martedì 14 febbraio 2012

VI domenica del tempo ordinario




Dal libro del Levìtico 13,1-2.45-46

Il Signore parlò a Mosè e ad Aronne e disse: «Se qualcuno ha sulla pelle del corpo un tumore o una pustola o macchia bianca che faccia sospettare una piaga di lebbra, quel tale sarà condotto dal sacerdote Aronne o da qualcuno dei sacerdoti, suoi figli. Il lebbroso colpito da piaghe porterà vesti strappate e il capo scoperto; velato fino al labbro superiore, andrà gridando: "Impuro! Impuro!". Sarà impuro finché durerà in lui il male; è impuro, se ne starà solo, abiterà fuori dell'accampamento».



Salmo 31 - La tua salvezza, Signore, mi colma di gioia.
Beato l'uomo a cui è tolta la colpa
e coperto il peccato.
Beato l'uomo a cui Dio non imputa il delitto
e nel cui spirito non è inganno.

Ti ho fatto conoscere il mio peccato,
non ho coperto la mia colpa.
Ho detto: «Confesserò al Signore le mie iniquità»
e tu hai tolto la mia colpa e il mio peccato.

Rallegratevi nel Signore ed esultate, o giusti!
Voi tutti, retti di cuore, gridate di gioia!



Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi 10,31 - 11,1

Fratelli, sia che mangiate sia che beviate sia che facciate qualsiasi altra cosa, fate tutto per la gloria di Dio. Non siate motivo di scandalo né ai Giudei, né ai Greci, né alla Chiesa di Dio; così come io mi sforzo di piacere a tutti in tutto, senza cercare il mio interesse ma quello di molti, perché giungano alla salvezza. Diventate miei imitatori, come io lo sono di Cristo. 



Alleluia, alleluia alleluia.
Un grande profeta è sorto tra noi,
Dio ha visitato il suo popolo.

Alleluia, alleluia alleluia.


Dal vangelo secondo Marco 1, 40-45

In quel tempo, venne da Gesù un lebbroso, che lo supplicava in ginocchio e gli diceva: «Se vuoi, puoi purificarmi!». Ne ebbe compassione, tese la mano, lo toccò e gli disse: «Lo voglio, sii purificato!». E subito la lebbra scomparve da lui ed egli fu purificato. E, ammonendolo severamente, lo cacciò via subito e gli disse: «Guarda di non dire niente a nessuno; va’, invece, a mostrarti al sacerdote e offri per la tua purificazione quello che Mosè ha prescritto, come testimonianza per loro». Ma quello si allontanò e si mise a proclamare e a divulgare il fatto, tanto che Gesù non poteva più entrare pubblicamente in una città, ma rimaneva fuori, in luoghi deserti; e venivano a lui da ogni parte.



Commento

Cari fratelli e care sorelle, le letture di questa domenica ci offrono l’occasione per soffermarci su un tema difficile e che spesso evitiamo, proprio per paura di dovercisi misurare. È la realtà della malattia che colpisce l’uomo, spesso in modo inaspettato e totalizzante, fino a impadronirsi dell’ esistenza umana fino alla radice.

Talora questo tema viene anche proposto dalla cronaca che presenta i casi di persone famose e di successo, oppure giovani e piene di speranze, all’improvviso costrette a una vita ridotta alle minime funzioni vitali. Proprio in questi casi eclatanti emerge spesso la polemica di coloro che vorrebbero porre fine alla vita indebolita dalla malattia e resa, così si dice, “inutile” e “insopportabile” a chi sta accanto ai malati e alle vittime stesse del male. Per comprendere i termini di questa questione, difficile e non risolvibile con una risposta generica o superficiale, sia in un senso che nell’altro, bisogna partire da qualcosa che la Scrittura che abbiamo ascoltato oggi esprime molto bene. E cioè il fatto che la malattia non solo è un fardello pesante di dolore fisico e psicologico, ma spesso porta con sé anche la rarefazione dei rapporti umani. Abbiamo ascoltato nella prima lettura dal libro del Levitico come nell’antico Israele chi si ammalava di lebbra era costretto a gridare “Impuro! Impuro” per far allontanare chiunque gli si avvicinasse e a vivere fuori dai centri abitati. Alla durezza della malattia si aggiunge l’allontanamento di tutti e l’abbandono. Se nel caso di Israele tali misure si spiegano anche per l’arretratezza della medicina e l’incapacità di curare, vediamo però ch purtroppo ancora oggi spesso si verificano situazioni simili. Nonostante il progresso scientifico abbia reso tante malattie curabili o non più pericolose come un tempo, rimane l’idea che chi è malato sia portatore di una tristezza contagiosa, vada evitato come qualcuno la cui compagnia impedisce la gioia. È normale che i sani preferiscano la compagnia dei sani e che i malati restino da soli.

