lunedì 10 maggio 2010

Avvento II (anno C)

Avvento II (anno C)
Dal libro del profeta Baruc 5,1-9
Deponi, o Gerusalemme, la veste del lutto e dell`afflizione,
rivèstiti dello splendore della gloria
che ti viene da Dio per sempre. Avvolgiti nel manto della giustizia di Dio,
metti sul capo il diadema di gloria dell`Eterno, perché Dio mostrerà il tuo splendore
ad ogni creatura sotto il cielo. Sarai chiamata da Dio per sempre:
Pace della giustizia e gloria della pietà. Sorgi, o Gerusalemme, e sta’ in piedi sull`altura
e guarda verso oriente; vedi i tuoi figli riuniti
da occidente ad oriente,
alla parola del Santo, esultanti per il ricordo di Dio.
Si sono allontanati da te a piedi, incalzati dai nemici;
ora Dio te li riconduce
in trionfo come sopra un trono regale. Poiché Dio ha stabilito di spianare
ogni alta montagna e le rupi secolari,
di colmare le valli e spianare la terra
perché Israele proceda sicuro sotto la gloria di Dio. Anche le selve e ogni albero odoroso
faranno ombra ad Israele per comando di Dio. Perché Dio ricondurrà Israele con gioia
alla luce della sua gloria,
con la misericordia e la giustizia
che vengono da lui.

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Filippesi 1,4-6.8-11
Ringrazio il mio Dio ogni volta ch`io mi ricordo di voi, pregando sempre con gioia per voi in ogni mia preghiera, a motivo della vostra cooperazione alla diffusione del vangelo dal primo giorno fino al presente, e sono persuaso che colui che ha iniziato in voi quest`opera buona, la porterà a compimento fino al giorno di Cristo Gesù. Infatti Dio mi è testimonio del profondo affetto che ho per tutti voi nell`amore di Cristo Gesù. E perciò prego che la vostra carità si arricchisca sempre più in conoscenza e in ogni genere di discernimento, perché possiate distinguere sempre il meglio ed essere integri e irreprensibili per il giorno di Cristo, ricolmi di quei frutti di giustizia che si ottengono per mezzo di Gesù Cristo, a gloria e lode di Dio.


Dal vangelo di Luca 3,1-6
Nell'anno decimoquinto dell'impero di Tiberio Cesare, mentre Ponzio Pilato era governatore della Giudea, Erode tetrarca della Galilea, e Filippo, suo fratello, tetrarca dell'Iturèa e della Traconìtide, e Lisània tetrarca dell'Abilène, sotto i sommi sacerdoti Anna e Caifa, la parola di Dio scese su Giovanni, figlio di Zaccaria, nel deserto. Ed egli percorse tutta la regione del Giordano, predicando un battesimo di conversione per il perdono dei peccati, com'è scritto nel libro degli oracoli del profeta Isaia:
Voce di uno che grida nel deserto:
Preparate la via del Signore,
raddrizzate i suoi sentieri!
Ogni burrone sia riempito,
ogni monte e ogni colle sia abbassato;
i passi tortuosi siano diritti;
i luoghi impervi spianati.
Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio!
Commento 2006/07

