lunedì 26 aprile 2010

Zingari oggi… dal pregiudizio alla solidarietà

Zingari oggi… dal pregiudizio alla solidarietà
Convegno organizzato dal Sindacato di Polizia
11 giugno 2007 – palazzo Gazzoli – Terni

Roberto Cherubini
Parroco di S. Croce - Terni


Sempre più spesso ultimamente il tema dei Rom funziona come un banco di prova che mette in evidenza le contraddizioni più eclatanti di cui la nostra società è portatrice.

1: sul piano sociale una società sempre più opulenta si rivela spaventata di perdere privilegi e benessere e pronta a difenderli con violenza senza badare a chi ne fa le spese: ad ogni omicidio efferato i primi ad essere accusati sono gli stranieri, per scoprire poi che era un parente. E’ significativo che alcuni anni fa quando due minorenni assassini della madre e fratellino (Erika e Omar) dovevano camuffare il loro delitto diedero la colpa a due slavi: erano furbi, pur nella loro tenera età, questa era la cosa più credibile, e lo stesso è accaduto in episodi più recenti, come ad Erba, a Marsciano, ecc…I sondaggi rivelano un allarme sociale che contraddice il tasso di criminalità fermo o in calo negli ultimi anni. Un omicidio su tre è fra consanguinei, eppure lo stereotipo dell’assassino è lo straniero. Non c’è bisogno di molte spiegazioni: fa meno paura una violenza che ha il volto, misterioso e “naturalmente” ostile, dello straniero piuttosto che quello familiare del vicino di casa o addirittura del parente.
Gli zingari in questo senso sono il gradino più basso degli stranieri e assolvono bene il ruolo di parafulmine sociale: a loro possiamo addossare ogni nefandezza, tanto più che per loro è ben difficile smentire tale fama.

2: sul piano politico ormai siamo abituati alla fine della politica come arte di governare: Da quando i sondaggi sono divenuti lo strumento preferito per prendere decisioni, la politica è diventata l’arte di assecondare le opinioni e non di guidare i processi sociali ed economici, poco importa se questo favorisce il disfacimento del tessuto sociale e lo sviluppo dell’individualismo e degli egoismi di gruppo. Per conquistare un facile consenso nessun politico sdegna di cavalcare la tigre populista, pur di non rischiare l’impopolarità. E allora cosa c’è di più popolare, che additare un nemico ben distinguibile e dargli addosso. Nel dopo prima guerra mondiale gli ebrei sono stati un ottimo bersaglio per convogliare il malcontento e l’odio di massa e favorire, a destra come a sinistra, la presa di potere di governi autoritari: le conseguenze le conosciamo tutti. L’antigitanismo di oggi, serpeggiante in Italia come in vari paesi europei si avvia a divenire quello che fu l’antisemitismo del secolo passato, c’è bisogno di aspettare gli esiti più catastrofici per porvi argine?

3 sul piano culturale assistiamo ad una sconcertante omologazione dei progetti di società: destra e sinistra sembrano unanimi nel dire che a decidere il futuro ormai sono i meccanismi dell’economia, che bisogno c’è di progettare una società se è il grafico delle borse a delinearlo? Chi non sa stare al passo dei tempi è out, chi cammina ancora col passo lento delle carovane, come gli zingari è un pezzo di passato da cancellare o, al massimo, bene che vada, un articolo da museo, da mettere nella bacheca degli etnografi: apache, aborigeni zingari, anziani improduttivi e giovani devianti. Fenomeni sociali, scarti umani da isolare. Gli zingari, come gli stranieri sono visti nel migliore dei casi come un problema di sicurezza, roba da Questura e da assistenti sociali.

Si potrebbe andare avanti a lungo. In fondo il mondo dei rom svela il concentrato delle contraddizioni di una società spaventata e spaesata, come la nostra. Il problema è che sono loro assieme alle fasce più deboli a pagarne le conseguenze, non noi.

