martedì 27 aprile 2010

XXXII domenica del Tempo Ordinario (C) 2004

7 novembre 2004 – XXXII domenica del Tempo Ordinario

2 Mac 7, 1-2. 9-14
In quei giorni, ci fu il caso di sette fratelli che, presi insieme alla loro madre, furono costretti dal re a forza di flagelli e nerbate a cibarsi di carni suine proibite. Il primo di essi, facendosi interprete di tutti, disse al re: “Che cosa cerchi di indagare o sapere da noi? Siamo pronti a morire piuttosto che trasgredire le patrie leggi”. E il secondo giunto all'ultimo respiro, disse: “Tu, o scellerato, ci elimini dalla vita presente, ma il re del mondo, dopo che saremo morti per le sue leggi, ci risusciterà a vita nuova ed eterna”. Dopo torturarono il terzo, che alla loro richiesta mise fuori prontamente la lingua e stese con coraggio le mani e disse dignitosamente: “Da Dio ho queste membra e, per le sue leggi, le disprezzo, ma da lui spero di riaverle di nuovo”; così lo stesso re e i suoi dignitari rimasero colpiti dalla fierezza del giovinetto, che non teneva in nessun conto le torture. Fatto morire anche questo, si misero a straziare il quarto con gli stessi tormenti. Ridotto in fin di vita, egli diceva: “E' bello morire a causa degli uomini, per attendere da Dio l'adempimento delle speranze di essere da lui di nuovo risuscitati; ma per te la risurrezione non sarà per la vita”.

2 Ts 2,16-3,5
Fratelli, lo stesso Signore nostro Gesù Cristo e Dio Padre nostro, che ci ha amati e ci ha dato, per sua grazia, una consolazione eterna e una buona speranza, conforti i vostri cuori e li confermi in ogni opera e parola di bene. Per il resto, fratelli, pregate per noi, perché la parola del Signore si diffonda e sia glorificata come lo è anche tra voi e veniamo liberati dagli uomini perversi e malvagi. Non di tutti infatti è la fede. Ma il Signore è fedele; egli vi confermerà e vi custodirà dal maligno.
E riguardo a voi, abbiamo questa fiducia nel Signore, che quanto vi ordiniamo già lo facciate e continuiate a farlo. Il Signore diriga i vostri cuori nell'amore di Dio e nella pazienza di Cristo.

Lc 20, 27-38
In quel tempo, si avvicinarono poi alcuni sadducei, i quali negano che vi sia la risurrezione, e posero a Gesù questa domanda: «Maestro, Mosè ci ha prescritto: Se a qualcuno muore un fratello che ha moglie, ma senza figli, suo fratello si prenda la vedova e dia una discendenza al proprio fratello. C'erano dunque sette fratelli: il primo, dopo aver preso moglie, morì senza figli. Allora la prese il secondo e poi il terzo e così tutti e sette; e morirono tutti senza lasciare figli. Da ultimo anche la donna morì. Questa donna dunque, nella risurrezione, di chi sarà moglie? Poiché tutti e sette l'hanno avuta in moglie».

Gesù rispose: “I figli di questo mondo prendono moglie e prendono marito; ma quelli che sono giudicati degni dell'altro mondo e della risurrezione dai morti, non prendono moglie né marito; e nemmeno possono più morire, perché sono uguali agli angeli e, essendo figli della risurrezione, sono figli di Dio. Che poi i morti risorgono, lo ha indicato anche Mosè a proposito del roveto, quando chiama il Signore: Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe. Dio non è Dio dei morti, ma dei vivi; perché tutti vivono per lui”.

Commento
Al tempo di Gesù vi erano diverse sètte di giudei che proponevano una religiosità spesso accresciuta di gesti, devozioni, aggiunte che nei secoli erano cresciute addosso alla fede antica e semplice dei padri di Israele, Abramo, Mosé, Isacco e Giacobbe. I sadducei erano uno di questi gruppi, poi vi erano i farisei, gli zeloti, e così via. Con loro spesso Gesù si trova a parlare, come avviene nel brano del Vangelo che abbiamo appena ascoltato.

Cari fratelli e care sorelle, anche oggi, tante volte avviene la stessa cosa anche a noi. Sì, il Vangelo nella sua semplicità può apparirci troppo elementare, come se non fosse sufficientemente forte per convincerci. Ecco allora ad aggiungere strati e strati di consuetudini, abitudini, usi che, anche se magari sono nati per evidenziare alcuni aspetti della vita e delle opere di Gesù, alla fine rischiano di nasconderlo ai nostri occhi. Ecco che allora perdiamo di vista l’essenziale, ciò che veramente conta e che è racchiuso nel cuore del Vangelo che ogni domenica ascoltiamo, e cioè che Gesù è nato, ha beneficato tanti uomini, è morto e poi infine è risorto. E’ un annuncio scarno, quasi troppo semplice. Addirittura, a volte, ci scandalizza: ma come, Dio onnipotente soffre e muore? Come può aiutare noi uomini se non è stato capace neanche di aiutare se stesso? E’ quello che Pietro dice a Gesù quando questi, in un momento di intimità, racconta ai suoi discepoli quello che gli sarebbe successo: “Cominciò ad insegnare loro che il Figlio dell'Uomo doveva molto soffrire, essere riprovato dagli anziani e dai sommi sacerdoti, e dagli scribi, poi venire ucciso, e dopo tre giorni risuscitare. Gesù faceva questo discorso apertamente. Pietro lo prese in disparte e si mise a rimproverarlo” (Mc 8,31-32). Ecco che allora anche noi, come Pietro, preferiamo ignorare questo messaggio difficile da accettare e preferiamo costruirci una religione tutta a nostra misura, con le nostre idee e convinzioni, le abitudini, i gesti, le usanze che più ci sentiamo di fare, arrivando poi a credere più a queste che al Vangelo del Signore.

