lunedì 3 maggio 2010

Scuola del Vangelo 2008/09 - XIV

XIV incontro

Dopo la Pasqua, verso Pentecoste
(22 aprile 2009)

Mc 16, 1-8
Passato il sabato, Maria di Màgdala, Maria di Giacomo e Salome comprarono oli aromatici per andare a imbalsamare Gesù. Di buon mattino, il primo giorno dopo il sabato, vennero al sepolcro al levar del sole. Esse dicevano tra loro: "Chi ci rotolerà via il masso dall`ingresso del sepolcro?". Ma, guardando, videro che il masso era già stato rotolato via, benché fosse molto grande. Entrando nel sepolcro, videro un giovane, seduto sulla destra, vestito d`una veste bianca, ed ebbero paura. Ma egli disse loro: "Non abbiate paura! Voi cercate Gesù Nazareno, il crocifisso. E` risorto, non è qui. Ecco il luogo dove l`avevano deposto. Ora andate, dite ai suoi discepoli e a Pietro che egli vi precede in Galilea. Là lo vedrete, come vi ha detto". Ed esse, uscite, fuggirono via dal sepolcro perché erano piene di timore e di spavento. E non dissero niente a nessuno, perché avevano paura.

Il racconto del Vangelo di Marco ci descrive come l’annuncio della Resurrezione di Gesù avviene in un contesto di paura da parte delle discepole. Ma anche gli apostoli, pur avendo ricevuto l’annuncio della Resurrezione, non erano da meno, e se ne stavano a porte chiuse per paura dei Giudei quando Gesù venne in mezzo a loro:
La sera di quello stesso giorno, il primo dopo il sabato, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, si fermò in mezzo a loro e disse: "Pace a voi!". (Gv 20,19)
Paura e incredulità vanno insieme.
La paura descritta nel Vangelo di Marco va assieme all’incredulità che caratterizza anch’essa il racconto di tutti i Vangeli davanti alla Resurrezione di Gesù:
Vangelo di Marco:
Risuscitato al mattino nel primo giorno dopo il sabato, apparve prima a Maria di Màgdala, dalla quale aveva cacciato sette demoni. Questa andò ad annunziarlo ai suoi seguaci che erano in lutto e in pianto. Ma essi, udito che era vivo ed era stato visto da lei, non vollero credere. Dopo ciò, apparve a due di loro sotto altro aspetto, mentre erano in cammino verso la campagna. Anch`essi ritornarono ad annunziarlo agli altri; ma neanche a loro vollero credere. Alla fine apparve agli undici, mentre stavano a mensa, e li rimproverò per la loro incredulità e durezza di cuore, perché non avevano creduto a quelli che lo avevano visto risuscitato. (Mc 16,9-14)
Vangelo di Luca:
Ed esse si ricordarono delle sue parole. E, tornate dal sepolcro, annunziarono tutto questo agli Undici e a tutti gli altri. Erano Maria di Màgdala, Giovanna e Maria di Giacomo. Anche le altre che erano insieme lo raccontarono agli apostoli. Quelle parole parvero loro come un vaneggiamento e non credettero ad esse. Pietro tuttavia corse al sepolcro e chinatosi vide solo le bende. E tornò a casa pieno di stupore per l`accaduto.
Ed ecco in quello stesso giorno due di loro erano in cammino per un villaggio distante circa sette miglia da Gerusalemme, di nome Emmaus, e conversavano di tutto quello che era accaduto. Mentre discorrevano e discutevano insieme, Gesù in persona si accostò e camminava con loro. Ma i loro occhi erano incapaci di riconoscerlo. Ed egli disse loro: "Che sono questi discorsi che state facendo fra voi durante il cammino?". Si fermarono, col volto triste; uno di loro, di nome Clèopa, gli disse: "Tu solo sei così forestiero in Gerusalemme da non sapere ciò che vi è accaduto in questi giorni?" Domandò: "Che cosa?". Gli risposero: "Tutto ciò che riguarda Gesù Nazareno, …. Ma alcune donne, delle nostre, ci hanno sconvolti; recatesi al mattino al sepolcro e non avendo trovato il suo corpo, son venute a dirci di aver avuto anche una visione di angeli, i quali affermano che egli è vivo. Alcuni dei nostri sono andati al sepolcro e hanno trovato come avevano detto le donne, ma lui non l`hanno visto". Ed egli disse loro: "Stolti e tardi di cuore nel credere alla parola dei profeti! Non bisognava che il Cristo sopportasse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?
". (Lc 24,8-26)
Mentre essi parlavano di queste cose, Gesù in persona apparve in mezzo a loro e disse: "Pace a voi!". Stupiti e spaventati credevano di vedere un fantasma. Ma egli disse: "Perché siete turbati, e perché sorgono dubbi nel vostro cuore? Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io! Toccatemi e guardate; un fantasma non ha carne e ossa come vedete che io ho". Dicendo questo, mostrò loro le mani e i piedi. Ma poiché per la grande gioia ancora non credevano ed erano stupefatti, disse: "Avete qui qualche cosa da mangiare?". (Lc 24,36-41)

