lunedì 3 maggio 2010

Scuola del Vangelo 2008/09 - III

III incontro

La Parola di Dio: la sua efficacia nella vita dell’uomo
(8 novembre 2008)

La Scrittura è un dono di Dio per entrare e restare in rapporto con lui. Infatti si parla molto di incontro con Dio, rapporto col Signore, amore per lui, ecc… ma come si fa ad avere un rapporto con qualcuno che non incontriamo fisicamente?
Questa è una domanda fondamentale, perché se alla nostra fede cristiana togliamo il rapporto personale con Dio non resta che un fascio di pratiche religiose che non hanno niente di differente da qualunque pratica magico-superstiziosa: sono cioè formule vuote. Quello che dà loro vita e senso è l’incontro personale col Signore.
Anche in questo caso, un concetto che ci sembra scontato e banale, non lo è affatto nella pratica. E’ vero che Dio può servirsi di molti altri mezzi per comunicare con noi, anche misteriosi e nascosti: la storia, il creato, le sensazioni e i sentimenti che ci suscita, voci, apparizioni, lampi e tuoni. Ma perché Dio dovrebbe preferire questi modi così strani e poco chiari, invece di usare quello che ci è connaturale e caratterizza tutti i nostri rapporti, cioè la parola?
Possiamo dire che Dio sceglie come mezzo primario la parola, e solo quando questa è inascoltata, per trovare mezzi alternativi che possano superare la sordità, usa anche altri strumenti meno usuali.
E’ il nostro rifiuto di ascoltare le sue parole che ci fa andare in ricerca di segni straordinari o misteriosi, che poi, a ben vedere, sono quelli più a nostra disposizione, dal momento che ne possiamo farne l’uso che vogliamo: interpretarli come ci sembra meglio, ascoltarli o meno e anche inventarli. La Scrittura è un po’ meno manipolabile ed ha una forma fissa ed è a disposizione di tutti e in ogni momento.
Per avere un rapporto con Dio quindi è necessaria, ma è anche sufficiente la Scrittura. Essere suoi amici allora vuol dire innanzitutto essere amici della Scrittura, ascoltare Dio è ascoltare la sua Parola, amarlo è amare la Parola, ecc… Né più né meno di quanto ciò è vero con le persone che amiamo: desideriamo ascoltarle, ne riconosciamo la voce, amiamo parlare con loro.
La liturgia ci aiuta a instaurare e consolidare il nostro rapporto con Dio, proprio perché è intessuta di Parole di Dio, oltre, naturalmente a racchiudere le letture tratte dalla Bibbia e la memoria pratica delle parole dell’ultima cena, che non solo vengono pronunciate, ma anche rappresentate fisicamente.
E’ questo il caso proprio in cui le parole della Scrittura diventano vita: mentre le si pronunciano, si ripete con la vita quello che si dice, e il risultato è che la realtà è trasformata e quello che dice diventa realtà, il pane diventa corpo di Cristo, il vino diventa suo sangue.
Per questo la liturgia è il momento più alto della vita cristiana: non solo perché c’è il Signore, che comunque sia è presente sempre e anche in tanti altri modi, non perché c’è l’eucaristia, che viene conservata ogni momento nel tabernacolo. Se pensiamo questo, come dicevo prima, facciamo prevalere un senso magico della messa, come il momento speciale in cui si realizza un sortilegio.
La liturgia è il momento più alto della vita cristiana perché la Parola di Dio viene ripetuta assieme, in modo solenne e corale, ma non solo, essa viene concretizzata in gesti e azioni: in questo modo essa esprime tutta la sua forza di trasformazione della realtà, con il miracolo dell’eucarestia. Ciò ne fa un paradigma esemplare della vita cristiana, perché la stessa cosa si realizza sempre, quando le parole della Scrittura sono ripetute con la vita esse esprimono tutta la loro forza trasformatrice della realtà e rendono presente il Signore.
Noi spesso diciamo che il messaggio contenuto nella Parola di Dio, le realtà che adombra o invita a realizzare sono belle, ma impossibili da realizzare, come un’utopia troppo alta. La verità è che noi non abbiamo fiducia in quelle parole, a priori non ne crediamo possibile la realizzazione, per cui non proviamo nemmeno a vivere quello che ascoltiamo.
La Scrittura cerca di convincerci del contrario:
Come infatti la pioggia e la neve scendono dal cielo e non vi ritornano senza avere irrigato la terra, senza averla fecondata e fatta germogliare, perché dia il seme al seminatore e pane da mangiare, così sarà della parola uscita dalla mia bocca: non ritornerà a me senza effetto, senza aver operato ciò che desidero e senza aver compiuto ciò per cui l'ho mandata. (Is 5,10-11)
Ecco ancora una volta un modo concreto per verificare il nostro ascolto: viviamo la Parola di Dio, e quindi si trasforma la realtà dentro e attorno a noi, o la ascoltiamo come un ritornello scontato, che resta inefficacie e lascia tutto com’é?
In genere noi facciamo il percorso inverso: per verificare l’attendibilità della Parola di Dio cerchiamo i segni della sua realizzazione nella vita. Se questa si discosta da come noi desideriamo che sia, perdiamo la fiducia nella Parola. Abbiamo cioè una concezione della Parola come magia: la realizzazione del prodigio per cui si compie il sortilegio è la conferma che esso è efficace. Se il prodigio non avviene, noi smettiamo di credere nella formula.
Poiché spesso la vita si discosta da come noi vorremmo che fosse pensiamo che la Parola sia inefficace e perdiamo fiducia nel suo valore reale per farne una pia illusione, una consolazione utopistica. In realtà la Parola di Dio è efficace se noi la mettiamo in pratica, se diviene la nostra vita, ovvero se ci crediamo fin da prima. Dice infatti Isaia “Non ritornerà a me senza effetto”. Non basta che vada da Dio all’uomo, che la formula sia pronunciata o il rito celebrato, c’è bisogno che ritorni a Dio concretizzata in una vita vissuta, parole, azioni.
