martedì 27 aprile 2010

XXXIV domenica del Tempo Ordinario (C) 2004

XXXIV domenica del Tempo Ordinario - 14 novembre 2004

2 Sam 5, 1-3
In quei giorni, vennero tutte le tribù d'Israele da Davide in Ebron e gli dissero: «Ecco noi ci consideriamo come tue ossa e tua carne. Gia prima, quando regnava Saul su di noi, tu conducevi e riconducevi Israele. Il Signore ti ha detto: Tu pascerai Israele mio popolo, tu sarai capo in Israele». Vennero dunque tutti gli anziani d'Israele dal re in Ebron e il re Davide fece alleanza con loro in Ebron davanti al Signore ed essi unsero Davide re sopra Israele.

Col 1, 12-20
Fratelli, ringraziamo con gioia il Padre che ci ha messi in grado di partecipare alla sorte dei santi nella luce. E' lui infatti che ci ha liberati dal potere delle tenebre e ci ha trasferiti nel regno del suo Figlio diletto, per opera del quale abbiamo la redenzione, la remissione dei peccati. Egli è immagine del Dio invisibile, generato prima di ogni creatura; poiché per mezzo di lui sono state create tutte le cose, quelle nei cieli e quelle sulla terra, quelle visibili e quelle invisibili: Troni, Dominazioni, Principati e Potestà. Tutte le cose sono state create per mezzo di lui e in vista di lui. Egli è prima di tutte le cose e tutte sussistono in lui.
Egli è anche il capo del corpo, cioè della Chiesa; il principio, il primogenito di coloro che risuscitano dai morti, per ottenere il primato su tutte le cose. Perché piacque a Dio di fare abitare in lui ogni pienezza e per mezzo di lui riconciliare a sé tutte le cose, rappacificando con il sangue della sua croce, cioè per mezzo di lui, le cose che stanno sulla terra e quelle nei cieli.
Lc 23, 35-43
Intanto il popolo stava a vedere, i capi invece schernivano Gesù dicendo: «Ha salvato gli altri, salvi se stesso, se è il Cristo di Dio, il suo eletto». Anche i soldati lo schernivano, e gli si accostavano per porgergli dell'aceto, e dicevano: «Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso». C'era anche una scritta, sopra il suo capo: Questi è il re dei Giudei. Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: «Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e anche noi!». Ma l'altro lo rimproverava: «Neanche tu hai timore di Dio, benché condannato alla stessa pena? Noi giustamente, perché riceviamo il giusto per le nostre azioni, egli invece non ha fatto nulla di male». E aggiunse: «Gesù, ricòrdati di me quando entrerai nel tuo regno». Gli rispose: «In verità ti dico, oggi sarai con me nel paradiso».
Commento

Con questa trentaquattresima domenica si chiude l'anno liturgico. E' vero che solo chi va in Chiesa se ne accorge. Si tratta, infatti, di una data che non corrisponde a nessun avvenimento amministrativo, scolastico, o di altro genere, che in qualche modo apre o chiude un periodo particolare. In verità l'intero anno liturgico risponde ad una misurazione del tempo ch'è al di fuori delle normali consuetudini degli uomini. Ed è giusto che sia così. Il tempo liturgico, infatti, non nasce dalle misurazioni degli uomini e dalle loro scadenze. E' un tempo che viene dall'alto, da Dio; è il "Tempo" di Dio che entra nel "tempo" degli uomini; è la "Storia" che irrompe nella "storia" degli uomini. Si potrebbe dire che l'anno liturgico è Cristo stesso che ci accompagna ad uscire dal nostro tempo consueto per contemplato di volta in volta, di domenica in domenica. In quest'ultima domenica, che chiude il tempo liturgico cosiddetto “ordinario” vediamo Cristo alla fine dei tempi come "re dell'universo". Ma che tipo di re è Gesù? In genere a questa carica sono collegate idee di potere temporale, ricchezza, ruolo politico che sono del tutto estranee al Signore che ci presentano i Vangeli. Sì, è così perché la nostra non è una visione da esterni a questo mistero: ci siamo dentro. L'apostolo Paolo esorta ognuno di noi a ringraziare Dio "che ci ha liberati dal potere delle tenebre e ci ha trasferiti nel regno del suo Figlio diletto" (Col 1,13). Siamo davvero dei "trasferiti", o se volete degli "emigrati", da questo mondo, dove regnano le tenebre, ad un altro mondo, ove regna il Signore Gesù. E che questo mondo di Gesù sia diverso dal nostro appare evidente dalla scena evangelica che oggi ci viene proposta come segno della regalità di Gesù: Egli inchiodato sulla croce con accanto due ladri.