Vangelo di Giovanni:
Giunse intanto anche Simon Pietro che lo seguiva ed entrò nel sepolcro e vide le bende per terra, e il sudario, che gli era stato posto sul capo, non per terra con le bende, ma piegato in un luogo a parte. Allora entrò anche l`altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette. Non avevano infatti ancora compreso la Scrittura, che egli cioè doveva risuscitare dai morti. (Gv 20, 6-9)

Il vangelo di Giovanni è meno netto circa l’incredulità: dice che Giovanni vedendo il sepolcro vuoto “credette” ma aggiunge che non avevano ancora compreso le scritture, analogamente ai discepoli di Emmaus del vangelo di Luca: “Stolti e tardi di cuore nel credere alla parola dei profeti!”.

Detto questo, [Maria] si voltò indietro e vide Gesù che stava lì in piedi; ma non sapeva che era Gesù. Le disse Gesù: "Donna, perché piangi? Chi cerchi?". Essa, pensando che fosse il custode del giardino, gli disse: "Signore, se l`hai portato via tu, dimmi dove lo hai posto e io andrò a prenderlo". Gesù le disse: "Maria!". Essa allora, voltatasi verso di lui, gli disse in ebraico: "Rabbunì!", che significa: Maestro! (Gv 20,14-16)

Anche nel caso di Maria c’è bisogno che Gesù la chiami per nome perché lei riconosca che la persona che ha davanti è Gesù.

Vangelo di Matteo:
Gli undici discepoli, intanto, andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro fissato. Quando lo videro, gli si prostrarono innanzi; alcuni però dubitavano. (Mt 28,16)
Mi sembra evidente da quanto letto nei vangeli come l’incredulità dei discepoli sia strettamente legata alla paura che essi vivono a partire dalle ore della passione fino a dopo la Resurrezione. Sappiamo bene infatti che nell’orto degli ulivi i discepoli non avevano ancora compreso la drammaticità dell’ora a cui Gesù andava incontro, tanto che si addormentano tranquilli, ma poi, appena giunte le guardie per arrestarlo,
“Allora tutti i discepoli, abbandonatolo, fuggirono”
(Mt 26,56)