I sadducei, ad esempio, erano dei buoni giudei, eppure negavano la resurrezione dei morti, i farisei invece credevano che non bastava osservare i precetti della Scrittura e aggiungevano altre centinaia di leggi per essere sempre i migliori.

Cari fratelli e care sorelle, questo modo di fare tanto spesso fa perdere non solo il contatto con la Parola del Signore, ma anche quello con la realtà. Lo vediamo chiaramente nella domanda che quei sadducei pongono a Gesù; essi chiedono: ”C'erano dunque sette fratelli: il primo, dopo aver preso moglie, morì senza figli. Allora la prese il secondo e poi il terzo e così tutti e sette; e morirono tutti senza lasciare figli. Da ultimo anche la donna morì. Questa donna dunque, nella risurrezione, di chi sarà moglie?” E’ subito evidente che questa è una domanda fatta solo per mettere in difficoltà e mai potrà essere accaduto realmente un fatto del genere. Ma allora, ci chiediamo, che senso ha porre questo quesito al Signore, se non quello di non voler ascoltare quello che veramente lui ha da dirci? A cosa serve moltiplicare gesti, abitudini, anche buone magari, parole ripetute senza neanche capirle più, formule, eccetera, se poi non siamo capaci di ascoltare l’essenziale per la nostra vita, cioè quello che il Signore ha da dirci con la sua Parola?

Gesù capisce che quella domanda è falsa e pretestuosa, perché non nasce da un problema reale, è fuori dalla vita, è una pura invenzione, ma non rifiuta di spiegare ancora una volta a quei sadducei cosa c’è dopo la morte. Il Signore con la sua risposta vuole come aprire uno spiraglio sul mondo del cielo, come anche abbiamo fatto insieme nelle celebrazioni per la festa di tutti i Santi e per i defunti. Raccomanda a quei sadducei, e anche a noi, di lasciare da parte la logica di questo mondo in cui chi merita di più ottiene di più, chi è a posto con le regole ha diritto al riconoscimento, tanto faccio e tanto ricevo, e così via. La logica del Regno di Dio è gratuità, è regalo misericordioso della vita eterna che nessuno ha mai potuto meritare per quello che ha fatto, per quanto sia stato santo e buono. E’ una logica che va oltre le abitudini, gli usi, le consuetudini perché guarda al nostro cuore piuttosto che alle parole o ai gesti fatti spesso più per abitudine che per convinzione. Secondo questa logica quanto vale di più un gesto di amore, una frase affettuosa, una preghiera sincera ed umile di mille parole vuote ripetute. La luce che accendiamo davanti alle immagini sacre non può essere che un pallido simbolo della nostra preghiera, ma non potrà mai sostituirla. Quanto più il Signore gradisce l’invocazione che sale da un cuore caldo e umile, il lavoro faticoso per gli altri, la comprensione, l’affetto per chi ci sta accanto, la compassione per chi sta male, la pietà per chi sbaglia o fa il male, piuttosto che abitudini, anche pie, ma che non stanno ad indicare una profonda attenzione alla Parola di Dio?

Quest’anno il Vescovo ha convocato l’assemblea diocesana proprio sul tema della centralità dell’ascolto della Parola del Signore nella vita di noi suoi discepoli. Sì perché è dall’ascolto della Parola di Dio che noi siamo fatti cristiani, non basta nascere in una famiglia cristiana, essere battezzati, vivere in un paese cristiano, né venire sempre in chiesa, se poi la Parola di Dio non è al centro della nostra vita. Non si tratta allora di fare un gesto in più, accendere un lume in più, o ripetere formule solo con le labbra, ma di imparare, sì, imparare, anche se non siamo più giovani, ad essere discepoli di Gesù ascoltando e ricordando la sua Parola. Così scopriremo la sua forza che ci trasforma dal di dentro, ci immerge nel modo di pensare di Dio, perché non si può ascoltarla veramente senza sentirsi il cuore scaldare, senza essere provocati a volere più bene ad essere più autentici e meno abitudinari.

“Dio non è Dio dei morti, ma dei vivi” conclude Gesù la sua risposta ai sadducei. Sì cari fratelli e care sorelle, Dio ci vuole vivi, cioè con un cuore vivo, con una mente viva, con le energie, anche se sono poche, vive. Non lasciamoci prendere dai gesti automatici, anche quelli pii, perché sono falsi, come quella domanda dei sadducei, sono mezzo morti, perché fatti senza credere né capire. Prendiamoci la vita tutta intera, quella che ci dona Dio, “perché” dice Gesù “tutti vivono per lui”. Ecco il segreto: vivere veramente è vivere per lui, dare generosamente cuore, energie, amore, preghiere, gesti per gli altri, senza trattenere nulla per sé. Ma che siano gesti, parole, preghiere veri, sinceri di cuore e non solo scontate abitudini.

don Roberto

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