Ma questa fuga da chi con il solo proprio aspetto ci ricorda la realtà della malattia in realtà è una fuga da ciò che costituisce una dimensione profonda e costitutiva dell’uomo, e cioè la debolezza. Il rifiuto di essa apparentemente ci provoca gioia, perché ci illude di essere destinati ad un benessere senza fine, ma in realtà ci costringe ad un rifiuto di qualcosa di fondamentale nella nostra natura. Anzi, il Vangelo ci viene a dire che proprio questa radice di debolezza insita nella natura umana, e che si esprime anche nella malattia, costituisce un elemento che, se accettato e vissuto senza paura, può divenire un richiamo ad avere fiducia non solo in sé stesso, ma in qualcun altro che è Dio e i fratelli. Sì, l’uomo che rifiuta di ammettere la propria debolezza rifiuta anche il bisogno dell’altro, la dipendenza da esso, la necessità di voler bene a qualcuno e di essere amato. Chi nega la fragilità e ne fugge ogni espressione esterna, come la malattia, si preclude la strada a quel sentimento di bisogno che è fondamento di ogni vera amicizia e rapporto di amore. Così facendo, paradossalmente, credendo di fuggire da ciò che crediamo ci renda tristi in realtà si fugge dalla possibilità di essere felici. San Paolo infatti dice: “quando sono debole, è allora che sono forte”.

Nel vangelo ascoltato oggi infatti vediamo come proprio la debolezza di quel lebbroso, ammessa e quasi urlata in quella sua invocazione, lo spinge a voler rompere il muro di separazione che lo divide dagli altri. Quello che per chi è sano sembra essere una difesa e una garanzia, cioè il tenere gli altri ad una certa distanza, in quel malato si rivela nel suo vero volto di condanna alla solitudine e all’infelicità. Per questo quel grido di ribellione del lebbroso è l’avvio alla sua salvezza: «Se vuoi, puoi purificarmi!». La salvezza viene per il malato, e per ciascun uomo che porta dentro di sé il marchio della debolezza e fragilità, sia che lo ammetta, sia che lo rifiuti, da quell’affidarsi alla volontà di amore di Dio. E non a caso il primo gesto di guarigione è che quell’isolamento è rotto: dice il Vangelo infatti che Gesù “Ne ebbe compassione, tese la mano, lo toccò e gli disse…” Sono come i tre passi del cammino della vittoria sul male: la compassione, che rende possibile l’incontro umano e ricuce lo strappo che isola ogni uomo da solo. La paura della malattia e della debolezza è vinta con la partecipazione profonda a quel dolore, quasi un contagio voluto, perché il male condiviso perde la sua forza e diventa meno duro e si può sconfiggere. Poi c’è il gesto concreto che annulla la distanza fisica e ricostruisce quella fraternità reale dell’abbraccio fraterno, perché l’amore non è mai solo un sentimento, ma si fa concretezza di gesti; e infine la parola che mette in comunicazione i cuori, consola e guarisce, il mezzo con cui i cuori si uniscono e le forze si moltiplicano per vincere il male.