Il coraggio per vincere la paura?
La paura fa parte della natura umana. Nasce istintiva dal senso di fragilità dell’uomo davanti alle minacce dell’ambiente circostante. Il libro della Genesi ce lo mostra bene parlando di Adamo, primo uomo e prototipo di tutta l’umanità:
Poi udirono il Signore Dio che passeggiava nel giardino alla brezza del giorno e l`uomo con sua moglie si nascosero dal Signore Dio, in mezzo agli alberi del giardino. Ma il Signore Dio chiamò l`uomo e gli disse: "Dove sei?" Rispose: "Ho udito il tuo passo nel giardino: ho avuto paura, perché sono nudo, e mi sono nascosto". (Gn 3,9,10)
Anche il libro del Siracide fa una considerazione simile:
da chi indossa porpora e corona fino a chi è ricoperto di panno grossolano, non c`è che sdegno, invidia, spavento, agitazione, paura della morte, contese e liti.” (Sir 40,4)
Lo conferma il fatto stesso che Gesù, assumendo per intero la natura umana, divenne anche vittima della paura che fa parte di essa:
nell’orto degli ulivi infatti Gesù “Prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e cominciò a sentire paura e angoscia.” (Mc 14,33)
Il modo di pensare comune fa trarre la conclusione che sui discepoli ha vinto il timore perché era mancato loro il coraggio, che il loro comportamento è quello di gente incapace di reagire al pericolo in modo virile e audace. In realtà il Vangelo ci racconta della reazione violenta di Pietro e degli altri che potrebbe essere presa per coraggio, ma Gesù rifiuta questo tipo di azioni, e lo dimostra lui stesso col suo comportamento al momento dell’arresto:
Ed ecco, uno di quelli che erano con Gesù, messa mano alla spada, la estrasse e colpì il servo del sommo sacerdote staccandogli un orecchio. Allora Gesù gli disse: "Rimetti la spada nel fodero, perché tutti quelli che mettono mano alla spada periranno di spada. Pensi forse che io non possa pregare il Padre mio, che mi darebbe subito più di dodici legioni di angeli? Ma come allora si adempirebbero le Scritture, secondo le quali così deve avvenire?". In quello stesso momento Gesù disse alla folla: "Siete usciti come contro un brigante, con spade e bastoni, per catturarmi. Ogni giorno stavo seduto nel tempio ad insegnare, e non mi avete arrestato. Ma tutto questo è avvenuto perché si adempissero le Scritture dei profeti". Allora tutti i discepoli, abbandonatolo, fuggirono.” (Mt 26,51-56) (vedi anche il brano parallelo di Gv 18,10-11)
Nel Vangelo di Matteo risulta evidente come una volta che i discepoli sono stati bloccati nella loro reazione violenta di spada tutti fuggono, verosimilmente per paura di essere arrestati con Gesù. Questo ci fa capire che, come Gesù dice, la vera forza non è nella violenza da contrapporre alla violenza subita: la violenza è un modo per nascondere la paura, che però rimane tale e quale e causa la fuga di tutti.
E’ quello che vediamo quotidianamente attorno a noi: le paure ci spingono a reagire con arroganza, orgoglio violenza, ma queste non fanno scomparire la paura, la mascherano, ma non la risolvono.
Questo è il senso dell’ ”adempimento delle scritture” a cui Gesù fa riferimento: reagire in modo violento, anche se per difendersi, sarebbe stato contraddire la volontà di Dio che è espressa nelle Scritture.
Solo l’amore vince la paura
L’evangelista Giovanni apre il racconto della Passione del Signore con questa notazione:
Prima della festa di Pasqua Gesù, sapendo che era giunta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, dopo aver amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine.” (Gv 13,1)
La coscienza dell’avvicinarsi dell’ora finale spinge Gesù ad amare i suoi fino alla fine, che significa sia fino in fondo, fino all’estremo, ma anche fino alla sua fine, cioè alla sua morte in croce.
Questo desiderio di amare in modo definitivo ed estremo, e non il coraggio della forza, fa vincere la paura di Gesù nell’orto degli ulivi, quando egli dice al Padre:
si prostrò con la faccia a terra e pregava dicendo: "Padre mio, se è possibile, passi da me questo calice! Però non come voglio io, ma come vuoi tu!” (Mt 26,39).
La volontà del Padre è l’amore e Gesù si piega ad esso, accettando di vivere un amore più forte della paura di morire. Quello che veramente sconfigge la paura e supera nella perfezione anche il timore di Dio è l’amore.
L’apostolo Giovanni esprime un concetto analogo nella sua prima lettera che stiamo leggendo:
Nell`amore non c`è timore, al contrario l`amore perfetto scaccia il timore, … e chi teme non è perfetto nell`amore. (Gv1 4,18)
La Pasqua è la vittoria sulla paura, cioè la dimostrazione che, amando fino alla fine, come fece Gesù sulla croce, è vinta la morte, cioè la cosa che fa più paura di tutte.