Davanti a tutto ciò la scelta è evidente: o continuare a cercare il nemico di turno su cui scaricare le debolezze e le contraddizioni di una società dal fiato corto o provare a volare alto e prendere una boccata di aria pulita, può essere utile, di tanto in tanto, per ossigenare un cervello intorpidito e vedere la realtà così come è, e non come la temiamo.
In questi giorni abbiamo sentito a Terni parlare dei Rom nelle maniere più stereotipate e persino fantasiose, spesso con toni ostili e talvolta apertamente intolleranti. Si è parlato di invasione, 60.000 nomadi in marcia verso Terni. Di mostri in agguato fuori dalla porta. Di città in balia della criminalità, ecc… Sembra il repertorio delle paure di una società bambina spaventata dal buio in cui si è ritrovata all’improvviso. Chi ha spento la luce? Di fronte a queste manifestazioni preoccupanti, ritengo che sia più opportuno riaccendere la luce e provare a distinguere il reale fra i fantasmi puerili, piuttosto che agire e parlare sull’onda dell’ultimo fantasma e della paura dei mostri.

E’ necessario riflettere, in primo luogo, sul numero complessivo dei Rom e Sinti presenti in Italia. Nonostante l’aumento dovuto, negli ultimi 6 anni, alle migrazioni di rom romeni, la percentuale totale di Rom e Sinti sul totale della popolazione in Italia rimane al di sotto dello 0,3% (di cui circa la metà cittadini italiani). Va inoltre ricordato che la popolazione Rom e Sinta ha una media di età molto bassa: quasi il 40% ha meno di 18 anni.
Può la sicurezza del nostro Paese essere messa in crisi da 150.000 persone di cui la metà bambini? Può veramente la sicurezza di Terni essere messa a repentaglio da un pugno di rom?
Forse non è superfluo ricordare che Rom e Sinti sono presenti in tutti gli Stati membri del Consiglio d’Europa e che il numero totale dei presenti in Italia è di gran lunga inferiore a quello di molti altri Stati (ad esempio Germania, Francia, Spagna). Molte delle parole dette in questi giorni – spesso in maniera incosciente – oltre a essere false creano un pericoloso allarmismo: stiamo attenti a distribuire fucili alle masse disorientate, prima o poi ci si possono rivolgere contro in un clima da far west in cui la legge ognuno se la fa da sé. Oggi tocca agli zingari, e ai senza casa, domani? Chi sarà il prossimo nemico su cui puntare l’arma del rifiuto sociale?
La nostra Costituzione pone all’apice dell’ordinamento il principio di eguaglianza e tutela le minoranze; ne garantisce l’accesso all’istruzione, la promozione e il pieno sviluppo della persona umana a qualsiasi formazione sociale appartenga. Questi orientamenti costituzionali impegnano la coscienza democratica a rispondere con fermezza a un clima intollerante e irrazionale, che si nutre di pregiudizi antichi e di nuove avversioni.

Non si può utilizzare la popolazione Rom e Sinta, come falso bersaglio, anziché mettere a fuoco i reali problemi delle nostre città. Sono convinto che la sicurezza e la legalità siano un diritto per tutti; anche per Rom e Sinti. Ma non credo alla logica dei capri espiatori. Dire che l’illegalità a Terni e nelle grandi città sia un problema di Rom, immigrati e prostitute mi sembra fuorviante della realtà e fa tornare alla mente fantasmi del passato. La proposta di risolvere “il Problema Rom” semplicemente eliminandolo è una palese violazione dei diritti umani della popolazione presa di mira. È grave sia la proposta in sé, sia il messaggio che essa contiene.
Non bastano le “soluzioni temporanee” del genere: “stanno un po’ qui e poi si spostano”! E’ questa mentalità che ha fatto crescere generazioni di Rom nelle discariche delle nostre periferie, senza servizi essenziali: acqua, luce, in situazione che ricordano le metropoli del Terzo Mondo. Il fatto che il degrado e la marginalità sociale spingano alla devianza non è certo imprevedibile.
Potremmo qui citare quanto raccomandato dai vari organismi dell’Unione Europea e del Consiglio d’Europa, preoccupati di una recrudescenza del razzismo verso i rom [1]; e di ciò che ha raccomandato il Comitato europeo per i diritti sociali presso il Consiglio d’Europa nella “Decisione del merito” del 7.12.05 [2] di quanto raccomandato dall’Ecri (Commissione Europea contro il Razzismo e l’intolleranza) nel suo “Terzo rapporto sull’Italia” del 16.12.05, in cui si legge:
“L’Ecri riafferma che le autorità italiane non dovrebbero basare le loro politiche relative ai Rom e ai Sinti sul presupposto che i membri di tali gruppi preferiscono vivere come nomadi. Raccomanda vivamente alle autorità italiane di affrontare la questione dell’alloggio delle popolazioni Rom e Sinti in stretta collaborazione con le comunità stesse, e raccomanda che l’obiettivo sul lungo periodo delle politiche abitative dovrebbe essere quello dell’eliminazione dei campi nomadi”.