Cari fratelli e care sorelle, in fondo quella malattia che isola e fa stare male non è anche la nostra malattia, che è la paura di riconoscerci deboli e bisognosi degli altri, la fuga dalla nostra fragilità che ci rende bisognosi del perdono del Signore e del suo amore misericordioso? E la guarigione non viene anche per noi proprio dal grido di quando, ammessa la nostra infermità, chiediamo a Dio la guarigione e la salvezza da questa paura e da questa fuga che ci isola e ci rende meno umani?

Questo spiega anche i tanti che proprio perché terrorizzati dalla malattia come fonte di solitudine e disperazione, prospettano la morte come soluzione del problema. E la cronaca tante volte ci proporne i casi di chi ha preferito la morte dei propri cari o la propria, pur di non affidare a Dio e ai fratelli la guarigione dall’isolamento e dalla solitudine che troppo spesso accompagna il malato sprofondandolo nella perdita di ogni speranza.

Gesù completa la sua guarigione insegnando al malato la necessità di essere grati per il bene ricevuto e per quello che ciascuno è messo in grado di fare per gli altri: “va’, invece, … e offri per la tua purificazione quello che Mosè ha prescritto, come testimonianza per loro”. Anche per noi questa è una buona scuola per vincere la paura della debolezza e rivestirsi di quella forza di cui parla San Paolo che ci rende capaci di voler bene e di essere amati al di là della radice di debolezza che abbiamo dentro. Anzi proprio essa ci spinge a confidare non solo in se stessi, perché del bisogno dell’altro si nutre l’amore e del desiderio di rispondervi l’amicizia che rende l’uomo felice.
 

Preghiere

Ti preghiamo o Signore perché la tua volontà di bene si realizzi presto per tutti gli uomini. Fa’ che chi è malato riceva consolazione e cura, chi è solo compagnia, chi è debole sostegno e conforto.

Noi ti preghiamo


O Dio che non hai avuto timore di mostrarti a noi nella debolezza della sofferenza fisica, della persecuzione e del rifiuto da parte di tutti, fa’ che mai nessun uomo sia disprezzato perché fragile nel corpo e nella mente, perché povero, straniero o senza casa.

Noi ti preghiamo

O Cristo che hai attraversato il mondo guarendo i malati e scacciando gli spiriti cattivi dalla vita degli uomini, ti preghiamo per tutti coloro che sono colpiti dal male. Dona la grazia della guarigione, il conforto nel dolore e la salvezza da ogni male.

Noi ti preghiamo


O Padre clemente e misericordioso, perdona la durezza dei nostri cuori quando giudichiamo una vergogna aver bisogno del tuo aiuto o disprezziamo chi ci chiede il nostro. Fa’ che la preghiera di chi è bisognoso di sostegno venga esaudita.

Noi ti preghiamo


O Signore, accogli tutti quelli che soffrono da soli, senza la vicinanza affettuosa di persone amiche. Fa’ che tutti coloro che non possono più esprimere la loro volontà di vivere abbiano qualcuno che al loro fianco infonda fiducia e speranza.

Noi ti preghiamo


O Padre che scruti nei cuori di ciascuno, perdona la paura che ci fa fuggire davanti alla debolezza e alla malattia nostra e dei nostri fratelli. Fa’ che anche noi, come il lebbroso del Vangelo, invochiamo te affidandoci alla tua volontà di bene per guarire il nostro corpo e il nostro cuore.

Noi ti preghiamo


O Cristo amico degli uomini, sostieni i cristiani in tutto il mondo perché la loro vita sia testimonianza della guarigione che il Vangelo opera nella vita dei discepoli del Signore. Sostiene la Chiesa in tutti i luoghi, specialmente dove è debole e perseguitata.

Noi ti preghiamo


Ti ringraziamo o Signore per la testimonianza dei santi che, come Valentino, hanno saputo vivere non per se stessi e obbedendo solo alla propria volontà, ma come figli e discepoli del Vangelo. Fa che lo Spirito santo scenda su tutti noi come amore generoso e senza fine.

Noi ti preghiamo

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