martedì 27 aprile 2010

XXIX domenica del Tempo Ordinario (C) 2004

XXIX domenica del Tempo Ordinario (C)
17 ottobre 2004

Es 17, 8-13
Allora Amalek venne a combattere contro Israele a Refidim. Mosè disse a Giosuè : "Scegli per noi alcuni uomini ed esci in battaglia contro Amalek. Domani io starò ritto sulla cima del colle con in mano il bastone di Dio". Giosuè eseguì quanto gli aveva ordinato Mosè per combattere contro Amalek, mentre Mosè , Aronne, e Cur salirono sulla cima del colle. Quando Mosè alzava le mani, Israele era il più forte, ma quando le lasciava cadere, era più forte Amalek. Poiché Mosè sentiva pesare le mani dalla stanchezza, presero una pietra, la collocarono sotto di lui ed egli vi sedette, mentre Aronne e Cur, uno da una parte e l`altro dall`altra, sostenevano le sue mani. Così le sue mani rimasero ferme fino al tramonto del sole.

2Tm 3, 14-4,2
Tu però rimani saldo in quello che hai imparato e di cui sei convinto, sapendo da chi l`hai appreso e che fin dall`infanzia conosci le sacre Scritture: queste possono istruirti per la salvezza, che si ottiene per mezzo della fede in Cristo Gesù. utta la Scrittura infatti è ispirata da Dio e utile per insegnare, convincere, correggere e formare alla giustizia, perché l`uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona. Ti scongiuro davanti a Dio e a Cristo Gesù che verrà a giudicare i vivi e i morti, per la sua manifestazione e il suo regno: annunzia la parola, insisti in ogni occasione opportuna e non opportuna, ammonisci, rimprovera, esorta con ogni magnanimità e dottrina.

Lc 18, 1-8
Disse loro una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi: "C`era in una città un giudice, che non temeva Dio e non aveva riguardo per nessuno. In quella città c`era anche una vedova, che andava da lui e gli diceva: Fammi giustizia contro il mio avversario. Per un certo tempo egli non volle; ma poi disse tra sé: Anche se non temo Dio e non ho rispetto di nessuno, poiché questa vedova è così molesta le farò giustizia, perché non venga continuamente a importunarmi". E il Signore soggiunse: "Avete udito ciò che dice il giudice disonesto. E Dio non farà giustizia ai suoi eletti che gridano giorno e notte verso di lui? Li farà a lungo aspettare? Vi dico che farà loro giustizia prontamente. Ma il Figlio dell`uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?".

Commento

Oggi è un giorno speciale, come sempre è eccezionale e straordinaria la domenica, perché ci prende e ci porta lontano dall’abituale scorrere del tempo, fatto di lavoro, di studio (per chi è più giovane) di tante occupazioni che ci riempiono le giornate. La messa ci tira fuori dal groviglio dei mille affanni e ci accompagna su un monte, come fece Mosé in quella giornata di lotta fra il popolo d’Israele e Amalek, come abbiamo ascoltato nella prima lettura.

Sì, questo luogo dove ci troviamo oggi è un luogo alto, come un monte, perché è reso santo dalla presenza del Signore che ci parla. E’ vero è una piccola chiesa, è una piccola parrocchia, eppure ogni domenica il Signore ci convoca a salire sull’alto colle di questa chiesa perché ci vuole parlare. Ecco che allora anche da un luogo piccolo, come la chiesa di Santa Croce, quasi nascosta nel centro di Terni, possiamo oggi abbracciare con lo sguardo del nostro cuore tutto il nostro quartiere, ma anche di più, la città e forse, se sforziamo la vista, il mondo intero.

Mosé quella mattina dal colle sul quale era salito poteva vedere ai piedi dell’altura la lotta che si svolgeva fra i due eserciti in combattimento. Anche noi qui dall’alto possiamo vedere le tante guerre, piccole e grandi che dividono gli uomini e le donne attorno a noi. E questo è un dono del Signore, perché quando ci stiamo in mezzo neanche ce ne accorgiamo. Anche noi infatti viviamo le nostre piccole e grandi battaglie per metterci in mezzo, per far prevalere il nostro modo di vedere, per farci valere, per avere ragione, e così via. Per questo la Messa della domenica è un dono prezioso, perché ci fa salire in alto, ci fa smettere di sgomitare, e ci porta nel luogo santo dove possiamo incontrare il Signore che è la vera pace.

Mosé osservava quella battaglia non come chi vede le cose con distacco. E’ preoccupato perché vede gente soffrire, lottare gli uni contro gli altri, odiarsi, farsi del male. Per questo alza le braccia verso il Signore e invoca la sua protezione. Sì, cari fratelli e care sorelle, anche noi, come Mosé possiamo alzare le nostre braccia ed invocare la fine delle tante lotte che ci mettono gli uni contro gli altri. La fine della condanna che pesa sugli anziani, lasciati tante volte da soli. La fine della tristezza dei più giovani che non riescono più a credere nell’amicizia, delusi da noi adulti che non sappiamo voler bene con fedeltà. La fine della sofferenza dei tanti che sono colpiti dalla crisi, che non sanno come andare avanti, che hanno perso il lavoro o che non lo trovano. La fine delle guerre che insanguinano l’Irak, la Terra Santa, l’Africa. Oggi dall’alto della messa domenicale vediamo tutta questa sofferenza attorno a noi e come Mosé abbiamo il potere di alzare le nostre braccia e pregare il Signore.

Dio non lascerà inascoltate le nostre preghiere, se rivolte a lui con fiducia e insistenza, come la vedova importuna di cui ci parla il Vangelo di Luca. Sì, bisogna insistere, ma non perché il Signore è duro di cuore, ma perché noi ci dimentichiamo facilmente di chi sta male, ci stanchiamo subito e ci rassegniamo dicendo: che ci possiamo fare? Il Signore conosce questa nostra debolezza e poca perseveranza e per questo torna ogni domenica, pazientemente, a parlarci con la Scrittura.

Allora Santa Croce, qui, nel centro di Terni, può diventare un po’ come il cuore di questa città, il luogo dove nessuna sofferenza è estranea, dove nessun povero è straniero, dove nessuna guerra, lite, odio è guardato con indifferenza.

Un cuore che si allarga e accoglie tutti: i più piccoli, che hanno bisogno di crescere alla scuola del voler bene, perché troppi cattivi maestri insegnano a vedere negli altri solo nemici e rivali.

Un cuore che si fa vicino agli anziani, per dire che non sono un peso inutile ma sono i nostri padri e madri perché con la loro debolezza ci rendono presente la debolezza di Gesù che ci ha salvato sulla croce.

Un cuore che accoglie chi è lontano dalla sua terra, come gli immigrati, spesso fuggiti dalla guerra o dalla miseria; accoglie chi è solo, disperato, senza futuro, senza consolazione.

Così sogno la nostra parrocchia: una piccola casa con un cuore grande largo come il mondo intero. Care sorelle e cari fratelli con questo sogno negli occhi solleviamo allora le nostre braccia della preghiera, con insistenza e con fiducia e la nostra vita cambierà, il mondo attorno a noi sarà più bello, più umano e caldo di amore.

don Roberto

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