelli che erano con lui, per la pesca che avevano fatto; così pure Giacomo e Giovanni, figli di Zebedeo, che erano soci di Simone. Gesù disse a Simone: "Non temere; d'ora in poi sarai pescatore di uomini". E, tirate le barche a terra, lasciarono tutto e lo seguirono.



Il Vangelo che abbiamo ascoltato parla degli inizi della predicazione di Gesù. Sono i suoi primi passi fra la gente. L’evangelista Luca sottolinea come tutto comincia con le parole pronunciate dal Signore. Non è un programma o una dimostrazione teorica, ma parole che parlano alla vita e che per questo folle di gente ascolta attenta. La vita di Gesù si presenta subito come una parola fatta carne, cioè che assume la concretezza della vita e pretende di cambiarla con la forza della parola.

È una novità straordinaria: non la forza del potere, ma la debolezza della parola diviene forza trasformatrice della storia, così come era stata forza creatrice all’origine dell’universo.

Oggi allora siamo chiamati dalla Scrittura a interrogarci sul valore che ha la parola nella nostra vita. Spesso essa è confusa fra mille altre cose, o è casuale e svilita, depotenziata. Ma anche la nostra parola può avere il potere creatore e trasformatore che ha quella di Gesù.

Vediamo che effetto ha la parola di Gesù: la folla è attratta e gli fa ressa attorno solo per ascoltarlo. E poi è la parola che lo convince a fare quello che non vorrebbe: "Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla; ma sulla tua parola getterò le reti". Infine la parola di Gesù trasforma pescatori comuni in pescatori di uomini: "Non temere; d'ora in poi sarai pescatore di uomini".

Ci chiediamo allora quale valora ha la parola di Dio per noi, e quale valore diamo noi alla nostra parola e a quella dei fratelli? Le due cose infatti vanno insieme. Se impariamo ad ascoltare la Parola di Dio sapremo anche dire parole vere; se ascoltiamo la Parola di Dio come qualcosa di vano, cioè vuote e inutili, anche il nostro parlare sarà vano e inutile. È un potere grande che ci è dato e che troppo spesso noi rifiutiamo. Meglio accontentarci del chiacchiericcio vano che non impegna e non trasforma, meglio confonderci nel rumore del mondo nel quale nessuna parola conta, meglio rinunciare ad ascoltare e a dire.

Simone viene coinvolto dalle parole di Gesù e mette a disposizione quello che ha: la barca. Attraverso la sua parola Gesù sale sulla barca e da lì raggiunge molti. È quello che anche a noi Gesù chiede. Ci sono folle che premono per ascoltare Gesù. Non sanno e non capiscono da dove può venire loro l’aiuto di cui hanno bisogno. Ma cercano e sono confuse. Gesù parla loro, ma ha bisogno di una barca da cui prendere il largo e raggiungere molti. La barca è la nostra vita. Siamo disposti ad ospitare Gesù, cioè le sue parole, a farle entrare e restare in noi, così che possano raggiungere molti altri?

È la domanda che il Vangelo oggi ci fa. Lasciamo entrare le parole di Gesù ed esse ci faranno prendere il largo. Un orizzonte più ampio diverrà nostro e la vita di tanti entrerà dentro di noi. Se lo faremo ci ritroveremo meno forti e sicuri di noi, come Pietro che si riconosce peccatore, ma più forti e sicuri di una forza che non è nostra, ma di Gesù. È la forza che dona la pace e la quiete che noi cerchiamo di ottenere con angoscia da quello e da quelli non ce la possono dare.

Sulla parola i primi discepoli gettarono le reti e sulla parola ottennero un frutto inaspettato. Sulla parola offrirono la barca per ospitare Gesù e sulla parola divennero suoi amici e testimoni. È la proposta che il Vangelo fa ad ognuno e oggi a noi qui presenti. È la proposta di diventare figli della forza di una parola che si è fatta carne e vita e che oggi incontriamo dentro la vita.

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