Non c'è dubbio che la croce sia uno strano trono, e la corte è ancor più strana, due ladri. Eppure Gesù afferma senza mezzi termini che lui è re, e che lo è proprio in questo modo.

L'apostolo Paolo comunica questa convinzione alle Chiese, ben sapendo dello scandalo che avrebbe provocato. Ai cristiani di Corinto scriveva: “Noi predichiamo Cristo crocifisso, scandalo per i giudei, stoltezza per i pagani" (1Cor 1,23). Sì, non predichiamo un Cristo vittorioso e potente, Gesù è re proprio da crocifisso; in questo modo egli esercita il suo potere regale. Gesù, del resto, l'aveva detto più volte ai discepoli nei tre anni che era stato con loro. Poco prima di morire disse loro: "I re delle nazioni le governano, e coloro che hanno il potere su di esse si fanno chiamare benefattori. Per voi però non sia così" (Lc 22,24-26). E Gesù mostra per primo cosa questo voglia dire, con la sua vita e la morte stessa. Davanti a questa realtà il nostro sconcerto è grande: saremmo molto più a nostro agio davanti alla figura di un Cristo trionfante e glorioso, come tante raffigurazioni artistiche ce lo rappresentano. Ci viene quasi da voltare la faccia davanti a questo dramma, ed è quello che tanti fanno davanti al crocefisso. Da più parti gli arriva un identico suggerimento: "Se sei il re dei Giudei, salva te stesso!" (Lc 23,35-43). Glielo dicono i capi dei sacerdoti, glielo gridano i soldati, e glielo urla anche uno dei ladri appeso accanto a lui. Le persone sono diverse, ma l’invito è sempre lo stesso: "Salva te stesso!". In queste tre semplici parole è racchiuso uno delle leggi che fondano più radicalmente la vita di ognuno di noi. E questa dottrina l'abbiamo appresa fin dall'infanzia. In essa è racchiusa la regola di vita, è sintetizzato il metro per giudicare ogni cosa, è simboleggiata la discriminante che ci fa accettare questo e rifiutare quello: pensare prima a se stessi, cercare innanzitutto il proprio bene, poi il resto si vedrà.

Ebbene, su quella croce è sconfitta proprio questa legge. Questo amore paradossale del Signore ha annientato la convinzione più profonda che comanda sulla alla vita degli uomini. Tutti cercano di salvare prima di tutto se stessi in questo mondo. L'unico che non ha salvato se stesso, pur potendolo fare, è stato Gesù. In tal senso il potere regale trova proprio sulla croce il suo punto più alto. E ne vediamo immediatamente l'effetto. Gesù-re, non cedendo all'ultima tentazione, appunto quella di salvare se stesso, salva uno dei due ladri che gli stava accanto solo perché questi ha intravisto la natura di quell’amore che lo aveva condotto, innocente, fino al patibolo. La festa di Cristo re dell'universo, è la festa di questo amore, un amore che ha dato tutto se stesso per gli uomini. Su di esso è fondata tutta la nostra speranza, il nostro oggi e il nostro domani.

don Roberto

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