Noi, uomini e donne “moderni” siamo abituati a vivere in un mondo pieno di rumori, da un caos che ci distrae continuamente, da una sorta di grande luna park dell’effimero, specialmente in questi giorni in cui la città si veste come un carrozzone per farci dimenticare cosa stiamo aspettando in questo avvento. Io non sono contro la festa o il divertimento, anzi. Questa società è troppo triste, ha bisogno di festa, ma di quella vera. Non basta buttarsi a capofitto nel consumismo più sfrenato per essere felici, è una stupida illusione. Noi alla festa ci crediamo, ma quella vera. Il consumismo attuale ci vuole far credere che la vera festa è quella che ognuno fa a se stesso. Tutto a Natale deve ruotare attorno a sé, alla ricerca sfrenata di una soddisfazione del proprio egoismo ed egocentrismo. Noi crediamo invece che la vera festa è quella che si fa ad un altro. Il Natale è la festa che si fa a Gesù che nasce, chi se lo ricorda più. Quanto anche le nostre feste di Natale sono fatte solo per soddisfazione nostra, per festeggiarci da noi stessi. Lo dice anche il proverbio: Natale con i tuoi…, cioè, pensa a te stesso, chiuditi in casa con i tuoi, degli altri chi se ne importa. Con la fine dei soldi della tredicesima tornerà la tristezza di sempre, forse anche peggiore. Per questo la liturgia di oggi ci presenta la figura di Giovanni Battista. Giovanni era un uomo dell’essenzialità, è un buon compagno per riscoprire il senso vero di questo tempo di avvento. Giovani non era un uomo isolato e triste, tanto che, come ci dice il Vangelo, viveva circondato da una cerchia di amici. Due cose caratterizzano Giovanni l’essenzialità e il parlare. Cioè Giovanni non fonda la sua vita su ciò che non conta, ciò che è effimero e illusorio, cerca quello che è vero, la felicità profonda, quella de cuore e non tanto quella del portafoglio. Non cerca il successo facile, quello che viene dal consenso degli altri, cerca il successo vero che è la realizzazione del Regno di Dio, un regno in cui non c’è dolore, sofferenza, in cui nessuno, dal più grande al più piccolo, ha più bisogno.
Per questo Giovanni vive nel deserto. Il deserto, non è un luogo tanto distante da noi: è il deserto delle nostre città ove una vita degna di questo nome è troppo spesso rara; è il deserto di questo mondo ove il peccato e la solitudine provocano amarezza e morte. Chi di noi non sperimenta nelle sue giornate un po’ di questa aridità attorno e dentro di sé?. Giovanni allora non è uno che scappa dagli uomini per rinchiudersi nella solitudine, no, è uno che guarda in faccia la realtà e chiama le cose con il loro nome. Chiama deserto una vita arida e senza amore, mentre noi sfuggiamo e mascheriamo l’aridità e il poco amore incartandoli con la carta luccicante del consumismo e dei regali di natale. Giovanni è essenziale e vero: chiama deserto il deserto, m anon perché vuole renderci tristi, ma perché vuole che quel deserto fiorisca di vita nuova. Per questo in quel luogo senza vita vera, come tante parti della nostra città e tanti angoli della nostra vita, fa risuonare la sua voce forte. Dice: “Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri! Ogni burrone sia riempito, ogni monte e ogni colle sia abbassato; i passi tortuosi siano diritti; i luoghi impervi spianati. Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio!” Cioè Giovanni annuncia forte la possibilità che nel deserto di vita arida di amore sgorgerà una sorgente nuova di acqua pura e dissetante se lavoreremo sodo per spianare la strada al Signore che vuole entrarci, perché solo così “Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio”. Vorrei sottolineare due cose di queste parole. La prima è che la nascita di Gesù, la sua venuta fra di noi, non è cosa scontata, che avviene senza bisogno che noi facciamo qualcosa. No, il Signore chiede di raddrizzare le strade, di spianare gli abissi di egoismo, di buttare giù le montagne di indifferenza e diffidenza, altrimenti lui non arriverà a raggiungerci. L’affanno di tanti in queste giornate sembra invece proprio volere il contrario, cioè ammassa mucchi di egoismo, scava trincere attorno a sé perché nulla di triste o di poco luccicante raggiunga lo sguardo. L’avvento è il tempo che Dio ci dona perché prendiamo piccole e badile e spianiamo le montagne di egoismo della nostra vita e riempiamo gli abissi dipoco amore, raddrizziamo le tortuosità della nostra psicologia che ci fa mascherare il deserto in qualcosa di gradevole. Facciamolo, non sciupiamo l’avvento come un tempo inutile.
Ma poi Giovanni dice un’altra cosa importante. “Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio!” Questa frase ci dice una verità molto semplice ma essenziale: non si è felici da soli. La salvezza di Dio viene per tutti, per ogni uomo. Noi crediamo che la felicità sia chiudere le porte, alzare i muri per non vedere l’infelicità degli altri, come fa ogni famiglia nel tradizionale cenone di natale: porte sbarrate, pensiamo a noi e saremo felici. Se poi fuori dalla porta c’è un povero che come Lazzaro vorrebbe sfamarsi delle briciole che cadono dal nostro tavolo, chi se ne importa, l’importante è non vederlo. La salvezza che viene da Dio è qualcos’altro. E’ felicità per tutti, a partire proprio dagli ultimi. E’ felicità vera perché non ignora chi sta peggio. E’ felicità duratura perché non finisce quando si spengono le lucette degli addobbi per le strade.
Ieri sera con alcuni ragazzi della parrocchia siamo andati a portare la cena ad alcune persone che vivono per strada. Lo facciamo ormai da un mese regolarmente due volte a settimana. E’ un gesto semplice, che non costa molta fatica. Credo che sia un buon modo per prepararci al natale. Sì, perché Gesù quando nascerà il 25 dicembre non avrà il volto paffuto e sorridente delle statuine di gesso, né nascerà al caldo degli appartamenti o delle sale da pranzo imbandite. No nascerà infreddolito in una baracca, come quella dove siamo stati ieri sera a parlare con i nostri amici zingari. In fondo passando tempo con loro stiamo preparandoci al Natale, per essere pronti a riconoscerlo quando nascerà.
E’ quello che vogliamo proporre anche a tutti voi. Vogliamo che qui a Santa Croce il Natale sia vero, non di plastica e porporina posticcia. Per questo come l’anno scorso e come ogni anno in cattedrale, apriremo le porte della chiesa ai poveri per festeggiare con loro la nascita di Gesù in un grande cenone di natale. Ci sembra il modo migliore per fare quello che Giovanni Battista ci chiede oggi. Appianiamo le strade che permettano al Signore assieme ai deboli, ai soli, ai più disprezzati e dimenticati di raggiungere il nostro cuore. Ce lo ritroveremo più caldo e felice.

Nessun commento:

Posta un commento