Forse l’esempio più poderoso dell’efficacia della Parola di Dio pronunciata è contenuto nel racconto della creazione:
In principio Dio creò il cielo e la terra. La terra era informe e deserta e le tenebre ricoprivano l`abisso e lo spirito di Dio aleggiava sulle acque.
Dio disse: "Sia la luce!". E la luce fu. Dio vide che la luce era cosa buona e separò la luce dalle tenebre e chiamò la luce giorno e le tenebre notte. E fu sera e fu mattina: primo giorno.
Dio disse: "Sia il firmamento in mezzo alle acque per separare le acque dalle acque". Dio fece il firmamento e separò le acque, che sono sotto il firmamento, dalle acque, che son sopra il firmamento. E così avvenne. Dio chiamò il firmamento cielo. E fu sera e fu mattina: secondo giorno.
Dio disse: "Le acque che sono sotto il cielo, si raccolgano in un solo luogo e appaia l’asciutto". E così avvenne. Dio chiamò l’asciutto terra e la massa delle acque mare. E Dio vide che era cosa buona. E Dio disse: "La terra produca germogli, erbe che producono seme e alberi da frutto, che facciano sulla terra frutto con il seme, ciascuno secondo la sua specie". E così avvenne: la terra produsse germogli, erbe che producono seme, ciascuna secondo la propria specie e alberi che fanno ciascuno frutto con il seme, secondo la propria specie. Dio vide che era cosa buona. E fu sera e fu mattina: terzo giorno.
Dio disse: "Ci siano luci nel firmamento del cielo, per distinguere il giorno dalla notte; servano da segni per le stagioni, per i giorni e per gli anni e servano da luci nel firmamento del cielo per illuminare la terra". E così avvenne: Dio fece le due luci grandi, la luce maggiore per regolare il giorno e la luce minore per regolare la notte, e le stelle. Dio le pose nel firmamento del cielo per illuminare la terra e per regolare giorno e notte e per separare la luce dalle tenebre. E Dio vide che era cosa buona. E fu sera e fu mattina: quarto giorno.
Dio disse: "Le acque brulichino di esseri viventi e uccelli volino sopra la terra, davanti al firmamento del cielo". Dio creò i grandi mostri marini e tutti gli esseri viventi che guizzano e brulicano nelle acque, secondo la loro specie, e tutti gli uccelli alati secondo la loro specie. E Dio vide che era cosa buona. Dio li benedisse: "Siate fecondi e moltiplicatevi e riempite le acque dei mari; gli uccelli si moltiplichino sulla terra". E fu sera e fu mattina: quinto giorno.
Dio disse: "La terra produca esseri viventi secondo la loro specie: bestiame, rettili e bestie selvatiche secondo la loro specie". E così avvenne: Dio fece le bestie selvatiche secondo la loro specie e il bestiame secondo la propria specie e tutti i rettili del suolo secondo la loro specie. E Dio vide che era cosa buona.
E Dio disse: "Facciamo l’uomo a nostra immagine, a nostra somiglianza, e domini sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo, sul bestiame, su tutte le bestie selvatiche e su tutti i rettili che strisciano sulla terra".
Dio creò l’uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li creò.
Dio li benedisse e disse loro: "Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra; soggiogatela e dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e su ogni essere vivente, che striscia sulla terra".
E Dio disse: "Ecco, io vi do ogni erba che produce seme e che è su tutta la terra e ogni albero in cui è il frutto, che produce seme: saranno il vostro cibo. A tutte le bestie selvatiche, a tutti gli uccelli del cielo e a tutti gli esseri che strisciano sulla terra e nei quali è alito di vita, io do in cibo ogni erba verde". E così avvenne. Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buona. E fu sera e fu mattina: sesto giorno. (Gn 1)
Colpisce in questo primo capitolo della Genesi come Dio pur essendo da solo nell’Universo non ancora popolato di creature, per creare tutti gli esseri ha bisogno di dirlo, perché è la Parola di Dio l’origine stessa della vita e della esistenza di tutti gli esseri, viventi e non. E’ il Verbo proferito infatti l’autore della creazione.
Anche Gesù ridà salute e salvezza con la parola:
Venuta la sera, gli portarono molti indemoniati ed egli scacciò gli spiriti con la sua parola e guarì tutti i malati, perché si adempisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta Isaia: Egli ha preso le nostre infermità e si è addossato le nostre malattie. (Mt 8,16-17)
Presa la mano della bambina, le disse: "Talità kum", che significa: "Fanciulla, io ti dico, alzati!". Subito la fanciulla si alzò e si mise a camminare; aveva dodici anni. Essi furono presi da grande stupore. (Mt 5,41-42)
Nel brano seguente capiamo come questo potere della parola è affidato anche ai discepoli, se la fanno propria:
E Gesù gli parlò minacciosamente, e il demonio uscì da lui e da quel momento il ragazzo fu guarito. Allora i discepoli, accostatisi a Gesù in disparte, gli chiesero: "Perché noi non abbiamo potuto scacciarlo?". Ed egli rispose: "Per la vostra poca fede. In verità vi dico: se avrete fede pari a un granellino di senapa, potrete dire a questo monte: spostati da qui a là, ed esso si sposterà, e niente vi sarà impossibile. Questa razza di demoni non si scaccia se non con la preghiera e il digiuno" (Mt 17,18)
Ecco che quindi ascoltare con serietà e vivere con fiducia la Parola di Dio è ciò che ci rende capaci di rivestirci di tutta la sua potenza trasformatrice.

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