Ma che significa questa vittoria di Gesù sulla morte?
Non significa che è abolita la nostra morte biologica, visto che gli uomini anche dopo la Resurrezione sono continuati a morire. Neppure significa solo che la vita dell’anima è eterna, perché questo era vero anche prima della Resurrezione di Gesù.
La morte è la cosa che per antonomasia indica la vittoria definitiva del male. È l’ultima parola, l’irreparabile, la pietra pesante che impedisce l’incontro, isola per sempre nel buio della tomba. È questa definitività ad essere vinta a Pasqua. E non solo dopo il terzo giorno, perché anche nel buio della tomba Gesù non è imprigionato e reso impotente, anzi scende negli inferi e infrange questa ulteriore porta chiusa del regno del male.
Anche negli inferi risuona l’annuncio del Vangelo, e torna la vita ad opera di Gesù ucciso.
Anche nella vita degli apostoli vediamo che la paura è vinta in modo definitivo solo a Pentecoste, quando lo Spirito di Dio, che è il suo amore, scende su ciascuno e scardina la paura che li rinchiudeva. Ma i discepoli non diventano temerari e coraggiosi perché lo Spirito li rende forti, ma perché fa vincere nel loro animo l’amore per tutta quella gente fuori della sala in cui stavano rintanati per la cui salvezza Gesù era morto ma che ancora non lo sapeva. La prima cosa che fanno infatti gli apostoli non è una insurrezione armata contro gli uccisori di Gesù, non è prendersi una vendetta su di loro, ma è predicare a tutti, con il gesto di amore più grande che potevano fare: parlare di Gesù a chi non lo conosceva.
Non solo è vinta la paura della persecuzione da parte dei giudei e la predicazione pubblica, ma anche le altre paure nei confronti degli altri, della vita, del futuro ecc…, come dimostra bene il nuovo stile della vita dei discepoli della prima comunità dopo pentecoste:
Erano assidui nell`ascoltare l`insegnamento degli apostoli e nell`unione fraterna, nella frazione del pane e nelle preghiere. Un senso di timore era in tutti e prodigi e segni avvenivano per opera degli apostoli. Tutti coloro che erano diventati credenti stavano insieme e tenevano ogni cosa in comune; chi aveva proprietà e sostanze le vendeva e ne faceva parte a tutti, secondo il bisogno di ciascuno. Ogni giorno tutti insieme frequentavano il tempio e spezzavano il pane a casa prendendo i pasti con letizia e semplicità di cuore, lodando Dio e godendo la stima di tutto il popolo. Intanto il Signore ogni giorno aggiungeva alla comunità quelli che erano salvati.” (At 2,42-48)
È l’immagine di una comunità che ama e per questo non ha paura ed è libera dalla schiavitù dell’egoismo, dell’avidità, ecc…
Conseguenze della paura
Vivere nella paura ha come conseguenza la mancanza di libertà:
i discepoli chiusi nel cenacolo , fino a Pentecoste, per paura dei giudei.
Poiché dunque i figli hanno in comune il sangue e la carne, anch`egli ne è divenuto partecipe, per ridurre all`impotenza, mediante la morte colui che della morte ha il potere, cioè il diavolo, e liberare così quelli che per timore della morte erano tenuti in schiavitù per tutta la vita. Egli infatti non si prende cura degli angeli, ma della stirpe di Abramo si prende cura. Perciò doveva rendersi in tutto simile ai fratelli, per diventare un sommo sacerdote misericordioso e fedele nelle cose che riguardano Dio, allo scopo di espiare i peccati del popolo. Infatti proprio per essere stato messo alla prova ed avere sofferto personalmente, è in grado di venire in aiuto a quelli che subiscono la prova". (Eb 2,14-18)
Le paure dei discepoli dopo la morte e resurrezione di Gesù:
Paura della persecuzione da parte degli ebrei;
Paura di restare delusi di nuovo se riconoscono Gesù risorto;
Paura di essere giudicati male per il fallimento del loro maestro;
Paura di aver perso tutto quello che avevano lasciato (il centuplo promesso ci sarà mai ora?);
In conclusione ci chiediamo:
Quali sono le nostre maggiori paure
Paure legate alla sfera della morte (malattia, incidenti, dolore fisico, aggressioni, ecc…)
Paure legate alla sfera psicologica (di soffrire psicologicamente, la vergogna di essere presi in giro, timore di perdere qualcosa, di dover rinunciare a qualcosa, ecc…)
Paure legate alla sfera affettiva (delle delusioni affettive, del restarci male, dell’isolamento e della solitudine, dell’essere ingannato, ecc…)
Quanto determinano le nostre scelte
Come vincerle nell’amore
Questo tempo fra Pasqua e Pentecoste è allora il tempo opportuno che il Signore ci dona perché, rendendoci conto di questo, e prepararci ad accogliere con gioia il dono dello Spirito di amore che ci rende liberi e capaci di amare fino alla fine.

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