lunedì 3 maggio 2010

Scuola del Vangelo 2008/09 - IX

IX incontro

Commento della Prima lettera
dell’Apostolo Giovanni
L’uomo vero
(31 gennaio 2009)

1Gv, 1,5-10
Questo è il messaggio che abbiamo udito da lui e che ora vi annunziamo: Dio è luce e in lui non ci sono tenebre. Se diciamo che siamo in comunione con lui e camminiamo nelle tenebre, mentiamo e non mettiamo in pratica la verità. Ma se camminiamo nella luce, come egli è nella luce, siamo in comunione gli uni con gli altri, e il sangue di Gesù, suo Figlio, ci purifica da ogni peccato.

Giovanni ha ricevuto un messaggio e vuole comunicarlo a tutti.
Nel mondo di oggi troppo spesso le parole sono o per confondere gli altri e dargli una fregatura (convincerci a comprare, a fare come vogliono, ecc… politica, pubblicità) oppure per mascherare il vuoto. Il Vangelo è innanzitutto un messaggio, ovvero le parole di qualcuno che ha qualcosa da dire di significativo, capace di cambiare la realtà.
Dobbiamo porci una domanda sul nostro parlare:
c’è un parlare per difendersi, per aumentare le distanze, per paura, per non incontrare
c’è un parlare che nasce dall’ascolto, per presentarsi come gente interessata, pronta a condividere e che ha qualcosa di importante da dire, per accorciare le distanze.
Spesso si parla di comunicazione, come una tecnica, il modo con cui risultare convincenti e vincenti sugli altri, il contenuto che conta?
Giovanni vuole rimettere al centro invece il fatto che ci sia un messaggio da comunicare.
E’ questa una buona notizia: c’è qualcosa da dire di importante e vero.
Il contenuto di questo messaggio è espresso attraverso una antinomia: luce/tenebre.
Anche qui c’è qualcosa di significativo, e cioè che la realtà è a tinte forti. Noi siamo sempre pronti a mediare, a trovare compromessi e mezze misure, ma la realtà è fatta anche di scelte decise: a favore o contro, scelta per il buio o per la luce. La logica delle mezze misure è per affermare che in fondo ogni scelta va bene e nessuna è decisiva. Sì, la luce va bene, ma poi bisogna sempre tenersi un angolo privato in ombra, oppure il buio è attraente, ma anche un po’ di luce per potersi gestire gli affari propri. Il nostro sembra il tempo delle mezze misure, del compromesso, del non chiamare le cose col loro nome.
In fondo la generazione degli adulti oggi fa fatica a trasmettere un messaggio forte a quella che viene dopo di lei e propone solo un andare avanti cercando di farsi strada, nei compromessi, nel cercare quello che conviene. Se non si ha un messaggio vero e forte non si sa neanche cosa scegliere e cosa rifiutare.
Dio è luce, significa che fa vedere le cose come sono veramente. Il buio e la penombra permette di adattare la realtà all’aspetto che più ci fa comodo che si confà alle nostre convenienze. La luce no, mette a nudo, mostra la verità delle cose e delle persone.
Può sembrare qualcosa di scontato: chi preferisce il buio, chi non dice di voler stare alla luce?
Giovanni propone una verifica chiara per capire se veramente preferiamo camminare nella luce: se “mettiamo in pratica la verità.”
Il tema della verità è caro a Giovanni. Spesso noi abbiamo un’idea di verità astratta. La mentalità semitica aveva un senso della realtà molto più concreto, senza la separazione tipica della filosofia greca (platonismo) fra mondo della concretezza e mondo delle cose spirituali o astratte. Per un ebreo non c’é separazione fra una cosa e l’idea di essa. Non esiste il concetto di Dio e poi la sua manifestazione concreta, come due realtà diverse. Dio è quello che ha liberato il popolo dalla schiavitù in Egitto e lo ha nutrito quarant’anni nel deserto, quello che ha dato le leggi a Mosé, quello che ha stipulato l’alleanza con Abramo, ecc… Per questo la Chiesa fin dai primi anni ha tanto lottato per mantenere il dogma che Gesù è vero uomo e vero Dio: per difendere la realtà di Gesù da chi affermava che l’idea di Dio era inconciliabile con la concretezza di Gesù Nazareno (la sua umanità, sofferenza, ecc…). No, il Dio dei cristiani non è un’idea, ma una persona. Per questo quando Giovanni dice che essere con Dio significa mettere in pratica la verità, intende dire essere veri uomini. Infatti per un uomo essere vero non significa esistere, esserci, ma non essere deformato dalla cupidigia, la violenza, l’odio, tanto da essere irriconoscibile. La verità dell’uomo è la verità di Dio, è quella somiglianza a lui con cui siamo stati creati.
Essere veri uomini ci rende fratelli e sorelle. Giovanni cioè dice che lo sforzo di essere uomini come Dio ci ha voluti, cioè veri uomini, ci rende fratelli. Allora la divisione, l’odio che tante volte ci separa è frutto di una distanza da Dio e dall’immagine vera dell’uomo.
C’è una forza umanizzante del Vangelo, dei cristiani, che riportano sulla terra e nella vita di tutti i giorni la vera umanità come è scaturita da Dio nel giorno della creazione, ma come scaturisce dalla forza creatrice dello Spirito che continua ad operare in mezzo a noi.
Questa forza umanizzante del cristiano è nelle nostre mani. E’ la capacità di trasformare la realtà cui a volte rinunciamo per metterci al servizio delle forze che pretendono di governarla come cosa sua. Il mondo è nostro, abbiamo la forza di umanizzarlo, ci dice Giovanni. E’ questo il messaggio forte che egli ha e propone a tutti.
Cosa vuol dire per noi fare nostro questo messaggio, senza accettare che il nostro parlare e il nostro agire comunichi invece schiavitù alle forze che pretendono di governare il mondo?
Idea dell’impossibilità, realismo, pessimismo, sono gli atteggiamenti di chi accetta la servitù.
Sogno, ottimismo, sguardo misericordioso e benigno, larghezza di vedute, sono le caratteristiche di chi cerca di mettere in pratica la verità di Dio, cioè di essere vero uomo, fratello e sorella.

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