Mi sembra però più importante dire che questo tema dei rom potrebbe essere colto come una chance. Sì, la possibilità, finalmente, di affrontare le contraddizioni fra benessere diffuso e paura dell’altro, fra crescita culturale e restringimento degli orizzonti, fra 60 anni di pace (per la prima volta in Italia chissà da quanti secoli) e voglia di prendersela con qualcuno. Questi e altri nodi sono il nemico che rode dal di dentro la nostra società e che ne mette in serio pericolo le fondamenta, non certo un pugno di nomadi.
Diffondere una cultura della paura può produrre conflitti maggiori e più violenti. Temiamo che i fantasmi liberati non si trattengano più. E’ la storia che lo insegna: oggi il rifiuto dei nomadi; e domani di chi?
In conclusione, visto anche l’abito che porto, permettetemi una citazione biblica. Il libro della genesi riporta la vicenda di Caino e Abele. La storia è nota a tutti: sono i primi due fratelli della storia dell’umanità, e in essi sono riassunti un po’ tutta l’umanità, discendenza di quei primi due fratelli. In ebraico “Abel” significa “soffio”. Abele rappresenta allora la parte fragile dell’umanità, quella debole come un soffio. A Caino che quel soffio ha voluto cancellare Dio rivolge una domanda che da allora sovrasta l’umanità, ogni generazione: “Dov’è tuo fratello?” Caino con le mani ancora macchiare del sangue fraterno, dichiara ipocritamente: “Sono forse io il custode di mio fratello?” Gli zingari oggi sono la parte debole di questa nostra società: popolo senza terra, senza ambasciata né consolato rischia di essere spazzato via, come un soffio troppo labile in mezzo alla tempesta di questo mondo. Proteggere questo soffio è la possibilità che ci è data oggi per consegnare ai nostri figli un mondo non macchiato dall’ipocrisia di quella risposta : “Sono forse io il custode di mio fratello?”

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[1] Ad esempio quanto affermato dalla risoluzione del Parlamento Europeo sulla protezione delle minoranze e le politiche contro la discriminazione nell’Europa allargata nel 2005, in cui si legge:
(si) ritiene che (la comunità dei Rom e Sinti) necessiti di una protezione speciale essendo diventata, a seguito dell'allargamento, una delle minoranze numericamente più importanti nell'UE ed essendo stata, in quanto comunità, storicamente marginalizzata ed ostacolata nel suo sviluppo in taluni settori chiave: la cultura, la storia e le lingue Rom sono spesso trascurate o denigrate;
(si) rileva che i Rom subiscono la segregazione razziale nell'ambito dell'istruzione e spesso rischiano di essere ingiustamente collocati in istituti per disabili mentali, sono oggetto di discriminazioni per quanto riguarda la fornitura di alloggi, l'assistenza sanitaria e i servizi pubblici, registrano elevati tassi di disoccupazione, le autorità pubbliche spesso non ne riconoscono i diritti e sono inoltre politicamente sottorappresentati;
[2] quando ha affermato: “persistendo nella sua pratica di mettere i Rom e Sinti nei campi, il Governo (italiano) ha fallito nel prendere in considerazione tutte le differenze rilevanti o di prendere misure adeguate per assicurarsi che essi abbiano accesso ai diritti e ai benefici collettivi che devono essere disponibili a tutti”, e concludendo che:
- la scarsità e l’inadeguatezza dei campi sosta per Rom e Sinti nomadi costituisce una violazione dell’Articolo 31§1 della Carta, letto congiuntamente all’Articolo E
- gli sgomberi forzati e le altre sanzioni ad essi associati costituiscono una violazione dell’Articolo 31§2 letto congiuntamente all’Articolo E;
- la mancanza di soluzioni abitative stabili per Rom e Sinti costituisce una violazione dell’Articolo 31§1 e dell’Articolo 31§3 della Carta, letti congiuntamente all’Articolo E.

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